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Csm e confini da non superare per i pm

Redazione

Il caso Palamara e le illegittime intercettazioni ai parlamentari. Vigilare

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Si è aperto, ed è stato subito rinviato al 15 settembre, il procedimento disciplinare del Csm a carico di Luca Palamara, di cinque ex consiglieri e del magistrato in aspettativa (oggi deputato di Italia viva) Cosimo Ferri, coinvolti nel cosiddetto “scandalo delle nomine”. Sono tutti accusati dal pg della Cassazione, Giovanni Salvi, di aver avuto “comportamenti gravemente scorretti” in violazione dei doveri imposti ai magistrati.

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Si è aperto, ed è stato subito rinviato al 15 settembre, il procedimento disciplinare del Csm a carico di Luca Palamara, di cinque ex consiglieri e del magistrato in aspettativa (oggi deputato di Italia viva) Cosimo Ferri, coinvolti nel cosiddetto “scandalo delle nomine”. Sono tutti accusati dal pg della Cassazione, Giovanni Salvi, di aver avuto “comportamenti gravemente scorretti” in violazione dei doveri imposti ai magistrati.

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Al centro della vicenda, come è noto, l’incontro notturno avvenuto il 9 maggio 2019 in un hotel romano per discutere delle nomine ai vertici di alcune importanti procure italiane, a partire da quella di Roma, alla presenza anche dell’ex ministro Luca Lotti. Chi, fra le toghe, immaginava un processo lampo (anche con l’obiettivo di mostrare alla classe politica la propria superiorità morale nel giudicare le responsabilità dei colleghi) è stato costretto a ricredersi.

 

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Il procedimento disciplinare non sarà breve, non fosse altro per l’ovvia (si spera) esigenza di rispettare il principio costituzionale del giusto processo. La speranza, però, è che la pausa estiva possa servire alla sezione disciplinare del Csm anche per chiarire alcune gigantesche contraddizioni che aleggiano intorno allo “scandalo”. La più importante riguarda il ruolo rivestito da Cosimo Ferri.

  

All’attuale deputato di Italia viva, toga in aspettativa dal 2013, vengono contestate le medesime accuse rivolte nei confronti di Palamara e dei cinque ex membri del Csm. Eppure, Ferri partecipò alla famosa riunione notturna in veste non di magistrato, bensì di politico. A confermarlo non è solo il fatto che l’utilizzo delle intercettazioni che lo riguardano sia sottoposto all’autorizzazione della Camera, ma anche che lo stesso pg della Cassazione, nell’atto di incolpazione, chiami in causa la condotta di Ferri “benché soggetto estraneo alla funzione e all’attività consiliare ed espressione di altro potere dello Stato”.

 

Insomma, la questione può sembrare marginale ma in realtà chiama in causa un aspetto cruciale della tenuta del nostro sistema istituzionale: il confine tra magistratura e politica.

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