Terpstra ribalta il Fiandre e la prospettiva

Giovanni Battistuzzi

L'olandese conquista la sua prima Ronde scattando sull'asfalto a quasi trenta chilometri dall'arrivo. I rimpianti di Sagan e la grande prova di Nibali

La prospettiva inganna. Accorcia le distanze, rende vicino quello che non è. Lo sapeva bene Francesco Borromini che per impressionare l'alterigia del cardinale Girolamo Recanati Capodiferro, si rifece alla moda del trompe-l'œil, ossia la tecnica naturalistica di ingannare l'occhio. Si inventò, nell'androne dell'accesso al cortile di Palazzo Spada a Roma, un gioco prospettico: una doppia serie di colonne con altezza decrescente, un pavimento che si alza ed ecco che una galleria lunga otto metri sembra essere lunga trentasette. La sorpresa di allora del cardinale Capodiferro era la stessa di Niki Terpstra quando, dopo aver completato la discesa del Paterberg, si era girato indietro e nei suoi occhi gli era apparsa una strada che saliva e su di essa un decina di uomini che sembravano vicini, prossimi, ma che erano in realtà lontanissimi, appartenenti a un'altra dimensione. Mancavano quattordici chilometri e in quell'immagine che schiacciava la profondità c'era tutto il Giro delle Fiandre, quello che si stava concludendo, quello che stava per approdare,almeno nell'albo d'oro, in Olanda, che stava rendendo onore a uno dei migliori interpreti delle corse del Nord, uno che nonostante una Parigi-Roubaix vinta nel 2014, ogni anno si trovava a dover fare lavoro sporco per qualcun altro, oppure a subire tatticamente il volo ciclistico dei compagni.

 

 

Niki Terpstra però è uno con le spalle larghe, uno che ha sempre sopportato di tutto e non è buttato mai giù. Uno che sa capire cos'è la distanza e non si fa ingannare come un cardinale Recanati Capodiferro qualsiasi. E' uno soprattutto che ha un motore incredibile e a lunga durata, uno che a cinquanta allora va tranquillo tranquillo e senza problemi.

 

E così Niki Terpstra se ne è fregato di quello che aveva visto alle sue spalle e ha continuato. Se ne è fregato che in quello scorcio di Fiandra era apparso il viso di Mads Pedersen e i suoi tratti segnati da una fatica atavica, da un portamento da ronzino che maschera un talento da purosangue, un viso che portava impresso cinquanta chilometri di avanguardia spinta al massimo e la forza di non mollare e sfidare ancora chi gli sta davanti e soprattutto chi lo vuole raggiungere. E più dietro del danese, Niki se ne era fregato pure di Peter Sagan e del suo magnifico incedere, ma incedere distante, impossibilitato a essere testa, un incedere depresso, di chi sa che ha perso il momento giusto.

 

Perché il momento giusto era già andato e non sarebbe tornato. Perché il momento giusto era una decina abbondante di chilometri prima. E per paradosso in un tratto di anonimo asfalto.

 

La classica dei muri di pietra risolta da un grande interprete del pavé, là dove le pietre non ce ne erano e grazie all'allungo di uno che su questi terreni era la prima volta che faceva presenza: Vincenzo Nibali. E' un ribaltamento carnevalesco questo Giro delle Fiandre, l'incoronazione di un re, ma alternativo: un Radical Vlaanderen.

 

Lo Squalo era venuto alla Ronde per capire chi era: non è facile a oltre trent'anni inventarsi protagonista nell'estremo nord ciclistico. Eppure con l'umiltà di chi sa imparare e la faccia tosta di chi sa di essere un campione, si è messo alle spalle dei migliori per carpirne i segreti. E quando pensava di saperne abbastanza, ha provato l'avventura solitaria. Nibali era partito che era una meraviglia, che il Koppenberg ce l'aveva già sulle gambe, mentre il Vecchio Kwaremont e il Peterberg erano ancora da affrontare, ossia là dove già tre quarti del gruppo aveva già lasciato le ruote del gruppo per intraprendere una ben più tranquilla corsa verso il traguardo. Era galvanizzato lo Squalo, ché così forte in pochi avrebbero pensato potesse andare. Poi la realtà si palesò in Terpstra e nelle sue gambe lunghe capaci di girare meglio e più forte. Capaci di girare solitarie per le campagne fiamminghe per trenta chilometri scarsi senza trovare nessun ostacolo.

 

 

Terpstra ha mollato i grandi, ha pedalato a mezza via tra fuggitivi e favoriti, ha raggiunto i primi sul Kwaremont, ha preso il volo planando sul Paterberg. E' diventato puntino da osservare, spalle da inseguire ma senza poterle raggiungere.

 

E così i fiamminghi si sono ritrovati ad applaudire un olandese. Non proprio il massimo. Ma un'olandese atipico, capace di dire che "i confini non sono poi così importanti", perché "ci sono cose più importante di una nazione", "cose per cui vale la pena vivere: la bicicletta sul pavé".

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