Resistere alla Gratteri Associati si può

Claudio Cerasa

Da Roma a Milano, le procure cambiano e nessun protagonista della stagione di Mani pulite è in corsa per guidarle. La spallata che serve (anche dal Colle) contro il virus giustizialista 

Il punto è tutto qui: resistere alla Gratteri Associati. C’è una partita affascinante, per non dire cruciale, di fronte alla quale si troverà presto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, insieme con il Consiglio superiore della magistratura, di cui il capo dello stato è presidente. Quella partita non riguarda l’Europa, non riguarda il Pnrr, non riguarda le riforme, ma riguarda una complicata partita a scacchi che porterà da qui alle prossime settimane a ridisegnare la geografia delle più importanti procure italiane. Il punto è tutto qui: resistere alla Gratteri Associati.

Nella riorganizzazione del mosaico giudiziario, il primo tassello verrà messo lunedì prossimo, quando il Csm dovrebbe scoprire le sue carte sul futuro della procura di Roma. Attualmente, a Roma, il successore di Giuseppe Pignatone si chiama Michele Prestipino, la cui nomina a marzo è stata considerata illegittima da parte del Consiglio di stato. I due ricorrenti contro Prestipino furono il procuratore generale di Firenze, Marcello Viola, e Francesco Lo Voi, procuratore di Palermo, ed entrambi oggi sono i candidati principali per quella casella. Il favorito è Francesco Lo Voi, mentre Viola è favorito per la guida della procura di Milano (Francesco Greco è appena andato in pensione). Insieme con Viola, a Milano hanno presentato domanda anche altri due magistrati quotati: il procuratore di Bologna Giuseppe Amato e il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli.

 

L’ultimo incastro importante, che si dovrebbe andare a manifestare all’inizio del prossimo anno, riguarda la guida della Procura nazionale antimafia, dove i candidati alla successione di Federico Cafiero De Raho sono tre: il procuratore capo di Napoli Giovanni Melillo, il procuratore aggiunto della Dda Giovanni Russo e il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. In questo quadro apparentemente freddo di notizie e mezze notizie ci sono almeno tre elementi per non essere pessimisti rispetto al futuro delle principali procure. Il primo elemento è che Nicola Gratteri, prefatore a sua insaputa di osceni libri complottisti, ha rinunciato a coltivare ogni ambizione rispetto a grandi procure come Milano e si è accontentato, per così dire, di correre per la Dda, dove grazie al cielo non dovrebbe avere possibilità di trasformare la Direzione nazionale antimafia in un’appendice dei talk-show (il favorito è Melillo, riuscito nel miracolo in questi anni di aver trasformato Woodcock in un mezzo garantista).

 

Il secondo elemento è che per la prima volta nella storia della nostra Repubblica giudiziaria, se così possiamo chiamarla, non ci sarà nessun protagonista di Mani pulite che giocherà un ruolo di prima fila nelle partite giudiziarie che contano. Di Pietro ha cambiato vita, Greco è in pensione, Davigo pure, Paolo Ielo da Roma non ha presentato domanda per nessuna procura e Milano potrebbe così sperimentare una stagione caratterizzata da un segno diverso: fine dell’èra Mani pulite e fine dell’èra di Magistratura democratica (di Md erano sia Greco sia Bruti Liberati). Milano dunque evita Gratteri (bene) e cercherà un modo per superare la stagione modello Pool (benissimo) e far dimenticare la stagione modello De Pasquale (caccia all’Eni). Roma, qualora Michele Prestipino non dovesse essere confermato, potrebbe finire a un magistrato garantista come Lo Voi che è riuscito a far dimenticare a Palermo l’epoca degli Ingroia e dei Di Matteo. E grazie al cielo, tra i posti che contano, il rischio di avere un figlioccio di Davigo, di Di Matteo, di Mani pulite e di Gratteri è quasi inesistente.

Dare un ultimo schiaffo al partito unico del giustizialismo non aiuterà il Csm a far dimenticare i disastri combinati in questi anni (le correnti comanderanno anche in queste nomine), ma aiuterebbe la giustizia italiana a muovere un primo passo per emanciparsi dalla stagione dell’inaffidabilità e dell’impresentabilità. Un piccolo sforzo, visti i guai di questi anni, non è auspicabile, caro presidente: è doveroso. Grazie. 

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.