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La giustizia tra il letame e il ventilatore

Claudio Cerasa

Il dramma rimosso delle correnti dei magistrati. Il garantismo utilizzato solo per difendere gli amici. Le intercettazioni irrilevanti usate solo quando conviene. I garantisti finiti al traino dei pm. Una settimana di ordinaria follia giudiziaria

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La settimana che si avvia verso la conclusione è stata dominata da una serie di piccole e grandi notizie giudiziarie che hanno contribuito a rafforzare l’immagine di un paese che quando si ritrova a fare i conti con il tema della giustizia si comporta sempre seguendo il modello del letame nel ventilatore. Quando il ventilatore con il letame viene puntato contro di noi, il ventilatore viene sempre considerato come un qualcosa di osceno e detestabile. Quando il ventilatore con il letame viene invece puntato contro gli altri, viene considerato come uno strumento utile a mostrare le oscenità degli altri. Il risultato di questo allegro gioco fatto di letame e di ventilatori è che una parte non indifferente della nostra classe dirigente, della nostra informazione e del nostro mondo politico offre ogni giorno un indizio utile a inquadrare un problema per così dire strutturale del nostro paese che potremmo provare a sintetizzare così: la difesa dello stato di diritto è una battaglia che vale la pena combattere a condizione che quella battaglia non porti benefici ai propri avversari. E il risultato di questo approccio per così dire culturale è che ogni volta che l’Italia prova a fare un passo in avanti sulla cultura del garantismo un secondo dopo ne fa due in avanti sulla cultura del giustizialismo. Prendete quello che è successo negli ultimi giorni all’interno di una serie di storie apparentemente scollegate l’una dall’altra.

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La settimana che si avvia verso la conclusione è stata dominata da una serie di piccole e grandi notizie giudiziarie che hanno contribuito a rafforzare l’immagine di un paese che quando si ritrova a fare i conti con il tema della giustizia si comporta sempre seguendo il modello del letame nel ventilatore. Quando il ventilatore con il letame viene puntato contro di noi, il ventilatore viene sempre considerato come un qualcosa di osceno e detestabile. Quando il ventilatore con il letame viene invece puntato contro gli altri, viene considerato come uno strumento utile a mostrare le oscenità degli altri. Il risultato di questo allegro gioco fatto di letame e di ventilatori è che una parte non indifferente della nostra classe dirigente, della nostra informazione e del nostro mondo politico offre ogni giorno un indizio utile a inquadrare un problema per così dire strutturale del nostro paese che potremmo provare a sintetizzare così: la difesa dello stato di diritto è una battaglia che vale la pena combattere a condizione che quella battaglia non porti benefici ai propri avversari. E il risultato di questo approccio per così dire culturale è che ogni volta che l’Italia prova a fare un passo in avanti sulla cultura del garantismo un secondo dopo ne fa due in avanti sulla cultura del giustizialismo. Prendete quello che è successo negli ultimi giorni all’interno di una serie di storie apparentemente scollegate l’una dall’altra.

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La prima storia è quella relativa all’arresto del procuratore capo di Taranto Carlo Maria Capristo, finito agli arresti domiciliari con l’accusa di abuso d’ufficio e favoreggiamento. Capristo, come raccontato su queste pagine da Luciano Capone, è divenuto famoso per le inchieste finite nel nulla sulle agenzie di rating e sui complotti della finanza mondiale contro l’Italia e la notizia dell’arresto non ha spinto nessun grande giornale a porsi una sola domanda su quello che è invece un grande scandalo italiano: la legittimità con cui il Csm usa i trasferimenti da una procura all’altra dei magistrati come sanzione accessoria per i magistrati rivelatisi non capaci. Senso della storia: se gli scandali riguardano i magistrati meglio fare silenzio e usare tutte le garanzie del caso, ma se gli scandali riguardano i politici meglio montare la panna e infilare tutto dentro un unico ventilatore. La seconda storia ha a che fare ancora con i magistrati e ci offre questa volta un triplo spunto di riflessione. La storia in questione riguarda gli sviluppi dell’indagine sul magistrato Luca Palamara – indagine relativa alle cosiddette nomine pilotate al Consiglio superiore della magistratura – e in particolare riguarda le intercettazioni di magistrati pubblicate in questi giorni da alcuni quotidiani (in primis la Verità).

 

Punto numero uno: i grandi giornali che da sempre riempiono le proprie pagine con intercettazioni penalmente irrilevanti, in questi giorni non hanno pubblicato una sola riga delle intercettazioni tra Palamara e mezzo mondo togato. E così come risulta curioso il silenzio sulle intercettazioni dei magistrati da parte dei giornali che per molti anni hanno fatto campagne contro le leggi bavaglio per poter pubblicare intercettazioni irrilevanti a carico dei politici, allo stesso tempo risulta curioso – e siamo al punto due – il modo in cui giornali e giornalisti di destra, dopo aver lottato nel passato per introdurre leggi urgentissime che impediscano di passare ai giornalisti intercettazioni non penalmente rilevanti e che impediscano ai giornalisti di pubblicarle, oggi scelgano di pubblicare intercettazioni penalmente irrilevanti a condizione che queste possano sputtanare gli odiati magistrati e a condizione che queste possano dimostrare quanto possa essere perseguitato il loro beniamino politico (nel caso in questione Matteo Salvini, che come racconta oggi Salvatore Merlo i complotti di solito li organizza da solo). Punto numero tre: rispetto all’indignazione manifestata da molti per il fitto traffico delle correnti nessuno che si ponga mai la domanda delle domande: ma il mercato delle nomine della magistratura è o non è incentivato dalla presenza delle correnti? E poi: è mai possibile che quasi nessuno capisca che il problema delle correnti della magistratura non è relativo alle correnti dei magistrati che non ci piacciono (dàgli al magistrato nemico, ma solo se questo non si chiama Davigo) ma è relativo al fatto che sia proprio la presenza delle correnti nella magistratura uno dei mali che corrodono nel profondo la magistratura italiana?

 

A tutto questo va poi aggiunto un dettaglio ulteriore che è quello che riguarda le scene andate in onda nel corso della settimana attorno al caso Di Matteo-Bonafede. Da una parte c’è una scena comica ed è quella offerta dal M5s che per difendere il suo adorato ministro, Alfonso Bonafede, dalle accuse di un magistrato adorato, Nino Di Matteo, ha scelto di fare l’opposto di quanto fatto negli ultimi anni e ha deciso di considerare il ventilatore con il letame sopra come qualcosa non di prelibato e gustoso ma di osceno e detestabile. Dall’altra parte c’è invece una scena meno comica che è quella che hanno offerto i partiti di centrodestra che per poter andare contro un ministro osceno come Alfonso Bonafede hanno scelto di dire di sì a una mozione di sfiducia costruita sulla base di un processo di piazza portato avanti da un pubblico ministero sulla base di illazioni. E quando un paese nell’indifferenza generale sceglie di barattare il rispetto dello stato di diritto con il diritto a usare le armi del giustizialismo per abbattere i propri nemici significa che quel paese quando parla di giustizia ha smesso di comprendere che differenza c'è tra una tavoletta di cioccolato e una tavolata di letame.

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