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Il modello Gratteri

Ermes Antonucci 

L’inchiesta su Cesa si chiama addirittura “Basso profilo”. Ma da “Lande desolate” a “Quinta bolgia” sono molti i suoi flop

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Quarantanove indagati, tredici persone in carcere, trentacinque ai domiciliari, quattrocento agenti in azione in tutta Italia. Sono questi i numeri dell’ultima maxi operazione contro la ’ndrangheta lanciata in pompa magna dalla procura Antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri. Operazione che stavolta rischia di avere un impatto sulla politica nazionale. Tra i quarantanove indagati, infatti, c’è anche il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, negli ultimi giorni al centro delle trattative per trovare possibili “costruttori” a sostegno della maggioranza di governo (proposte finora sempre respinte).

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Quarantanove indagati, tredici persone in carcere, trentacinque ai domiciliari, quattrocento agenti in azione in tutta Italia. Sono questi i numeri dell’ultima maxi operazione contro la ’ndrangheta lanciata in pompa magna dalla procura Antimafia di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri. Operazione che stavolta rischia di avere un impatto sulla politica nazionale. Tra i quarantanove indagati, infatti, c’è anche il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, negli ultimi giorni al centro delle trattative per trovare possibili “costruttori” a sostegno della maggioranza di governo (proposte finora sempre respinte).

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“Ho ricevuto un avviso di garanzia su fatti risalenti al 2017 – ha dichiarato Cesa in una nota – Mi ritengo totalmente estraneo, chiederò attraverso i miei legali di essere ascoltato quanto prima dalla procura competente. Come sempre ho piena e totale fiducia nell’operato della magistratura. E data la particolare fase in cui vive il nostro paese rassegno le mie dimissioni da segretario nazionale come effetto immediato”.

   
Inizialmente gli organi di informazione, sempre pronti ad agire da megafoni degli ambienti investigativi senza badare alla dignità delle persone coinvolte, avevano rilanciato la notizia secondo cui Cesa era indagato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. In seguito, durante la tradizionale conferenza stampa indetta dagli inquirenti, è stato precisato che il reato contestato all’ormai ex segretario Udc è quello di associazione per delinquere semplice. Nel comunicato emesso dalla procura, però, Cesa viene indicato come il mediatore di un presunto patto di scambio siglato tra Francesco Talarico, assessore regionale al Bilancio e segretario regionale dell’Udc (finito ai domiciliari), e alcuni esponenti delle ‘ndrine, in occasione delle elezioni politiche del 2018. Più tardi, infatti, ecco l’ennesima precisazione di Gratteri, attraverso una serie di interviste a radio e tv: “Cesa è indagato per associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso”. Qualcosa, nei soliti meccanismi del circo mediatico-giudiziario, deve essersi inceppato. 

 
L’unica cosa certa per ora è il coinvolgimento di un politico di alto livello, un classico delle inchieste antimafia del procuratore Gratteri (e pensare che stavolta l’operazione è stata pure denominata “Basso profilo”). Non sempre, però, i risultati  sono stati in linea con il clamore mediatico iniziale. 

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All’alba del 17 dicembre 2018, la procura antimafia guidata da Gratteri lancia l’operazione “Lande desolate”, incentrata su presunti appalti regionali pilotati per favorire la ‘ndrangheta. Su richiesta della procura, il giudice emette provvedimenti di custodia cautelare nei confronti di sedici persone. Tra queste c’è Mario Oliverio, all’epoca presidente della Regione Calabria. L’inchiesta travolge la politica calabrese e nazionale, per tre mesi Oliverio sarà costretto all’obbligo di dimora nel suo comune di residenza (per lui Gratteri aveva persino chiesto gli arresti domiciliari, non accolti dal gip). Poche settimane fa Oliverio è stato assolto in rito abbreviato dalle accuse di corruzione e abuso d’ufficio. 

  
Un mese prima, nel novembre 2018, la procura guidata da Gratteri aveva lanciato l’operazione “Quinta Bolgia”. Vengono arrestate 24 persone ritenute legate, a vario titolo, alla criminalità organizzata calabrese. Tra queste Giuseppe Galati, parlamentare di lungo corso con cinque legislature alle spalle e più volte sottosegretario nei governi Berlusconi. Galati viene posto agli arresti domiciliari e poi a un divieto di dimora in Calabria. Un anno fa il gip di Catanzaro ha archiviato l’indagine. 

  
Nel 2017, solo per citare un terzo caso, su queste pagine raccontammo i risvolti dell’operazione “Circolo formato”, lanciata nel 2011 da Gratteri quando questi era pm antimafia a Reggio Calabria. Vennero arrestate quaranta persone, tra cui il sindaco di Marina di Gioiosa Ionica e diversi assessori. Gli amministratori locali poi sono stati assolti.  
  

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