Europa Ore 7

"Deal" sul Certificato Covid digitale dell'Ue

I paesi del sud festeggiano, la stagione turistica sembra promettente. Il Parlamento europeo ha ceduto di fronte alla principale esigenza posta dai governi: tenersi la possibilità di richiudere le frontiere in caso di ripresa della pandemia

David Carretta


L'accordo politico al trilogo deve essere confermato dalla plenaria del Parlamento europeo e dal Consiglio dell'Ue. Le prossime tappe prevedono un passaggio nella commissione Libertà pubbliche del Parlamento europeo la prossima settimana e il voto in plenaria nella sessione del 7-10 di giugno. Il Certificato Covid digitale dell'Ue dovrebbe “entrare in vigore l'1 di luglio”

L'accordo è arrivato alle 18 e 30 di ieri, dopo quattro ore e mezzo di discussione tra la presidenza portoghese del Consiglio dell'Ue e i rappresentati nel Parlamento europeo. Il primo di luglio nascerà il “Certificato Covid digitale dell'Ue” - il precedente nome era Certificato verde digitale - per permettere a chi è vaccinato, ha un tampone negativo o è guarito dal Covid-19 di viaggiare liberamente da uno stato membro all'altro senza essere sottoposto a obblighi di test o quarantena. L'obiettivo è salvare la stagione turistica e iniziare a riaprire le frontiere, che si erano brutalmente chiuse nel marzo del 2020 con l'arrivo della pandemia in Europa e richiuse durante lo scorso autunno quando ha colpito la seconda ondata. Almeno in teoria. Perché, com'era prevedibile, il Parlamento europeo ha ceduto di fronte alla principale esigenza posta dai governi: tenersi la possibilità di richiudere le frontiere in caso di ripresa della pandemia.

Il compromesso trovato al “trilogo” di ieri è una capolavoro di ambiguità sulla possibilità lasciata ai governi di derogare dalla libera circolazione delle persone con un Certificato Covid. “Senza pregiudizio per la competenza degli stati membri di imporre restrizioni sulla base di ragioni di sanità pubblica, quando gli stati membri accettano certificati di vaccinazione, test o guarigione, devono astenersi dall'imporre restrizioni di viaggio addizionali” come test e quarantene, “a meno che non siano necessarie e proporzionate per salvaguardare la salute pubblica in risposta alla pandemia di Covid-19”. Il Parlamento europeo aveva fissato un'altra linea rossa, che diceva di non poter oltrepassare: la gratuità dei test. Alla fine si è accontentato di una dichiarazione della Commissione, che ha detto di mettere a disposizione 100 milioni di euro per l'acquisto di tamponi per le persone che ne abbiano bisogno per viaggiare in Europa.

L'accordo politico al trilogo deve essere confermato dalla plenaria del Parlamento europeo e dal Consiglio dell'Ue. Le prossime tappe prevedono un passaggio nella commissione Libertà pubbliche del Parlamento europeo la prossima settimana e il voto in plenaria nella sessione del 7-10 di giugno. Il Certificato Covid digitale dell'Ue dovrebbe “entrare in vigore l'1 di luglio”, ha detto il relatore al Parlamento europeo, Juan Fernando Lopez Aguilar. Le prove tecniche di interoperabilità tra i certificati degli stati membri sono già iniziate. Nelle prime settimane di giugno il sistema dovrebbe essere pronto, anche se alcuni governi hanno chiesto un periodo di transizione più lungo. Lopez Aguillar ha ammesso che il Parlamento “non ha ottenuto tutto quello che volevamo”. Ma è comunque riuscito a “migliorare la proposta iniziale della Commissione”.

Per il resto il compromesso non modifica sostanzialmente la proposta originale. Nel Certificato saranno riconosciuti i vaccini autorizzati dall'Agenzia europea dei medicinali (Ema). Per il momento sono Pfizer-BioNTech, Moderna, AstraZeneca e Johnson & Johnson. Gli stati membri saranno liberi di accettare o meno i vaccini approvati a livello nazionale e inseriti nella lista per l'uso di emergenza dell'Organizzazione mondiale della sanità. Il problema è l'Ungheria, che sta somministrando il vaccino cinese Sinopharm (riconosciuto dall'Oms) e quello russo Sputnik V (per ora escluso). Secondo il Parlamento europeo, il Certificato rispetterà le norme sulla protezione dei dati e i cittadini potranno esercitare i loro diritti sulla base del Gdpr.

