europa ore 7

Biden parla di Cina, l'Ue delle dosi di Kurz

I vaccini americani e le priorità di Biden. Tutti i numeri sulle dosi e sulle esportazioni. Le dosi di Anagni e quelle di Sputnik e le minacce del Parlamento europeo alla Commissione

David Carretta

Al vertice i leader hanno trascorso cinque ore a dibattere di divieti di esportazioni di vaccini e delle dosi che il cancelliere austriaco pretende di avere per compensare i suoi ordini sbagliati, ma si è trovato di fronte un muro di "no". All'incontro è intervenuto anche il presidente americano che ha chiesto all'Unione di unirsi alla "sfida epocale" tra democrazia e autocrazia. Ha evocato Russia e Turchia, ma ha parlato soprattutto di Pechino

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ieri ha chiesto all'Unione europea di fare fronte comune sulla Cina per la “sfida epocale” tra democrazia e autocrazia, dopo che i leader dei 27 hanno trascorso cinque ore a dibattere di divieti di esportazioni di vaccini e delle dosi che Sebastian Kurz pretende di avere come compensazione per il fatto che l'Austria ha sbagliato i suoi ordini. Nel suo intervento al Vertice in teleconferenza, Biden ha parlato anche di vaccini, sottolineando che l'America è pronta a lavorare insieme all'Europa, in particolare per garantire il buon funzionamento della catena di approvvigionamento. Non appena possibile gli Usa inizieranno a esportare le dosi, ma prima Biden vuole vaccinare gli americani. Con l'Europa la priorità è un'altra. Nel suo intervento ha evocato la Russia e la Turchia, ma ha parlato soprattutto di Cina. Il messaggio di Biden: la grande sfida epocale è sulla democrazia e lo stato di diritto e insieme Usa e Ue saranno più forti per far evolvere la Cina nella giusta direzione.

“L'America è tornata e siamo felici che sia tornata”, ha detto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che ha parlato di Covid-19, di vaccini, digitale e clima. Michel ha detto che “le tendenze autoritarie si sono trasformate in nuovi modelli” che “hanno violato e aggirato le regole, usando nuovi strumenti (disinformazione, cyber e minacce ibride) per attaccare le democrazie, sia dall'esterno sia dall'interno. Questi nuovi regimi minacciano la democrazia, i diritti umani e l'ordine basato sulle regole, almeno tanto quanto i regimi della Guerra fredda”. Per Michel, America e Europa devono “promuovere il modello democratico e l'economia del libero mercato (…). Facciamo squadra comune per costruire un mondo più giusto, più verde e più democratico”, ha detto Michel. Il grande interrogativo è se gli europei abbiano preso le misure della Cina di Xi Jinping.

Visto che si avvicina il weekend, ci permettiamo di consigliare un po' di letture sulla Cina. Le Monde questa settimana è stato particolarmente attento. Frédéric Lemaitre spiega che la Cina di Xi Jinping pensa di aver già vinto la partita contro una potenza americana in declino. Sylvie Kauffmann si è chiesta quale strategia seguirà l'Ue, che è poco abitutata a essere maltrattata, sulla Cina dopo la rappresaglia sulle sanzioni europee per le persecuzioni contro gli uiguri nello Xinjiang. Infine Alain Frachon racconta come i leader cinesi si sono convinti di poter dominare il mondo trasformando gli altri paesi in vassalli economici e tecnologici.

Di Cina i leader europei non hanno parlato. Nemmeno di Russia, declassata da discussione strategica a punto di informazione. I capi di stato e di governo hanno approvato una serie di conclusioni sulla Turchia offrendo una generosa “agenda positiva” a Recep Tayyip Erdogan: modernizzazione dell'unione doganale, scambi e mobilità, una visita di Charles Michel e Ursula von der Leyen e altri miliardi per i rifugiati siriani. Il dibattito sul mercato interno e il digitale si è chiuso rapidamente. Gran parte del tempo del Vertice è stato dedicato ai vaccini in un doppio scontro sul meccanismo di autorizzazione delle esportazioni e sul meccanismo di correzione della distribuzione interna delle dosi per i paesi che hanno scommesso soprattutto su AstraZeneca. E' il sintomo di un'isteria collettiva. Come spiega Paola Peduzzi sul Foglio, gli europei sono con i nervi a pezzi per i vaccini, Eppure servirebbe un po' di orgoglio: l'Ue ha rifornito mezzo mondo, mentre l'America e il Regno Unito pensavano solo a sé stessi. E alla fine il ritardo rispetto agli americani è di appena cinque settimane.

Sulle esportazioni le conclusioni del Vertice dicono che che è necessario “usare le autorizzazioni”. Da un alto Mario Draghi, Emmanuel Macron e Pedro Sanchez hanno chiesto di “mostrare i muscoli”, ci ha spiegato una fonte dell'Ue: “Non possiamo essere la sola potenza a esportare di fronte agli americani, i britannici e gli indiani che sono protezionisti”. Dall'altra Paesi Bassi, Belgio, Danimarca, Svezia e Irlanda hanno chiesto prudenza e vogliono che la Commissione consulti gli stati membri e le società farmaceutiche prima di decidere di vietare esportazioni. L'intesa è di bloccare l'export di AstraZeneca perché non rispetta gli impegni contrattuali. Per contro “non c'è benedizione per bloccare le esportazioni di Pfizer-BioNTech”, ci ha spiegato la fonte dell'Ue. L'altro problema è il Regno Unito. Il premier olandese, Mark Rutte, ha detto di essere ottimista in un “deal” tra la Commissione e il governo di Boris Johnson nei prossimi giorni.

Sui paesi che che hanno sbagliato gli ordini, è stato l'austriaco Kurz a condurre la carica, minacciando di bloccare le conclusioni del Vertice se non avesse ottenuto più dosi di Pfizer-BioNTech per compensare i tagli di AstraZeneca. Il tema ha assorbito almeno un'ora e mezzo di discussione. L'Austria e altri cinque paesi avevano rinunciato a una parte della loro quota pro rata dei vaccini più cari per puntare su AstraZeneca, ma ora rischiano di rimanere indietro nei tassi di vaccinazione. Kurz si è trovato di fronte a un muro di “no” da parte di Mario Draghi, Angela Merkel, Emmanuel Macron, Mette Frederiksen, Alexander De Croo e Mark Rutte. C'è disponibilità a aiutare gli altri paesi, ma non l'Austria. Le conclusioni rinviano il dossier agli ambasciatori dei 27 al Coreper, ma i leader hanno ribadito la validità dell'allocazione dei vaccini contestata da Kurz.

Infine le parole di Mario Draghi al Vertice. Il presidente del Consiglio è intervenuto più volte ieri. Sui vaccini ha sostenuto la necessità di non restare inermi  di fronte agli impegni non onorati  da alcune case farmaceutiche. “I cittadini europei hanno la sensazione di essere stati ingannati da alcune case farmaceutiche”, ha detto Draghi. Poi ha ripercorso la vicenda dei vaccini AstraZeneca ritrovati nello stabilimento di Anagni e ha chiesto a von der Leyen se ritiene giusto che le dosi di vaccini localizzate in Belgio e in Olanda restino destinate all’Ue. La presidente della Commissione avrebbe rassicurato che le dosi prodotte in Ue saranno destinate all'Ue. Infine, Draghi ha dato il suo “pieno sostegno” alla proposta di von der Leyen di rafforzare il meccanismo sulle esportazioni.

L'intervento più significativo di Draghi è stato sull'Eurosummit. "Dobbiamo disegnare una cornice per la politica fiscale che sia in grado di portarci fuori dalla crisi", ha detto il Presidente del Consiglio. Sul ruolo internazionale dell'euro, ha invitato a prendere esempio dagli Stati Uniti. "Negli Usa hanno un'unione dei mercati dei capitali, un'unione bancaria completa, e un safe asset", ha notato Draghi. Sul safe asset europeo "la strada è lunga, ma dobbiamo cominciare a incamminarci. È un obiettivo di lungo periodo, ma è importante avere un impegno politico", ha detto Draghi. I lavori si sono chiusi in anticipo. Oggi non ci sarà una seconda giornata di Vertice.

 


Buongiorno! Sono David Carretta e questa è Europa Ore 7 di venerdì 26 marzo, realizzato con Paola Peduzzi e Micol Flammini, grazie a una partnership con il Parlamento europeo.


