Beppe Sala (LaPresse)

Granmilano

A Milano (e al Pd) serve di più il Sala controcorrente

Maurizio Crippa

Dalla vicenda del glicine del nuovo Museo della Resistenza al giudizio sulle elezioni amministrative (no a “battaglie solo minoritarie”). Dove portano i ragionamenti e il pragmatismo del sindaco lombardo

Il Beppe Sala più efficace (detto così, poi ognuno ha le sue preferenze) è quello un po’ abrasivo, un filo pungente, quando fa un po’ di contropelo al pensiero comune banale, e persino al mainstream della sua maggioranza socio-politica. Negli ultimi tempi non lo si è visto molto, questo Sala sbrigativo e appuntito, ma in questi giorni ha avuto un paio d’occasioni per ricordare a tutti un suo mantra, “viviamo in un mondo bizzarro in cui ormai in tantissimi commentano ma in pochi fanno le cose”. Lui si mette dalla parte di chi fa, “magari sbagliando”, e la frecciata ha una direzione precisa: “Altrimenti ci scambieremmo solo commenti, grandi esultanze e rammarichi via social e le cose non vanno avanti”.

 

Qui parlava, ieri, della conclusione (felice, secondo i sorrisi un po’ forzati dei contestatori), della vertenza sul glicine di Porta Volta. Sala ha approfittato per chiarire che si tratta di un compromesso, “perché tutto non riusciremo a salvare tutti gli alberi”. Quindi basta proclami dei “tantissimi che commentano”. L’altra occasione, decisamente più grave, era relativa al pestaggio della donna trans brasiliana con rinvio a giudizio di tre dei quattro vigili coinvolti.
 Sala era stato tra i primi a chiedere una inchiesta interna e chiarezza; ma ieri ha aggiunto: cosciente del “dibattito” forzoso a sinistra sul fascismo-razzismo-machismo dei vigili: “Se crocifiggiamo le forze dell’ordine il rischio è che di fronte a situazioni delicate si girino dall’altra parte. Non facciamo di tutta l’erba un fascio perché non serve e perché le tensioni in città sono moltissime”. Sala ha ricevuto una relazione formale, decisioni saranno prese. Ma basta con le lagne, please.

 

Allargando un po’ l’orizzonte, il pragmatismo controcorrente di Beppe Sala, sostanziato di una visione riformista e non massimalista, è l’approccio migliore a sua disposizione, se volesse dare, come sembra di capire, un contributo a quel centrosinistra che fuori dai grandi centri urbani del nord – le famose linee della A4 e A1 evocate dal suo collega di Bergamo Giorgio Gori – non sembra funzionare. Martedì Sala ha affidato a Instagram un suo commento alla tornata delle amministrative,  chiedendosi “cosa sia quella che definisco la mia parte politica. Che cos’è il centrosinistra?”. E il primo giudizio contropelo rispetto al nuovo corso della sinistra è netto: “Abbiamo assoluto bisogno di una sinistra che non si riduca a battaglie di retroguardia, ma affronti senza paura tutti i temi della modernità”.

 

La sinistra più estremizzata milanese, di Sala, critica spesso la “moderazione” delle sue scelte – sul traffico, sullo stadio – ma certamente non può criticarne l’impegno sul fronte dei “diritti”, e certo Sala non si tira indietro nell’allarme generale sull’avanzata continentale delle “destre”. Ha scritto: “Qui in ballo c’è non tanto la tenuta democratica, quanto la forma repubblicana del nostro continente”.
Eppure Sala da tempo cerca, o invoca, una politica che sia ancorata ai temi concreti – le cose da fare – e alla ricerca di un consenso più ampio, quindi solo identitario. E ha proseguito: “Probabilmente manca una forza… consistente e popolare, che consenta all’area di centrosinistra di non sbilanciarsi solo su battaglie minoritarie”, chiedendo un “centrosinistra, organizzato intorno ai temi che uniscono e non solo sbandierando quelli che dividono: il paese non è contendibile e lo si lascia in mano alle destre”. 

 

Lo spazio di questi “ragionamenti”, come avrebbe detto De Mita, è tutto da misurare, e l’imbeccata di Giri sulle “autostrade” che di fatto sono il nord che sceglie il Pd riformista e pragmatico sono un segnale. Beppe Sala, al momento, per il ruolo che ricopre nella città più importante di questa filiera, ha una credibilità da spendere, ed è indubbiamente un riferimento a sinistra. Non è contro Elly Schlein: “Ha senso imputare alla nuova segreteria del Pd una sconfitta a due mesi dal suo insediamento?”, ma “la creazione di un’area capace di rappresentare l’innovazione e di fare parlare la vasta maggioranza silenziosa”  sembra guardare oltre i campi, identitaria o larghi che siano. Il glicine è sistemato, ma c’è ancora “moltissimo commento” ancora da disboscare.

Di più su questi argomenti:
  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"