“Il certificato Covid digitale dell'Ue sarà un elemento chiave sulla strada per restaurare viaggi sicuri e facili nell'Ue”, ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. I paesi del sud festeggiano, perché possono guardare con ottimismo alla stagione estiva. “Anche se non è una precondizione per la libertà di movimento” il Certificato “faciliterà e contribuirà alla ripresa economica europea”, ha detto il premier portoghese, Antonio Costa. “I cittadini potranno prenotare, vacanze, aerei e treni”, ha spiegato Lopez Aguillar. L'interrogativo è se gli stati membri abbandoneranno definitivamente gli obblighi di test e quarantena. La realtà è che nessuno lo sa veramente. Spagna, Finlandia, Irlanda, Germania e Svezia dovrebbero usare il periodo transitorio di sei settimane, ritardando fino a metà agosto l'entrata in funzione sul loro territorio del Certificato.

La Germania è stata in prima linea nel rivendicare la competenza nazionale sulle misure di sanità pubblica. La cancelliera Angela Merkel non vuole che l'Ue possa vietarle di chiudere le sue frontiere. L'accordo prevede che gli stati membri che vogliono imporre test e quarantene debbano informare gli altri paesi e la Commissione 48 prima delle misure restrittive e fornire informazioni sulle regioni, la portata, a quali soggetti verranno applicati, la data di entrata in vigore e la durata. Come avevamo anticipato qui ieri, è un sistema stile Schengen: basta una notifica e i governi possono imporre restrizioni alla libera circolazione delle persone. Alla fine tutto dipenderà dall'evoluzione della situazione epidemiologica e dai progressi della campagna di vaccinazione.

Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di venerdì 21 maggio, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.

Orbán esce della strategia Ue sui vaccini - L'Ungheria ha deciso di abbandonare la strategia dell'Ue sui vaccini, dopo che la Commissione europea ha firmato il terzo contratto con Pfizer-BioNTech per la fornitura di 1,8 miliardi di dosi per il 2022-23. Ieri la commissaria alla Salute, Stella Kyriakides, ha confermato che “l'Ungheria ha chiesto di rinunciare” alle dosi di Pfizer-BioNTech: “Non sarà coperta dal contratto”. Nel frattempo, durante una conferenza stampa a Budapest, il capo-gabinetto di Orbán, Gergely Gulyás, ha annunciato l'uscita da tutti i futuri acquisti comuni dell'Ue. “L'Ungheria non vorrebbe prendere parte al prossimo capitolo del programma di acquisti di vaccini di Bruxelles”,  ha detto Gulyás: “L'Ungheria ha ammassato riserve sufficienti”. Se sarà necessaria la rivaccinazione, “dovrebbe essere disponibile un vaccino ungherese” e in ogni caso “ci sono un sacco di vaccini da fonti orientali a portata di mano”, ha detto Gulyás, “augurando ogni successo a tutti coloro che partecipano al programma dell'Ue”. Sul Foglio spieghiamo perché la decisione dell'Ungheria di rompere l'unità europea sui vaccini è un regalo a populisti e avversari.

La bozza della dichiarazione di Roma del Global Health Summit - Mario Draghi e Ursula von der Leyen oggi presiederanno insieme il Global Health Summit e “la dichiarazione di Roma sarà una celebrazione del multilateralismo sanitario come metodo più efficace di affrontare una crisi”, ci ha spiegato una fonte europea. Il testo dovrebbe contenere un preambolo e 16 principi. Il primo è la necessità di accelerare la fine della pandemia di Covid-19, in particolare aumentando la produzione e distribuzione dei vaccini. La dichiarazione fisserà delle linee guida per il lungo periodo su solidarietà, cooperazione multilaterale, good governance e la necessità di mettere le persone al centro della gestione delle pandemie. La dichiarazione di Roma confermerà “il ruolo centrale dell'Organizzazione mondiale della sanità”. Sui brevetti, dovrebbe affermare che “la proprietà intellettuale è un importante strumento per aumentare la capacità produttiva dei vaccini” e la necessità di “lavorare all'interno dell'attuale accordo Trips”, ci ha spiegato la fonte. Inoltre la dichiarazione di Roma chiederà di rimuovere gli ostacoli commerciali per i vaccini e di evitare futuri divieti di esportazioni.

