Giuseppe Santalucia, presidente dell'Anm (foto LaPresse)

Scioperiamo o no? La surreale conferenza stampa dell'Anm

Ermes Antonucci

La giunta dell’Associazione nazionale magistrati attacca la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario: “Si sta cambiando la Costituzione”. Dopo le minacce dei giorni scorsi, però, la decisione sull’astensione dal lavoro è stata rinviata al 30 aprile

C’è stato un momento, durante la conferenza stampa promossa martedì mattina dall’Associazione nazionale magistrati per informare il pubblico sulle iniziative di protesta che adotterà contro la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario, in cui nella sala al sesto piano della Cassazione si è diffusa l’impressione che nessuno, in primis gli stessi magistrati, sapessero il motivo per cui erano lì presenti. Il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, circondato dai vari componenti della giunta esecutiva, attacca a testa bassa la riforma, approdata proprio martedì all’aula della Camera: “Guarda al passato, crea una struttura sempre più gerarchica, accentra poteri e utilizza l’aspetto disciplinare per controllare i magistrati, impaurirli nel loro delicatissimo compito, relegandoli a un ruolo impiegatizio”. E ancora, con toni più alti: “Passo dopo passo si sta cambiando l’assetto della Costituzione, senza guardare in faccia la Costituzione”.

 

Ma insomma, presidente, quindi l’Anm sciopera contro la riforma?”, chiediamo a Santalucia. “Saranno il comitato direttivo centrale di oggi pomeriggio e l’assemblea generale convocata per il 30 aprile a decidere se quello è lo strumento più giusto”, risponde, prima di parlare però di “stato di agitazione permanente”. “Ma scusi presidente – domandiamo – non pensa comunque che minacciare uno sciopero e annunciare lo stato di agitazione lo stesso giorno in cui la Camera avvia l’esame della riforma rappresenti una forma di pressione indebita della magistratura sul Parlamento?”. “No – replica il presidente dell’Anm – La nostra è una richiesta di ascolto. Stiamo cercando di dialogare con l’opinione pubblica e anche con le forze parlamentari”. Dunque, i magistrati minacciano lo sciopero per cercare il dialogo. Una strana idea di democrazia.

 

Cerchiamo allora di capire meglio quali sono i contenuti della riforma che non vanno giù alla magistratura associata. Chiediamo per quale motivo, vista la lentezza della macchina giudiziaria italiana, non sia possibile immaginare dirigenti degli uffici giudiziari dotati di capacità manageriali senza dover scomodare ogni volta il pericolo di “burocratizzazione”. I componenti della giunta dell’Anm, invitati dal presidente Santalucia a intervenire a turno, replicano sostenendo che, secondo le statistiche europee (la cui affidabilità dal punto di vista scientifico è già stata smentita in passato), le toghe italiane sono le più produttive del continente. Chiediamo allora quale sia il pericolo insito nel “fascicolo delle performance”: “Se un pm imbastisce un processo e chiede la condanna di tutti e venti gli imputati, e poi questi imputati vengono tutti assolti, non è giusto che nel fascicolo di valutazione del magistrato se ne faccia menzione?”. Ci viene risposto che in questo modo si rischia di “inibire il giovane magistrato nelle prime fasi delle indagini”.

 

Sembra una macchina che gira a vuoto, fatta di mancate risposte e frasi fatte. Il microfono passa di mano in mano tra i membri della giunta, ognuno appartenente a una corrente, per poi tornare in quelle di Santalucia, sollecitato di nuovo sullo sciopero: insomma, si fa o non si fa? “Auspico non si debba arrivare a questa forma di protesta, ma non sono qui a fare il profeta”. La cautela del presidente dell’Anm, unita alla singolare sfilata dei membri della giunta, sembra di colpo rivelare un altro significato di una conferenza stampa surreale: all’interno dell’associazione non c’è unità di intenti sul da farsi, almeno per il momento. E a confermarlo è la nota con cui, contemporaneamente alla conferenza stampa, la corrente di sinistra di Magistratura democratica attacca la stessa Anm, definendo l’azione finora svolta contro la riforma “intempestiva, timida ed incapace” e chiedendo sia confermato subito “lo stato di agitazione”, qualunque cosa questo significhi.

 

In serata la conferma dal Cdc: sarà l’assemblea generale del 30 aprile a stabilire quale protesta adottare. E la sensazione di aver assistito a una conferenza stampa surreale, se non inutile, diventa definitiva.