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Come si fa a vendere consulenza

Cristina Giudici

Storia esemplare di Bip, in 15 anni da 50 a 1.800 dipendenti creando innovazione. Ora arrivano i fondi

L’Italia che va e cresce, sebbene a macchia di leopardo, non desiste. E Milano si conferma città-stato anche in settori che a tutta prima potrebbero sembrare sganciati dal tradizionale tessuto dell’ecomomia reale, impresa e ancora impresa. Una storia esemplificativa di questo successo è quella di Bip, Business integration partners, con sede a San Babila e fatturato di 160 milioni di euro: si tratta di una società italiana nata nel 2003 a Milano mettendo insieme 50 persone per creare una “boutique” di consulenza. Nell’arco di 15 anni, Bip si è trasformata in una multinazionale con 1.800 dipendenti, tre sedi in Italia e filiali in undici paesi, fra cui Inghilterra, Spagna, Turchia, Brasile, Belgio, Svizzera, Stati Uniti, Emirati Arabi, Cile e Colombia. Ha aperto uffici all’estero esportando consulenze, ovvero il prodotto (apparentemente) più di intangibile ci sia: persone e metodo. Un metodo che ha anticipato di qualche anno i trend internazionali creando un link tra le grandi aziende – colossi delle telecomunicazioni, dell’energia, della finanza e dell’industria farmaceutica – e l’innovazione tecnologica. Nel 2014 il fondo italo-franco-svizzero Argos Soditic ha scelto di investire in una società di persone, “people-business”, come si dice in gergo tecnico. Ora è stato fatto un altro passo avanti : due giorni fa Apax Partners, uno dei fondi più importanti d’Europa, ha deciso di investire in Bip 200 milioni di euro per rilevare le quote di Argos e mettere a disposizione della società altri 100 milioni di euro per finanziare nuove acquisizioni e potenziare la sua internalizzazione. Un aumento di capitale che avrà come effetto positivo nel 2018 la realizzazione di 500 nuove assunzioni in Italia e 100 nelle sedi estere. L’obiettivo di Bip è quello di riuscire ad arrivare nell’Olimpo delle 40 multinazionali più competitive a livello globale, dove sarebbe l’unica multinazionale ideata nel cuore di Milano dai tre soci fondatori Carlo Capè, Fabio Troiani (entrambi ad) e Nino Lo Bianco, presidente della società. A fianco, questa almeno è la loro speranza, di colossi del settore come Accenture, Deloitte, Pwc ed Ernst & Young, per citarne alcune.

 

Cosa fa Bip? Usa ed esporta cervelli, che servono alle grandi aziende con strutture complesse per rinnovare processi aziendali e produttivi grazie alle nuove tecnologie. I consulenti di Bip si sono quindi specializzati per essere un punto di connessione tra innovazione tecnologica e grandi imprese. Aiutandole ad essere competitive con progetti che rinnovino aree e attività aziendali, che vanno dalle soluzioni di Information technology per colmare lacune funzionali di sistemi informatici complessi ai servizi di cyber security; dal supporto alle risorse umane per stimolare la creatività dei loro dipendenti a misure di efficienza energetica per limitare i costi e aumentare la loro competitività. L’economia globale va veloce e ha bisogno di consulenti esterni che aiutino le grandi aziende a non perdere il passo della competitività. Solo per quanto riguarda il manufacturing 4.0, le imprese hanno a disposizione incentivi per innovare il proprio business attraverso l'automazione, ma spesso non hanno le competenze necessarie. Un esempio concreto? Per un grande gruppo assicurativo internazionale, Bip ha ridefinito le regole per rendere più agile il lavoro dei dipendenti, dotandoli di strumenti digitali all’avanguardia, attraverso percorsi formativi individuali e potenziare la loro produttività attraverso lo smartworking. Ovviamente questo processo ha portato anche a un ripensamento di tutti gli spazi e le dotazioni informatiche degli uffici e delle persone. Bip ha anche digitalizzato completamente i rapporti con i clienti di un grosso gruppo energetico, mandando in pensione ogni servizio cartaceo. In controtendenza alle numerose acquisizioni di aziende italiane da parte di società estere, Bip infatti ha rilevato fra le altre Ars et Inventio, focalizzata sui processi di innovazione, Open Knowledge, leader nella Social e Digital Transformation, e Sketchin, società svizzera specializzata in Design Thinking e User Experience.

 

La ricetta di Bip? Concentrazione di talenti, flessibilità e soprattutto creatività, un know-how tipicamente italiano oggi fondamentale per coordinare il lavoro tra uomini, intelligenza artificiale e robot. "La vera domanda da porsi è come mai un fondo come Apax Partners abbia deciso di investire in una società di persone, che non ha asset tangibili”, spiega al Foglio Fabio Troiani, cofondatore e ad di Bip. “La consulenza è una miscela di metodo, strategie e cervelli”, spiega Carlo Capè, anche lui ad di Bip. “La cifra caratteristica di un consulente italiano è la flessibilità, l’empatia e la competenza: la capacità quindi di entrare nelle scarpe del cliente e di risolvere un problema offrendo una soluzione a cui non aveva ancora pensato. Grazie alle Università e ai Politecnici del nostro paese, possiamo sempre contare su giovani preparatissimi. Infatti ogni anno ne assumiamo circa 500”. La narrazione del paese alla deriva non abita qui.

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