Orbán rompe l'unità europea sul fronte dei vaccini

David Carretta

L'Ungheria rinuncia alle nuove dosi Pfizer ed esce dagli acquisti comuni dell'Ue per sviluppare un vaccino nazionale. Cina e Russia sentitamente ringraziano

L'Ungheria ha deciso di uscire dalla strategia dell'Unione europea sui vaccini, dopo che la Commissione europea ha annunciato di aver firmato il contratto con Pfizer-BioNTech per la fornitura di 1,8 miliardi di dosi per il 2022-23 e continua i negoziati con Moderna per garantirsi altre centinaia di milioni di vaccini. L'obiettivo dell'Ue è di garantire la vaccinazione a bambini e adolescenti, proteggersi dalle varianti e coprire le necessità dei richiami. Non solo. Il nuovo contratto con Pfizer-BioNTech, che servirà da modello anche gli altri futuri accordi, renderà più facile la condivisione e la donazione di dosi a paesi a basso e medio reddito. Ma il governo di Viktor Orbán ha scelto di andarsene. Dopo una riunione con i ministri della Sanità, la commissaria Stella Kyriakides ha confermato che “l'Ungheria ha chiesto di rinunciare” alle dosi di Pfizer-BioNTech: “Non sarà coperta dal contratto”. Nel frattempo, durante una conferenza stampa a Budapest, il capo-gabinetto di Orbán, Gergely Gulyás, annunciava l'uscita da tutti i futuri acquisti comuni dell'Ue. “L'Ungheria non vorrebbe prendere parte al prossimo capitolo del programma di acquisti di vaccini di Bruxelles”,  ha detto Gulyás: “L'Ungheria ha ammassato riserve sufficienti”. Secondo Gulyás, “se sarà necessaria la rivaccinazione, dovrebbe essere disponibile un vaccino ungherese”. Il governo ungherese ha investito nello sviluppo di un vaccino nazionale che dovrebbe essere prodotto in un nuovo stabilimento a Drebecen nella seconda metà del 2022. In ogni caso “ci sono un sacco di vaccini da fonti orientali a portata di mano”, ha detto Gulyás: “Auguriamo ogni successo a tutti coloro che partecipano al programma dell'Ue”.

 

Orbán si era già parzialmente dissociato dalla strategia dell'Ue sui vaccini, scegliendo di acquistare autonomamente i vaccini russo Sputnik V e cinese Sinopharm, malgrado il fatto che non siano stati autorizzati dall'Agenzia europea dei medicinali. Le regole dell'Ue lo consentono, attraverso la procedura di approvazione di emergenza delle autorità sanitarie nazionali. Il primo ministro ungherese è così riuscito a distanziare gli altri stati membri dell'Ue (con l'eccezione di Malta) in termini di percentuale della popolazione vaccinata. Orbán ha fatto spallucce sui dubbi sull'efficacia di Sinopharm. Alcuni suoi ministri hanno sostenuto che il vaccino cinese sia più efficace di quelli occidentali. Eppure l'Ungheria è ancora in testa alla classifica dell'Ue per numero di morti rispetto alla popolazione, con 133 decessi ogni milione di abitanti. Le azioni di sabotaggio di Orbán sono abituali. Un altro esempio è la cancellazione dal certificato vaccinale del nome del vaccino somministrato in Ungheria, che complica la gestione del Certificato verde digitale dell'Ue. Rispetto alla scelta di comprare Sputnik V e Sinopharm, l'uscita dagli acquisti comuni dell'Ue è un gesto politico molto più forte. L'unità dei 27 sui vaccini è definitivamente rotta. Le conseguenze per gli altri stati membri sono minime (alcuni paesi dovranno comprare le dosi che sarebbero state destinate pro quota all'Ungheria). Ma l'immagine dell'Ue nuovamente divisa, proprio nel momento in cui la sua campagna di vaccinazione sta accelerando e recuperando terreno rispetto a Stati Uniti e Regno Unito, farà il gioco di populisti e nazionalisti, oltre che di Cina e Russia a cui Orbán strizza l'occhio. Prima o poi qualcuno dovrà chiedere seriamente al primo ministro ungherese se vuole stare dentro o fuori l'Ue.

Di più su questi argomenti: