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Gran Milano

Buffagni sindaco? I 5s entrano nel risiko, già caotico, di Milano

Fabio Massa

Contro l'uscente Beppe Sala e il Mister X del centrodestra potrebbe candidarsi il viceministro dello Sviluppo economico, chiamato a dare prova dell'esistenza del Movimento 5 stelle alle prossime elezioni amministrative 

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"Non è una soluzione (non la consiglio a nessuno), ma io non ho altra scelta”. Lo scriveva Majakovskij, ma pare la descrizione perfetta di quel che sta succedendo a Milano, a livello politico e (soprattutto) dalle parti dell’elettorato che, con eufemismo, potremmo chiamare “che non voterebbe a destra”. Ovviamente il Covid influenza ogni scelta, e inserisce nelle equazioni – già incerte, e spesso fallaci – della contesa politica, nuove imponderabili variabili. Per esempio pare ormai cosa scontata che Beppe Sala si ricandiderà. Nessuna via d’uscita romana, per lui. Giuseppe Conte rimane saldo al suo posto perché l’emergenza ha bisogno di una guida, stabile solo perché tutti gli altri sono instabili. E se Conte rimane saldo, immobili rimangono i suoi ministri. Non c’è spazio per un nuovo inserimento. Beppe Sala rimane a Milano, e si ricandida.

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"Non è una soluzione (non la consiglio a nessuno), ma io non ho altra scelta”. Lo scriveva Majakovskij, ma pare la descrizione perfetta di quel che sta succedendo a Milano, a livello politico e (soprattutto) dalle parti dell’elettorato che, con eufemismo, potremmo chiamare “che non voterebbe a destra”. Ovviamente il Covid influenza ogni scelta, e inserisce nelle equazioni – già incerte, e spesso fallaci – della contesa politica, nuove imponderabili variabili. Per esempio pare ormai cosa scontata che Beppe Sala si ricandiderà. Nessuna via d’uscita romana, per lui. Giuseppe Conte rimane saldo al suo posto perché l’emergenza ha bisogno di una guida, stabile solo perché tutti gli altri sono instabili. E se Conte rimane saldo, immobili rimangono i suoi ministri. Non c’è spazio per un nuovo inserimento. Beppe Sala rimane a Milano, e si ricandida.

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Capitan Salvini spinge la notte un po’ più in qua, e lascia ancora all’oscuro il centrodestra del suo Mister X candidato, ma i primi nomi, come pronosticato, arrivano dall’area più berlusconiana che salviniana: Paolo Veronesi potrebbe già essere più di un ballon d’essai. Insomma, confusione totale. E il Movimento 5 stelle non illumina l’oscurità (figurarsi), con tutti quei chiari di luna sugli Stati generali che paiono configurarsi come la riunione degli interessi particolari. Nessuno sa quando si terranno, e così, tra il lusco e il brusco, in penombra, vengono fuori documenti anche di un certo interesse teorico come quello elaborato dai “buffagnani” (categoria del flebile spirito nordico in seno ai 5S), ovvero gli amici di Stefano Buffagni. Il quale – eresia, eresia! – propone addirittura di passare dal concetto di “Rivoluzione” a quello di “Evoluzione”, il che vuol dire che col cavolo che “uno vale uno”, ma meglio precisare, dice, che “uno non vale l’altro”. E poi – eresia, eresia! – spiega: “La ricerca e l’innovazione sono una chiave di volta per la competitività del paese permettendo ci creare distretti industriali, leader nelle tecnologie. La digitalizzazione del paese deve proseguire e garantire parità di condizioni in tutto il paese indistintamente dalla dimensione delle imprese“. Per il rogo mancherebbe solo la parolina “5G”, che però – che fortuna, Buffagni – non c’è. E ancora ci sono i capitoli dell’energia, dell’ambiente, delle competenze e dei giovani. Insomma, pare quasi il programma politico di qualcuno che parli al nord, il che per il M5s è quasi un inedito.

 

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E poi, c’è quella indiscrezione mai smentita da Stefano Buffagni su una sua possibile candidatura contro Beppe Sala. Ma come? Proprio contro il Beppe amico di Beppe, che va a pranzo nella villa del Fondatore? Del resto, giochiamo a capirci: si tratta per il Movimento 5 stelle di una questione di vita o di morte, dove a Milano è assai più vicino alla morte che alla vita. Se perde la candidatura a Roma (con Calenda opposto alla Raggi), se perde la candidatura a Torino (dove la Appendino non si ricandida e il Pd sta facendo le sue primarie e Lo Russo è già sceso in campo), se non viene consultato su Bologna e Napoli, e se su Milano Beppe Sala pare certo di poter convincere gli attivisti a votare per lui piuttosto che per l’odiato Salvini, al punto da non dover fare accordi al primo turno, che cosa rimane del Movimento?

 

Dunque, prima Luigi Di Maio suona la carica, dicendo che nessuna candidatura è scontata (sinossi: neppure quella di Sala, se non è scontata quella di Raggi), e poi si butta autonomamente nella mischia Stefano Buffagni, che non smentisce l’indiscrezione. Certo, Buffagni è un candidato possibile, se non vincente, che potrebbe parlare senza timore a una città con cui sente feeling e per la quale ritiene di avere le parole giuste, ma all’interno di una compagine che sotto la Madonnina non ha mai convinto più di tanto, neppure quando raggranellava percentuali incredibili nel resto dello Stivale. Ma ne vale la pena, per il viceministro dello Sviluppo economico Buffagni? Pare ovvio che si tratti di una sfida al sacrificio, se fosse obbligato a tenersi in campo fino in fondo, con la campagna elettorale, il primo turno e tutto il resto. E qui vien buona la citazione di cui sopra di Majakovskij, che attaccava così: “Se muoio, non incolpate nessuno”.

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