PUBBLICITÁ

Gran Milano

Assolombarda fa i conti con lo smart working: un gran successo

Daniele Bonecchi

“Il lavoro da remoto è un modello organizzativo che ha visto una forte accelerazione ed è oggi entrato a far parte della cultura aziendale diffusa. L’intento è promuoverlo offrendo alle imprese un quadro di riferimento" dice Diego Andreis, vicepresidente dell'associazione

PUBBLICITÁ

Lunedì prossimo, in quella cattedrale della innovazione milanese di nome MIND, Assolombarda terrà l’assemblea annuale, senza nascondere troppo la leadership che le imprese, guidate da Alessandro Spada, sanno esprimere. Anche “sfruttando” la pandemia. E’ il centro studi di via Pantano a certificare il valore dello smart working. Oltre 8 realtà su 10 nel primo trimestre 2022 hanno almeno un dipendente inquadrato col lavoro agile, per un 22 per cento sul totale di lavoratori coinvolti. La percentuale più elevata tra le imprese dei servizi, 91 per cento, a fronte del 79 per cento rilevato nell’industria, è nel comune di Milano: 90 per cento rispetto al 78 rilevato nell’hinterland. Lo smart working è un modello organizzativo che ha visto una forte accelerazione ed è oggi entrato a far parte della cultura aziendale diffusa – ha spiegato Diego Andreis, vicepresidente di Assolombarda con delega a Politiche del lavoro, Sicurezza e Welfare – Nel 2021 Confindustria, insieme alle organizzazioni sindacali, ha sottoscritto il Protocollo nazionale sul lavoro in agile, con lo scopo di fissare le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e/o territoriale. L’intento è stato di promuovere lo smart working offrendo alle imprese un quadro di riferimento, a riprova del fatto che il bilanciamento vita-lavoro è da sempre uno dei valori delle nostre pratiche quotidiane. Quando finirà il periodo di emergenza, pertanto, non ci troveremo impreparati”.
 

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Lunedì prossimo, in quella cattedrale della innovazione milanese di nome MIND, Assolombarda terrà l’assemblea annuale, senza nascondere troppo la leadership che le imprese, guidate da Alessandro Spada, sanno esprimere. Anche “sfruttando” la pandemia. E’ il centro studi di via Pantano a certificare il valore dello smart working. Oltre 8 realtà su 10 nel primo trimestre 2022 hanno almeno un dipendente inquadrato col lavoro agile, per un 22 per cento sul totale di lavoratori coinvolti. La percentuale più elevata tra le imprese dei servizi, 91 per cento, a fronte del 79 per cento rilevato nell’industria, è nel comune di Milano: 90 per cento rispetto al 78 rilevato nell’hinterland. Lo smart working è un modello organizzativo che ha visto una forte accelerazione ed è oggi entrato a far parte della cultura aziendale diffusa – ha spiegato Diego Andreis, vicepresidente di Assolombarda con delega a Politiche del lavoro, Sicurezza e Welfare – Nel 2021 Confindustria, insieme alle organizzazioni sindacali, ha sottoscritto il Protocollo nazionale sul lavoro in agile, con lo scopo di fissare le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e/o territoriale. L’intento è stato di promuovere lo smart working offrendo alle imprese un quadro di riferimento, a riprova del fatto che il bilanciamento vita-lavoro è da sempre uno dei valori delle nostre pratiche quotidiane. Quando finirà il periodo di emergenza, pertanto, non ci troveremo impreparati”.
 

Ne è prova l’analisi effettuata da Assolombarda su un campione di accordi sindacali sottoscritti da imprese associate  che evidenzia come, già in epoca pre-pandemica, a livello aziendale fossero già state concordate regole di gestione efficace della flessibilità, successivamente riprese dal Protocollo nazionale. Nel 2019 solo 3 imprese su 10 ricorrevano al lavoro agile e la percentuale di lavoratori in smart working era del 15 per cento. Il 63  per cento delle imprese milanesi che hanno risposto al sondaggio prevede di attivare lo strumento in maniera strutturale nel futuro. Quasi la metà delle aziende che ha collaborato all’iniziativa ha osservato alla ricaduta positiva per i propri collaboratori (conciliazione vita-lavoro 31 per cento, fidelizzazione e attrattività aziendale 17 per cento), mentre il fattore economico è quello principale per meno di un quarto delle aziende (orientamento al risultato 13 per cento, miglioramento delle performance 6, ottimizzazione dei costi per l’utilizzo degli spazi 4 per cento). Sul lato del principale rischio, il più citato è l’impatto sull’interazione delle persone, sommando la minor comunicazione (denunciata dal 29 per cento) e il minor contributo all’innovazione (15 per cento). 
 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