 

Tutti i numeri sui vaccini nell'Ue - La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha presentato gli ultimi dati sui vaccini durante il vertice in teleconferenza dei leader. Finora sono stati distribuiti ai 27 paesi 88 milioni di dosi, di cui solo 62 milioni sono stati somministrati dagli stati membri. In altre parole 26 milioni di dosi sono ferme nei frigoriferi dell'Ue. In parte è dovuto all'aumento delle forniture delle società farmaceutiche. Ma a pesare è anche la sospensione per quasi una settimana delle somministrazioni del vaccino AstraZeneca da parte di 16 stati membri, dopo alcuni casi di trombosi in Germania. La Commissione stima che entro la fine di marzo, Pfizer-BioNTech avrà consegnato 66 milioni di dosi rispetto all'impegno di 65 milioni nel primo trimestre. Anche Moderna dovrebbe essere in linea con 10 milioni di dosi su 10 milioni. Per AstraZeneca il taglio delle forniture concordate è stato brutale: 30 milioni rispetto ai 120 milioni concordati. Ma in più, finora, AstraZeneca ha consegnato solo 18 milioni di dosi. Le stime della Commissione per il secondo trimestre indicano una forte accelerazione: 200 milioni di dosi da Pfizer-BioNTech, 35 milioni da Moderna, 70 milioni da AstraZeneca (ma l'impegno era di 180 milioni) e 55 milioni di Johnson&Johnson (che è monodose).

 

Tutti i numeri sui vaccini esportati dall'Ue - La Commissione ha presentato anche le cifre delle dosi prodotte nell'Ue e esportate in paesi terzi. Dal 1 di dicembre, le dosi esportate sono state 77 milioni (senza includere Covax) in 33 paesi, tra cui Israele, Regno Unito, Canada, Stati Uniti e perfino Cina. Secondo i dati raccolti dal 1 di febbraio, quando è entrato in vigore il meccanismo di controllo delle esportazioni, il Regno Unito è stato il principale beneficiario delle esportazioni dalle dosi prodotte nell'Ue con 11 milioni, seguito da Canada (6,6), Giappone (5,4), Messico (4,4), Arabia Saudita (1,5) Singapore (1,5), Cile (1,5) Hong Kong (1,3), Corea del Sud (1,0) e Australia (1,0). In gran parte si tratta di dosi prodotte da Pfizer-BioNTech. A spanne nell'Ue, tra vaccini consegnati agli stati membri e vaccini esportati, nell'Ue sono state prodotti oltre 160 milioni di dosi.

 

Tutti i numeri sulle dosi esportate nel Regno Unito - Boris Johnson dovrebbe ringraziare l'Ue per il successo della sua campagna di vaccinazione. Al 23 di marzo il Regno Unito aveva somministrato 31 milioni di dosi ai suoi cittadini. Di queste, 21 milioni sono state importate dall'Ue. Agli 11 milioni di dosi importate dall'1 febbraio, quando è entrato in vigore il meccanismo di controllo delle esportazioni dell'Ue, se ne aggiungono altri 10 milioni dall'1 dicembre al 28 febbraio. In gran parte si tratta di vaccini Pfizer-BioNTech. Prima dell'introduzione del meccanismo, solo un milione di dosi di AstraZeneca sono state esportate dall'Ue al Regno Unito. Dopo l'1 di febbraio, le esportazioni oltre Manica di AstraZeneca si sono interrotte.

 

Le dosi di Anagni e quelle di Sputnik – Ursula von der Leyen ha fatto un po' di chiarezza sui misteri delle dosi AstraZeneca di Anagni. “L'azienda ha spiegato che delle 29 milioni di dosi 13 erano per Covax e 16 per gli Stati membri”, ha detto la presidente della Commissione: “Le sostanze usate per fare i vaccini provenivano dalla Corea del Sud e dalla Cina e questo è il modo in cui si procede normalmente per le dosi destinate a Covax”. Sul Foglio Luciano Capone e Giovanni Rodriquez raccontano il giallo che non c'è ad Anagni, dove le dosi non erano affatto nascoste. Sempre sul Foglio Micol Flammini spiega perché l'altro giallo, quello di Sputnik V, in realtà non lo è: per produrre il vaccino russo serve tempo e non accelererebbe la strategia di vaccinazione dell'Ue.

 

Procedura d'urgenza per il passaporto vaccinale - Il Parlamento europeo ieri ha approvato la procedura di urgenza per adottare il regolamento relativo al certificato verde digitale, che dovrebbe facilitare la libera circolazione delle persone nell'Ue. L'obiettivo è facilitare l'introduzione entro l'estate. Il certificato dovrebbe contenere informazioni sulla vaccinazione contro il Covid-19, i risultati dei test e eventuali precedenti infezioni. La proposta di procedura d'urgenza è stata adottata con 468 voti favorevoli, 203 contrari e 16 astensioni. Nelle conclusioni del Vertice, i leader dei 27 hanno detto che “il lavoro tecnico e legislativo su certificati digitali interoperativi e non discriminatori sul Covid-19 (….) deve essere portato avanti come una questione urgente sulla base della proposta della Commissione”.

