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editoriali

Il dramma di un’Italia ostaggio dei Tar

redazione

La procura di Roma terremotata dalla giustizia amministrativa, come l’Ilva

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Il Consiglio superiore della magistratura dovrà nuovamente procedere alla nomina del capo della procura di Roma. A stabilirlo è stato il Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio, che ha accolto i ricorsi presentati dal procuratore generale di Firenze Marcello Viola e dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi contro la nomina di Michele Prestipino al vertice della procura capitolina, decisa dal plenum del Csm il 4 marzo dello scorso anno per sostituire Giuseppe Pignatone, andato in pensione. Viola e Lo Voi si erano rivolti al Tar dopo essere risultati sconfitti nella corsa alla nomina, insieme al procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, anche lui autore di un ricorso al Tar (respinto). I tre magistrati sostengono che la scelta di Prestipino da parte del Csm sia stata illegittima poiché a prevalere sarebbe stato il candidato dotato formalmente di meno titoli. Prestipino conquistò il vertice della procura di Roma da semplice procuratore aggiunto, senza mai aver guidato un ufficio giudiziario, se si esclude il periodo di reggenza della procura capitolina in seguito all’uscita di scena di Pignatone. La procedura di nomina, durata ben dieci mesi, era già stata sconvolta dall’inchiesta di Perugia sulle presunte nomine pilotate a Palazzo dei Marescialli, e incentrata proprio sulle manovre che sarebbero state messe in piedi da alcuni membri togati ed esponenti politici per condizionare la scelta del nuovo procuratore di Roma. In seguito alla bufera giudiziaria, il Csm aveva deciso di azzerare la procedura e di escludere dalla partita Viola, che prima dello scandalo era stato indicato dalla commissione per gli incarichi direttivi come il miglior candidato alla successione, ma che nel frattempo era finito coinvolto nelle manovre di Palamara & co. Alla fine la scelta del plenum del Csm era caduta su Prestipino, in nome della “continuità” con Pignatone, ma soltanto dopo un ballottaggio con Lo Voi (Creazzo era risultato terzo) e un acceso scontro tra le correnti. Una decisione, sostiene ora il Tar, priva di valide motivazioni.

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Il Consiglio superiore della magistratura dovrà nuovamente procedere alla nomina del capo della procura di Roma. A stabilirlo è stato il Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio, che ha accolto i ricorsi presentati dal procuratore generale di Firenze Marcello Viola e dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi contro la nomina di Michele Prestipino al vertice della procura capitolina, decisa dal plenum del Csm il 4 marzo dello scorso anno per sostituire Giuseppe Pignatone, andato in pensione. Viola e Lo Voi si erano rivolti al Tar dopo essere risultati sconfitti nella corsa alla nomina, insieme al procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo, anche lui autore di un ricorso al Tar (respinto). I tre magistrati sostengono che la scelta di Prestipino da parte del Csm sia stata illegittima poiché a prevalere sarebbe stato il candidato dotato formalmente di meno titoli. Prestipino conquistò il vertice della procura di Roma da semplice procuratore aggiunto, senza mai aver guidato un ufficio giudiziario, se si esclude il periodo di reggenza della procura capitolina in seguito all’uscita di scena di Pignatone. La procedura di nomina, durata ben dieci mesi, era già stata sconvolta dall’inchiesta di Perugia sulle presunte nomine pilotate a Palazzo dei Marescialli, e incentrata proprio sulle manovre che sarebbero state messe in piedi da alcuni membri togati ed esponenti politici per condizionare la scelta del nuovo procuratore di Roma. In seguito alla bufera giudiziaria, il Csm aveva deciso di azzerare la procedura e di escludere dalla partita Viola, che prima dello scandalo era stato indicato dalla commissione per gli incarichi direttivi come il miglior candidato alla successione, ma che nel frattempo era finito coinvolto nelle manovre di Palamara & co. Alla fine la scelta del plenum del Csm era caduta su Prestipino, in nome della “continuità” con Pignatone, ma soltanto dopo un ballottaggio con Lo Voi (Creazzo era risultato terzo) e un acceso scontro tra le correnti. Una decisione, sostiene ora il Tar, priva di valide motivazioni.

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Nella sentenza relativa al caso Lo Voi, i giudici amministrativi sottolineano infatti che se un candidato può “in concreto vantare indicatori specifici”, non significa che prevalga automaticamente sugli altri candidati, ma si “impone nondimeno l’onere di una particolare ed adeguata motivazione, nella valutazione complessiva”. Nel caso di Viola, il Tar evidenzia invece che la sua esclusione dalla procedura di nomina “appare priva della necessaria motivazione, in assenza di elementi oggettivamente riscontrabili a suo carico (rinvio a giudizio, apertura di procedimento disciplinare e simili)”. In particolare, i giudici rilevano come dalla documentazione relativa all’indagine di Perugia fosse emersa la qualità di parte offesa di Viola rispetto alle “macchinazioni o aspirazioni di altri”. Il Csm ora dovrà decidere se fare ricorso a sua volta al Consiglio di stato. Nel caso in cui ciò non avvenisse, o se in caso di impugnazione la decisione del Tar venisse confermata, l’organo di autogoverno delle toghe sarebbe costretto a riaprire la procedura di nomina del vertice della procura di Roma. Nulla vieterebbe, comunque, al Csm di confermare Prestipino (nel 2016 il Csm scelse come capo della procura di Milano Francesco Greco, all’epoca semplice procuratore aggiunto), seppur stavolta indicando motivazioni più adeguate. Ciò, tuttavia, potrebbe non fermare la battaglia legale degli sconfitti. Resta il dato più paradossale e allarmante, e cioè che a quasi un anno dall’insediamento di Prestipino una sentenza della giustizia amministrativa rischia di far saltare il vertice della procura più importante d’Italia. La scorsa settimana un altro Tar, quello di Lecce, ha ordinato ad ArcelorMittal lo spegnimento entro 60 giorni dell’area a caldo dell’impianto ex Ilva di Taranto, facendo ripiombare nel caos il destino della più grande acciaieria d’Europa. Le ennesime conferme di un paese appeso ai Tar: la tanto auspicata riforma della giustizia probabilmente passa anche da qui.

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