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GranMilano

Sì, è stato un vero flop. E tra le macerie Pd resta in piedi solo Sala

Fabio Massa

Dopo il disastro delle elezioni regionali per il Partito democratico e per Pierfrancesco Majorino, l'unico leader reale della sinistra milanese resta il sindaco di Milano. E intanto, tra Schlein e Bonaccini, per i dem sta per iniziare una nuova partita

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"La calma è la vigliaccheria dell’anima”, diceva Tolstoj, che evocava la bellezza della battaglia della vita che pare il codice di condotta del Partito democratico: “Per vivere con onore bisogna struggersi, turbarsi, battersi, sbagliare, ricominciare da capo e buttare via tutto”. Nell’equazione, non scritta, da qualche parte ci dovrebbe anche essere che ogni tanto si vince, ma in Lombardia pare proprio che non sia così, per il partito della sinistra: comunque si chiami, non vince mai. E infatti, con una immagine che pare proprio l’apoteosi dell’autoironia – come sottolinea maliziosamente Pierfrancesco Maran (il grande escluso, colui il quale voleva le primarie per le regionali ma gli sono state negate in virtù di accordi di partito) – il segretario regionale Vinicio Peluffo, nel day after, dice: “Con le primarie sarà una vera ripartenza”. Per dove, considerato che quella per la Lombardia era la sfida più importante del quinquennio, non è dato saperlo. Quel che si sa è che in un processo che non ha soluzione di continuità, come l’acqua di Bersani che non si può fermare con le mani (cit.) ormai le regionali sbiadiscono nella partita della segreteria nazionale del Pd, e nelle due partite per le segreterie locali (quella regionale e quella metropolitana). 

 

Da partita esterna, con gli elettori disattenti e disaffezionati, a partita interna, tra eletti scalpitanti. E non partite di poco conto, considerato che la segreteria regionale che verrà scelta sarà quella che prevedibilmente farà le liste delle prossime politiche, e la segreteria metropolitana che verrà sarà quella che deciderà l’iter di individuazione per il post Beppe Sala. Sembra presto, ma non è così, e le correnti lo sanno perfettamente. Quel che si costruisce oggi riverbera negli anni. A proposito di Beppe Sala, e si può dirselo senza infingimenti e senza mezze parole: è l’unico leader reale della sinistra milanese, oggi. Sepolto sotto 21 punti Pierfrancesco Majorino (ma occhio a darlo per morto: in politica nessuno muore finché non è morto), rimane solo il Beppe. Il Pd vince a Milano e Majorino si attacca a quella life-line come fosse la corda di Stranger Things. 

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Ma la verità è che Beppe Sala dalla partita delle regionali, che avrebbe potuto giocare, rischiando un poco, è rimasto fuori: perché ha ponderato ancora una volta bene la situazione. Giocarla per rischiare di perderla contro l’avversario con cui poi il sindaco deve parlare tutti i giorni, per avere i soldi del Tpl, per la cultura, per le case popolari, eccetera eccetera? Ma siamo matti? E infatti ci ha pensato e poi ha passato la mano. Ora si trova là, da solo. Parla dei due diamanti della sinistra, cioè Milano (cioè sé stesso come simbolo dell’unica sinistra che ce la fa) e dei giovani (e forse pensa a Paolo Romano, recordman con quasi 10 mila preferenze in barba alle correnti storiche). In tasca due diamanti, ma intorno le macerie di un partito che adesso subirà una nuova invasione, una nuova guerra, perché la sua vita è – à la Tolstoj – un iter infinito di struggimenti (manco l’Inter di qualche anno fa): l’esplosione della campagna Schlein contro Bonaccini. Con la Schlein stanno i radical di sinistra e qualche vecchia volpe furbissima come Franco Mirabelli, uomo-partito da sempre, e proprio l’astro nascente Paolo Romano (tra i due 45 anni di differenza eppure entrambi su quella casella). Con Bonaccini tutti gli altri, nel tentativo di fermare la disillusione dei riformisti meneghini, che in un primo tempo hanno creduto in Moratti, ma poi sono rimasti direttamente a casa a dormire il giorno delle elezioni. 

 

Inizia una nuova partita, questo è chiaro. La sinistra alleata con il Movimento 5 stelle ha scoperto l’acqua calda: che un candidato di sinistra come Majorino si stava mangiando i pentastellati ma che non avrebbe allargato al centro, dove peraltro pure Letizia Moratti ha scaldato come il sole d’inverno. Forse Bonaccini può allargare il perimetro, ragionano a Milano, mentre però anche nel circolo più riformista di tutti (Pallacorda a parte), ovvero lo 02Pd culla di quella classe dirigente che ha fatto vincere Beppe Sala quando ancora non era un politico, prevale la radical Elly Schlein

 

Numeri piccoli si intende, decine di voti tra i tesserati. Le primarie aperte saranno un’altra cosa. Ma si sa, sono i numeri piccoli che danno i segnali deboli. E poi è un po’ come i Whatsapp che giravano lunedì a urne aperte: quando i voti sono pochi, valgono triplo…

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