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I magistrati alle urne tra aumento del disinteresse e vecchie correnti

Ermes Antonucci

Le toghe sono tornate alle urne per eleggere il Comitato direttivo centrale (il cosiddetto “parlamentino”) dell'Anm dopo il caso Palamara. Il netto calo dei votanti è stato quasi ignorato. Crollo dei davighiani

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Nell’indifferenza quasi generale, complice il ricordo ancora vivido dello scandalo delle nomine pilotate al Csm, le toghe italiane sono tornate alle urne per eleggere il Comitato direttivo centrale (il cosiddetto “parlamentino”) dell’Associazione nazionale magistrati. Non tutte, però, ed è questo il primo dato da considerare: nonostante per la prima volta si votasse con modalità telematica, sono 6.101 i magistrati che hanno deciso di esprimere la propria preferenza. Mille in meno dei 7.100 che si erano registrati per il voto online e duemila in meno rispetto alle elezioni del 2016. Se si considera che i magistrati presenti in Italia sono quasi 9.800, ciò significa che soltanto il 62 per cento delle toghe ha partecipato alle elezioni. Un calo netto del tasso di partecipazione dei magistrati alle dinamiche associative, che però sembra non interessare nessuno.

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Nell’indifferenza quasi generale, complice il ricordo ancora vivido dello scandalo delle nomine pilotate al Csm, le toghe italiane sono tornate alle urne per eleggere il Comitato direttivo centrale (il cosiddetto “parlamentino”) dell’Associazione nazionale magistrati. Non tutte, però, ed è questo il primo dato da considerare: nonostante per la prima volta si votasse con modalità telematica, sono 6.101 i magistrati che hanno deciso di esprimere la propria preferenza. Mille in meno dei 7.100 che si erano registrati per il voto online e duemila in meno rispetto alle elezioni del 2016. Se si considera che i magistrati presenti in Italia sono quasi 9.800, ciò significa che soltanto il 62 per cento delle toghe ha partecipato alle elezioni. Un calo netto del tasso di partecipazione dei magistrati alle dinamiche associative, che però sembra non interessare nessuno.

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Nessun esponente di nessuna corrente togata, infatti, è intervenuto per evidenziare il dato. Gli unici numeri che sembrano contare, e sui quali si è subito animato il dibattito associativo, sono quelli relativi alla spartizione dei seggi del “parlamentino” dell’Anm, come in una normale competizione politica. Eccoli, allora, i risultati: le toghe di sinistra di Area sono risultate prime, con 1.785 voti, tallonate però da Magistratura Indipendente (1.648 voti), che ha tenuto nonostante il coinvolgimento nello scandalo Palamara (e le dimissioni di ben tre consiglieri del Csm).

 

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Rispetto alle elezioni precedenti, invece, dimezza i voti Unicost, la corrente centrista guidata per tanti anni proprio da Palamara (da 2.522 a 1.212 voti), ma crolla la corrente del neo-pensionato Piercamillo Davigo, Autonomia e Indipendenza, che passa da 1.271 a 749 voti (a conferma di ciò che sul Foglio sottolineammo già due anni fa, e cioè che, escluso Davigo, la corrente non conquista i consensi dei magistrati). Infine, ha ottenuto 651 voti il nuovo gruppo denominato Articolo 101, che si prefigge di superare il sistema correntizio (reclutando, però, tanti ex esponenti proprio delle correnti).

 

I 36 seggi del “parlamentino” dell’Anm saranno quindi distribuiti in questo modo: 11 per Area, 10 per Mi, 7 per Unicost, 4 per i davighiani e 4 per Articolo 101. In definitiva, seppur con un’affluenza in netto calo, i magistrati italiani mostrano di nutrire ancora fiducia per le correnti tradizionali, incluse quelle più coinvolte nel recente scandalo (Mi e Unicost).

  

Il candidato più votato è stato il presidente uscente dell’Anm Luca Poniz (739 preferenze), che dopo lo scandalo sollevò l’attenzione sulla “gigantesca questione morale che investe la magistratura” e sulla “degenerazione del correntismo e del carrierismo”: temi subito spariti dal dibattito interno al mondo togato, in favore del quieto vivere.

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E’ con questi presupposti che il “parlamentino delle toghe” si appresta a eleggere il 7 novembre il nuovo presidente e la nuova giunta, destinate a guidare l’Anm per i prossimi quattro anni, a meno di nuovi scossoni.

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