 

Il Parlamento minaccia causa alla Commissione sullo stato di diritto - Come vi avevamo anticipato qui, il Parlamento europeo minaccia di portare la Commissione davanti alla Corte di giustizia con un ricorso in carenza se non inizierà ad applicare fin da subito il regolamento sulla condizionalità dello stato di diritto. Nel mirino ci sono Polonia e Ungheria, che al Consiglio europeo di dicembre avevano preso in ostaggio il Recovery fund. Per evitare il veto, Ursula von der Leyen aveva garantito che il meccanismo che condiziona la concessioni di fondi Ue al rispetto dello stato di diritto non sarebbe stato applicato fino alla sentenza della Corte di giustizia dell'Ue su un ricorso presentato da Polonia e Ungheria. Il ricorso in carenza è previsto dall'articolo 265 del trattato contro le istituzioni che non compiono atti dovuti. Per il Parlamento europeo, la Commissione non deve aspettare di pubblicare linee guida e in ogni caso i deputati chiedono che siano adottate entro il primo giugno. In caso contrario il Parlamento europeo porterà la Commissione davanti ai giudici di Lussemburgo. La risoluzione è stata approvata con 529 voti a favore, 148 contrari e 10 astensioni.

 

La dozzina di paesi contro la riforma del trattato alla CoFoE - In vista dell'avvio dei lavori della Conferenza sul futuro dell'Europa (il brutto acronimo a cui abituarsi è CoFoE) dodici paesi hanno presentato un "non paper" (un documento non ufficiale) per dire un "no" preventivo alla riforma del Trattato. Il focus deve essere su "politiche reali" e "risultati specifici", dice il documento sottoscritto da Austria, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Malta, Paesi Bassi, Slovacchia e Svezia. "Il quadro legale dell'Ue offre il potenziale per permettere di affrontare le priorità in un modo efficace", dice il non paper, specificando in una nota che la Conferenza non ricade nell'ambito dell'articolo 48 del Trattato che stabilisce le procedure per la revisione ordinaria dello stesso trattato. Le priorità dei dodici sono lo stato di diritto, il clima, la ripresa economica, l'inclusione sociale, la gestione delle migrazioni, la sicurezza, il ruolo globale dell'Ue e la legittimità democratica delle istituzioni.

 

Nell'Ue il 5 per cento di cittadini extra Ue - All'1 gennaio 2020, 23 milioni di cittadini extra-europei vivevano in uno dei 27 stati membri, circa il 5 per cento dell'intera popolazione dell'Ue, secondo i dati pubblicati ieri da Eurostat. La percentuale di cittadini extra-Ue che risiedono in Italia è pari al 6 per cento della popolazione, un livello di poco inferiore a quello di Germania e Spagna (7 per cento) e analogo a quello della Francia (6 per cento). I cittadini con nazionalità Ue che vivono in un altro stato membro erano 13,5 milioni, pari al 3 per cento della popolazione complessiva dei 27. Per l'Italia la percentuale di cittadini Ue residenti è del 3 per cento. In termini relativi, il paese membro con il più alto tasso di cittadini non nazionali è il Lussemburgo con il 47 per cento della popolazione, di cui il 39 per cento di comunitari e 9 per cento di extra-Ue. Gli stati membri con una proporizione di cittadini non nazionali (tra Ue e extra-Ue) più alta del 10 per cento sono Malta, Cipro, Austria, Estonia, Lettonia, Irlanda, Germania, Belgio e Spagna. I paesi con la percentuale più bassa di non residenti sono Polonia e Romania con meno dell'1 per cento.

 

Il Covid-19 affonda il commercio dell'Ue - Nel 2020 il commercio dell'Ue è stato colpito duramente dalla pandemia di coronavirus, con un caduta rispetto al 2019 sia delle esportazioni (-9,4 per cento) sia delle importazioni (-11,6 per cento), secondo i dati pubblicati da Eurostat. L'Ue ha registrato un surplus commerciale di 217 miliardi di euro lo scorso anno, in crescita rispetto al 2019. L'Ue non registra un deficit commerciale dal 2011.

 


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- Commissione: il commissario Schmit incontra in videoconferenza i ministri del Lavoro e per il Sud, Orlando e Carfagna

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