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Criticare una procura? Vietato anche al procuratore generale

Ermes Antonucci

In un paese dominato dalla giustizia mediatica, a essere punito è un magistrato che si permette di segnalare pubblicamente alcune gravi disfunzioni presenti nei rapporti tra due uffici inquirenti

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Roma. La sezione disciplinare del Csm ha disposto il trasferimento d’ufficio per il procuratore generale di Catanzaro, Otello Lupacchini, destinandolo alla procura generale di Torino e declassandolo a sostituto pg. La sezione disciplinare ha accolto la richiesta avanzata dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e dal pg della Cassazione Giovanni Salvi, che avevano avviato l’azione disciplinare nei confronti di Lupacchini accusandolo di aver “delegittimato” il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. Tutto era nato prima di Natale, all’indomani della maxi operazione contro la ’ndrangheta, denominata “Rinascita-Scott”, annunciata in conferenza stampa da Gratteri, e che ha portato all’applicazione di addirittura 334 misure di custodia cautelare. La colpa di Lupacchini è di aver rilasciato, dopo il maxi blitz, un’intervista a Tgcom24 in cui ha criticato l’assoluta mancanza di coordinamento da parte della procura di Catanzaro: “Sebbene possa sembrare paradossale – aveva dichiarato Lupacchini – non so nulla di più di quanto pubblicato dalla stampa, in quanto c’è la buona abitudine da parte della procura distrettuale di Catanzaro di saltare tutte le regole di coordinamento e collegamento con la procura generale. I nomi degli arrestati e le ragioni degli arresti li abbiamo conosciuti soltanto a seguito della pubblicazione della stampa, che è molto più importante della procura generale da contattare e informare”.

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Roma. La sezione disciplinare del Csm ha disposto il trasferimento d’ufficio per il procuratore generale di Catanzaro, Otello Lupacchini, destinandolo alla procura generale di Torino e declassandolo a sostituto pg. La sezione disciplinare ha accolto la richiesta avanzata dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e dal pg della Cassazione Giovanni Salvi, che avevano avviato l’azione disciplinare nei confronti di Lupacchini accusandolo di aver “delegittimato” il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. Tutto era nato prima di Natale, all’indomani della maxi operazione contro la ’ndrangheta, denominata “Rinascita-Scott”, annunciata in conferenza stampa da Gratteri, e che ha portato all’applicazione di addirittura 334 misure di custodia cautelare. La colpa di Lupacchini è di aver rilasciato, dopo il maxi blitz, un’intervista a Tgcom24 in cui ha criticato l’assoluta mancanza di coordinamento da parte della procura di Catanzaro: “Sebbene possa sembrare paradossale – aveva dichiarato Lupacchini – non so nulla di più di quanto pubblicato dalla stampa, in quanto c’è la buona abitudine da parte della procura distrettuale di Catanzaro di saltare tutte le regole di coordinamento e collegamento con la procura generale. I nomi degli arrestati e le ragioni degli arresti li abbiamo conosciuti soltanto a seguito della pubblicazione della stampa, che è molto più importante della procura generale da contattare e informare”.

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Il pg di Catanzaro aveva inoltre fatto riferimento all’“evanescenza di molte operazioni” condotte in passato proprio dalla procura guidata da Gratteri. Prima del Guardasigilli e del pg della Cassazione si erano mossi pure i consiglieri di Palazzo dei marescialli, che sempre per l’intervista avevano aperto a carico del magistrato la procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità funzionale. Anche l’Associazione nazionale magistrati si era schierata in difesa di Gratteri, definendo “sconcertanti” le parole di Lupacchini. Davanti alla Prima commissione e alla Sezione disciplinare del Csm, Lupacchini – difeso dall’avvocato Ivano Iai – aveva assicurato che non intendeva denigrare Gratteri, ma semmai sollecitare una riflessione sulle criticità presenti nei rapporti istituzionali tra le procure. Le storture denunciate da Lupacchini, però, sembrano non interessare nessuno al Csm, che ha invece deciso di punire il pg spedendolo a mille chilometri di distanza, a Torino, e sottraendogli le funzioni direttive.

 

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Insomma, in un paese dominato dalla giustizia mediatica, in cui i pubblici ministeri sono ospiti fissi di trasmissioni televisive e continuano a tenere conferenze stampa show per celebrare i numeri delle proprie inchieste, rappresentando gli indagati come dei colpevoli già accertati (e pure lamentandosi, come ha fatto Gratteri, delle poche prime pagine dedicate dai giornali agli arresti), a fare notizia, e a essere punito, è un magistrato che rilascia un’intervista e si permette di segnalare pubblicamente alcune gravi disfunzioni presenti nei rapporti tra due uffici inquirenti. Ma evidentemente un’altra delle colpe di Lupacchini è quella di aver interrotto, indirettamente, il processo di beatificazione che aveva avvolto Gratteri, che in conferenza stampa si era pure – molto modestamente – paragonato agli eroi antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, definendo la sua indagine “la più grande operazione dopo il maxi processo di Palermo”. A confermarlo, in fondo, è la valanga di insulti ricevuti da Lupacchini sui social network negli ultimi giorni. Commenti che hanno aggravato le preoccupazioni sull’incolumità del magistrato.

 

Se le segnalazioni di Lupacchini sono state ignorate, ci sono alcuni numeri che dovrebbero far riflettere. Ad oggi, oltre 140 misure di custodia cautelare (su 334) chieste e ottenute dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro nell’ambito dell’operazione Rinascita-Scott sono state annullate, revocate, sostituite o riformate dal gip e dal tribunale del Riesame. Ciò significa che circa il 40 per cento dei provvedimenti sono stati ritenuti eccessivamente restrittivi della libertà degli indagati. Quasi novanta persone sono tornate completamente in libertà, dopo essere state sbattute in carcere o ai domiciliari ingiustamente. Si tratta di cifre abnormi: possiamo parlarne o è lesa maestà?

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