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i nuovi equilibri

La nuova regola del medio oriente: contro l'Iran lo scudo è comune, ma la risposta è di Israele

Micol Flammini

Lo stato ebraico ha detto che non può non reagire all'aggressione del regime iraniano, ma vuole farlo senza rinunciare alla coalizione che può definire il futuro della sicurezza nella regione. Da Teheran fino a Gaza, come l'alleanza militare può diventare politica

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La regola che si sta fissando nella storia del medio oriente è: nella difesa si sta insieme, l’attacco, però, è una questione individuale. Quando Israele viene attaccato dall’Iran con più di trecento tra droni, missili balistici e da crociera, può contare sulla protezione di una coalizione che esiste già, anche se non ha un nome. Quando Israele decide di rispondere all’aggressione di Teheran, va da solo. Lo stato ebraico ha preso la  decisione di reagire, lo farà  da solo, ma non da isolato. Mentre  sceglie come attaccare l’Iran, assieme agli Stati Uniti parla di come consolidare una coalizione che si unisca per contenere tutti insieme la minaccia che Teheran rappresenta in medio oriente e per l’esistenza dello stato ebraico. Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha parlato con il suo omologo americano Lloyd Austin per confermargli la decisione di rispondere all’attacco iraniano. Ha detto che Israele non ha altra scelta. La risposta di Austin, secondo il resoconto pubblicato dal Pentagono, è stata: “Mentre gli Stati Uniti non cercheranno di aumentare la tensione, continueremo a intraprendere tutte le azioni necessarie per difendere Israele e il personale americano”. L’interesse di Gallant durante la telefonata, oltre a informare l’alleato sulle decisioni dello stato ebraico, era anche sull’opportunità di stabilire un’alleanza strategica per contrastare l’Iran e su questo Austin è al lavoro. Quando i due avevano parlato, il gabinetto di guerra di Israele doveva ancora riunirsi per la seconda volta in due giorni, la lista dei possibili bersagli doveva ancora essere completata e il segretario di stato americano Antony Blinken doveva ancora dire agli israeliani una frase che probabilmente farà la storia di questa guerra e del rapporto tra Stati Uniti e Israele.

 

Blinken ha detto: “Forza e saggezza dovrebbero essere due facce della stessa medaglia”. E’ proprio questo lo sforzo di Israele, pensare a una risposta all’Iran senza indebolire una coalizione che in medio oriente si occupi di rivoluzionare le relazioni e di contenere le minacce. La cooperazione militare esiste già, gli Stati Uniti hanno iniziato a costruirla una decina di anni fa, ci sono state false partenze e piccoli progressi e lo slancio è arrivato dopo gli Accordi di Abramo del 2020. Ma la richiesta adesso non è più soltanto militare, la coalizione di cui hanno parlato Gallant e Austin fa un passo ulteriore, più politico. Domenica la Giordania ha ammesso di aver partecipato all’abbattimento dell’attacco iraniano, oggi anche l’Arabia Saudita ha confermato di aver fornito informazioni di intelligence: non è la prima volta che Riad aiuta Israele contro i suoi nemici, ma questa volta ci ha tenuto a dirlo. L’idea di Gallant è che sia questa la base di relazioni e pressioni anche per risolvere il conflitto a Gaza. Hamas oggi ha fatto una controproposta definita “inverosimile”: ha detto di essere disposto a liberare venti ostaggi per sei settimane di cessate il fuoco, ha aumentato il numero di prigionieri che vuole vengano liberati dalle carceri israeliane, ha chiuso la porta al piano caldeggiato da americani, egiziani e qatarini.  

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Il gabinetto di guerra riunito oggi ha deciso di rispondere “con forza e chiarezza”, il messaggio deve essere che Israele “non permetterà che un attacco così vasto passi impunito”. Secondo Keshet 12, il canale israeliano che spesso ha notizie esclusive da ottime fonti, a spostare la decisione di Israele in favore di una risposta decisa sono state le parole del capo dei pasdaran Hossein Salami, che ha parlato di “una nuova equazione” in medio oriente, secondo la quale in futuro sarà l’Iran a rispondere agli attacchi di Tsahal, ovunque essi vengano fatti. L’Iran è venuto allo scoperto, teme Israele ma non si nasconde più: questa “nuova equazione” è pericolosa. Lo stato ebraico è interessato a mostrare tutte le fragilità di Teheran, a cominciare dalla mancanza di una buona difesa aerea. Secondo Keshet 12 il gabinetto di guerra non ha ignorato i timori dei suoi sostenitori, vuole evitare una risposta che  scateni un’altra guerra regionale e soprattutto non vuole alienare il sostegno della coalizione che l’ha difeso nella notte tra sabato e domenica, quando è parso chiaro che nessuno dei paesi che gli ha fatto da scudo poteva rinunciare allo stato ebraico come elemento stabilizzatore. Questo vuol dire che il coordinamento con i suoi alleati anche nella risposta a Teheran  ci sarà. Nel frattempo, l’opposizione all’interno dell’Iran continua a invitare Tsahal ad attaccare il regime, su alcuni canali telegram girava la foto di una scritta sul muro con la scritta: “Israele, attaccali, tu comincia, noi continueremo in strada”. 

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