Von der Leyen annuncerà hub in Africa per produrre vaccini - La presidente della Commissione intende annunciare un'iniziativa dell'Ue per contribuire alla creazione di capacità produttive di vaccini in Africa. L'idea di von der Leyen è di costituire degli “hub industriali regionali distribuiti nel continente africano”, ci ha detto la fonte europea. La presidente della Commissione lancerà anche un appello agli stati membri e ad altri paesi di aumentare la condivisione e la donazioni di dosi.

All'Eurogruppo si dibatte dei rischi del ritorno alla normalità - I ministri delle Finanze della zona euro e dell'Ue si ritroveranno questa mattina a Lisbona per una doppia riunione di Eurogruppo e Ecofin. L'agenda della due giorni è particolarmente densa. Come spieghiamo sul Foglio, all'Eurogruppo uno dei temi sarà quello delle conseguenze e dei rischi legati al rimbalzo economico e del ritorno alla normalità.

Il tema migranti al Consiglio europeo tra le varie ed eventuali - Gli ambasciatori dei 27 dovrebbero finalizzeranno la bozza di conclusioni del Consiglio europeo di lunedì e martedì prossimi nella riunione di oggi del Coreper. Italia e Spagna hanno chiesto di discutere del tema dei migranti, dopo gli sbarchi a Lampedusa degli ultimi giorni e le 8 mila persone entrate a Ceuta lunedì e martedì. “Constatiamo delle difficoltà”, ammette un ambasciatore di un piccolo paese: “La situazione è molto seria” e ““sarà evocata da alcuni stati membri più colpiti”. Ma “resterà una discussione tra le varie e eventuali. Non è un punto formale all'ordine del giorno”, ci ha spiegato l'ambasciatore.

Il Parlamento europeo congela la ratifica dell'accordo con la Cina - Come vi avevamo anticipato ieri, il Parlamento europeo ha deciso di congelare la ratifica dell'accordo sugli investimenti tra l'Ue e la Cina, fino a quando Pechino manterrà le sanzioni contro deputati europei e nazionali. In una risoluzione approvata con 599 voti a favore, 30 contro e 58 astensioni, il Parlamento europeo ha condannato con la massima fermezza le sanzioni “immotivate e arbitrarie” imposte dalla Cina contro diversi individui ed entità europee, affermando che la mossa di Pechino rappresenta un attacco alle libertà fondamentali. I deputati non intendono discutere della ratifica dell'accordo sugli investimenti fino a quando le sanzione resteranno in vigore. “Il processo di ratifica non può essere visto al di fuori del più ampio contesto delle relazioni Ue-Cina”, ha detto il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis: “Il fatto che la Cina abbia adottato sanzioni di rappresaglia non è favorevole per lavorare alla ratifica dell'accordo”.

Multa a un cartello di banche, compresa UniCredit - La Commissione europea ha inflitto una multa a una serie di banche, tra cui l'italiana UniCredit, per aver partecipato a un cartello nel mercato primario e secondario delle obbligazioni sovrane europee. L'ammontare complessivo delle multe è di 371 milioni di euro. Il cartello era formato da sette banche attraverso un gruppo di trader che operavano con un circolo ristretto di fiducia, mantenendo i contatti attraverso le chat dei terminali Bloomberg, dove si scambiavano informazioni commerciali sensibili. I trader si informavano e aggiornavano reciprocamente sui prezzi e i volumi offerti in vista delle aste, sulle strategia in vista delle aste nel mercato primario o sui parametri adottati nel mercato secondario. Le condotte illegali sono avvenute tra il 2007 e il 2011 ed hanno avuto un impatto su tutta l'area economica europea. A Ubs è stata imposta una multa da 172,4 milioni di euro, a Nomura da 129,6 milioni, a UniCredit da 69,5 milioni. NatWest ha ricevuto piena immunità per aver svelato il cartello, mentre una multa da 4,9 milioni a Portogon (WestLB) è stata azzerata perché superiore al 10 per cento del fatturato totale. Bank of America e Natixis non sono state multate perché hanno lasciato il cartello più di cinque anni prima dell'inizio dell'inchiesta della Commissione.

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