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Toghe in sciopero, ma l'Anm finisce sotto accusa da decine di magistrati

Ermes Antonucci

In un appello inviato alla mailing list dell'Associazione nazionale magistrati, cinquanta magistrati attaccano i vertici dell'associazione: "Dopo lo scandalo Palamara, nulla è stato fatto per risolvere il problema delle correnti"

Si terrà il 16 maggio il preannunciato sciopero dei magistrati contro la riforma Cartabia dell’ordinamento giudiziario e del Csm. A stabilirlo è stata la giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati, in attuazione della mozione approvata dall’assemblea nazionale straordinaria lo scorso fine settimana. A prescindere dall’opportunità di uno sciopero contro una legge ancora sotto l’esame del Parlamento, l’iniziativa dell’Anm rischia di rivelarsi un boomerang. Non solo le toghe godono ormai di scarsa credibilità nell’opinione pubblica, ma anche all’interno della stessa magistratura associata si registrano profonde divisioni. A confermarlo è il contenuto di un appello che nelle ultime ore sta girando sulla mailing list dell’Anm, firmato da una cinquantina di magistrati di tutta Italia, in cui i vertici dell’associazione vengono accusati di non aver fatto nulla per risolvere il problema del “correntismo”.

 

Dopo lo scandalo Palamara “si era detto, con toni ultimativi e perentori, che bisognava voltare pagina (questa volta per davvero) e che certi comportamenti non sarebbero stati più tollerati”, scrivono i magistrati, prima di attaccare: “L’indignazione generale ha lasciato il posto a una critica di maniera, fatta di mere affermazioni di principio e di formule vuote”.

 

Nell’appello, intitolato “Né con la Cartabia, né con questa Anm”, vengono rivolte  critiche alla riforma dell’ordinamento giudiziario elaborato dalla Guardasigilli Marta Cartabia (“concepita in chiave meramente punitiva”), ma i principali destinatari sono proprio i  vertici dell’Anm per quanto (non) fatto dopo lo scandalo Palamara: “Dopo una ‘caccia alle streghe’ che ha colpito alcuni e risparmiato tanti altri (complice anche una circolare auto-assolutoria della procura generale presso la Corte di cassazione, titolare dell’azione disciplinare), il ‘Sistema’ ha ripreso a funzionare esattamente come prima”. “I tanti colleghi silenti che dopo lungo tempo si erano finalmente fatti sentire, alzando la testa dalle ‘sudate carte’ e uscendo per un attimo dalle proprie stanze per rivendicare la propria estraneità a certe logiche e la propria voglia di cambiamento, sono tornati nuovamente a ripiegarsi su se stessi”, proseguono i firmatari dell’appello.

 

“La nostra ‘primavera araba’ è finita ben presto”, affermano, per poi tornare all’attacco: “In questo quadro desolante, l’Anm si è mossa in maniera ‘gattopardesca’”. Per le “toghe ribelli”, l’Anm “non ha detto una parola per stigmatizzare la circolare della procura generale in tema di autopromozione e azione disciplinare” e “si è preoccupata unicamente di ‘patteggiare’ con la classe politica una legge elettorale per il rinnovo del Csm che consentisse alle correnti di continuare a designare i propri eletti, in modo da poter gestire – con affidamento in house – il governo autonomo della magistratura”. Infine, concludono, “per salvarsi la faccia con la base elettorale, in vista della imminente campagna elettorale per il rinnovo del Csm, ha inscenato una protesta di maniera, tardiva e disorganizzata, contro una pessima riforma dell’ordinamento giudiziario, concepita in chiave meramente punitiva”. 

 

Con queste premesse, lo sciopero dell’Anm del 16 maggio rischia di rivelarsi un flop.    

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