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Gli ex grillini si salvano dalla prescrizione versione Bonafede

Riccardo Lo Verso

Il tribunale di Palermo ha condannato tre ex deputati del Movimento e due ex parlamentari regionali per la vicenda delle firme false, ma per loro valgono le vecchie regole. Chissà se sono felici?

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Se gli imputati condannati oggi fossero ancora arruolati nella truppa dei grillini sarebbe stato interessante conoscere la loro eventuale disponibilità a rinunciare alla prescrizione.

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Se gli imputati condannati oggi fossero ancora arruolati nella truppa dei grillini sarebbe stato interessante conoscere la loro eventuale disponibilità a rinunciare alla prescrizione.

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Solo la rinuncia da parte degli imputati, infatti, farebbe proseguire in secondo grado un processo nel quale i reati saranno prescritti al massimo nel mese di marzo.

Già la prescrizione, questa nemica della verità e della giustizia. Paravento, a dir loro, per i manigoldi e arma in mano all'avvocatura.

 

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Stamani il tribunale di Palermo ha condannato tre ex deputati nazionali del Movimento 5 Stelle – Riccardo Nuti, Claudia Mannino e Giulia Di Vita – e due ex parlamentari regionali, Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio. Per loro vale la vecchia norma sulla prescrizione, quella nuova che ne stoppa il decorrere dal pronunciamento di una sentenza di primo grado è entrata in vigore il primo gennaio e non può avere valore retroattivo.

 

Sono tutti ex parlamentari dal giorno in cui venne fuori la notizia che avevano taroccato le firme per le candidature alle elezioni palermitane del 2012. I deputati nazionali furono espulsi dal collegio dei probiviri mentre i siciliani si autosospesero dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia dalla Procura.

 

La condanna, con il beneficio della sospensione della pena, ha di fatto i giorni contati. Grillini, ex nei ruoli ma senza averne abiurato le idee, “salvati”, come direbbero loro, dalla prescrizione. Che paradosso per un Movimento che ha voluto, al di là ogni ragionevole dubbio, la nuova norma sulla prescrizione.

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Fu una notte di frenesia quella di otto anni fa in un piccolo ufficio della città di Palermo. Nuti, ex capogruppo alla Camera, nel 2012 era candidato a sindaco di Palermo. Di una Palermo che avrebbe rieletto l'inossidabile Leoluca Orlando.

Si accorsero di avere trascritto in maniera errata il luogo di nascita di un candidato nel foglio su cui erano apposte le firme necessarie per la candidatura. Le firme erano state raccolte nei banchetti in giro per la città. Non c'era più tempo per tornare in strada e allora ricopiarono centinaia di firme di altrettanti cittadini. Il papocchio fu completato da un cancellerie del Tribunale, il quale attestò che quelle firme erano autentiche. Una furbata prima ancora che un reato.

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Erano gli anni in cui i grillini urlavano “onestà onestà”. Gli indagati gridarono al complotto. Qualcuno, con una manina sottobanco o chissà come, voleva stoppare sul nascere l'avanzata grillina. I grandi numeri sarebbero arrivati qualche anno dopo. In Sicilia, alle Politiche del 2018, avrebbero raggiunto il 48 per cento. Infine Ciaccio e La Rocca ammisero le proprie colpe. Confessarono che le firme furono ricopiate. Entrambi hanno goduto delle attenuanti e di uno sconto di pena per la loro scelta collaborativa. Non sono più parlamentari, ma continuano a collaborare con il Movimento. Chissà cosa ne pensano della prescrizione che li “salverà” dal processo di appello e che dal primo gennaio, per i nuovi giudizi, viene stoppata.

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