Camillo Magni, edificio residenziale Largo Esterle (foto via ordinearchitetti.mb.it) 

gran milano

Se una città come Monza ri-scopre la sua architettura moderna

Maurizio Crippa

La città nota nel mondo per l’Autodromo ha un patrimonio architettonico di primo livello che spesso nemmeno i suoi abitanti conoscono. AMM, un progetto per rilanciarlo e una mostra

"Amate gli architetti moderni – non ci sono altri architetti per voi – ma siate duramente esigenti con loro”, scriveva Gio Ponti nel suo celebre “Amate l’architettura”. Il termine “moderno” in architettura significa molto, e cose molto importanti. Ma forse in quella frase Gio Ponti intendeva indicare gli architetti “vostri contemporanei”: quelli che costruiscono le case e i palazzi “per voi”, e cambiano le vostre città, oggi e per il futuro. Ma anche la contemporaneità, in architettura, dura molto a lungo. E segna il nostro spazio, la percezione di chi siamo.

  

Si parla tanto, anzi di continuo, di quanto una città come Milano si sia trasformata – e più volte – nell’ultimo secolo. Solo negli ultimi decenni, nella metropoli lombarda hanno lavorato decine di architetti di fama internazionale. Cambiamenti in meglio o in peggio? Lo storico dell’architettura Fulvio Irace ha appena ripubblicato, aggiornandolo all’oggi, il suo “Milano moderna. Architettura, arte e città. 1947-2021” (edito da 24 ORE Cultura), un classico del discorso milanese sul valore trasformativo dell’architettura. Ma basterebbe il dibattito “popolare” sul vecchio/nuovo stadio di San Siro (qual è il più bello?) per capire quanto una materia che sembrerebbe per addetti ai lavori è in realtà ben presente al nostro quotidiano.

   
Ma non c’è soltanto Milano, e per fortuna. A pochi chilometri, ora in un’altra provincia, una città di antica storia e di notevoli pregi artistici come Monza rappresenta un altro esempio – meno noto, ma non meno importante – di trasformazione architettonica e urbanistica nel segno del “moderno”. La città nota nel mondo per l’Autodromo – tanto per dire di un simbolo eminente della modernità novecentesca – ha un patrimonio architettonico di primo livello che spesso nemmeno i suoi abitanti conoscono, o sanno ri-conoscere.

 

Ma a tutto c’è rimedio, se un’amministrazione comunale attenta, un Ordine degli architetti attivo, studiosi competenti e, in più, un bravo fotografo appassionato, decidono di trasformare quello che sarebbe solo un patrimonio immobiliare o un lascito del passato in un modello di valorizzazione del territorio. Con inevitabile stimolo a riprendere una tradizione di bellezza e pensiero urbano (cioè pubblico) per il futuro. E’ nato così un bel progetto,  “AMM Architetture Moderno Monza” che consiste nel posizionamento sui palazzi selezionati di specifiche targhe in grado di segnalare, in un percorso di piacevoli scoperte non solo in centro città, le più importanti realizzazioni del “Movimento moderno” a Monza. Tramite un codice digitale, con uno smartphone dalla targa è poi possibile collegarsi a una vera scheda tecnica e storica che illustra l’edificio. Pietre non “d’inciampo”, ma di rilancio, per la conoscenza storica del luogo. E poi una mostra, al Belvedere della Villa Reale (fino al 16 gennaio, vale la gita fuori porta), “Monza Architetture Contemporanee” curata dalla storica dell’architettura contemporanea del Politecnico di Milano Alessandra Coppa, che si avvale delle suggestive e rigorose immagini del fotografo monzese Marzio Franco, realizzate nel 2018 per un progetto del Comune di Monza trasformatosi poi in un libro con diversi contributi critici. 
A Monza, tra gli anni Trenta e gli anni Settanta, hanno lavorato con più interventi nomi importanti dell’architettura italiana e internazionale: Angelo Mangiarotti, Gio Ponti (suo il centro di produzione Rai nel parco, oggi abbandonato), Luigi Caccia Dominioni, Alberto Rosselli, Piero Portaluppi solo per citarne alcuni. Come ricorda Alessandra Coppa, Monza a partire dal secondo Ottocento (a lungo città d’elezione dei Savoia) vive una “irresistibile espansione” che la porta ad essere una capitale dell’industria e della innovazione. La prima linea ferroviaria per Milano inaugura nel 1840, nel 1923 debutta la prima Biennale e Internazionale delle Arti decorative e moderne, nel 1945  la Mostra internazionale dell’Arredamento, antesignana del Salone del Mobile. I cantieri si moltiplicano, l’architettura industriale, pubblica, e privata vive episodi di “rottura consapevole” (Stefano Boeri) trasformando una città antica, in cui avevano attecchito l’Ottocento e il Liberty, in un capoluogo appunto moderno, elegante, ricco di intuizioni per futuri sviluppi che in verità non sempre, poi, sono stati realizzati. Riscoprire oggi una ricchezza che è anche capacità di progetto futuro, mentre metropoli e territori medio piccoli si interrogano sulle necessarie trasformazioni del futuro, è un buon punto di partenza.
 

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"