editoriali

Il peso delle dittature nella Corte dell'Aia

Redazione

Esprimono più di un terzo dei giudici ed è un grosso problema. La Corte è emanazione dell’Onu, dove i regimi sono padroni

Di paradossi ce ne sono tanti alla Corte dell’Aia. Come che l’accusatore di Israele, il Sud Africa, abbia protetto uno dei pochi dittatori processati dalla “corte gemella” all’Aia, la Corte penale, Omar Bashir responsabile di decine di migliaia di morti. O che a difendere dall’accusa di genocidio coniata da un giurista ebreo (Raphael Lemkin) lo stato nato sulle ceneri della Shoah e che il 7 ottobre ha subito la peggior strage di ebrei dalla Shoah sia un sopravvissuto della Shoah, il giudice Aharon Barak.

 

Ma c’è un altro paradosso. Dei giudici della Corte di giustizia dell’Aia che decideranno dell’unica democrazia del medio oriente, quasi la metà sono rappresentanti di dittature e paesi non liberi, secondo la classifica di Freedom House. I quindici paesi attualmente rappresentati alla Corte sono Stati Uniti, Russia, Slovacchia, Francia, Marocco, Somalia, Cina, Uganda, India, Giamaica, Libano, Giappone, Germania, Australia e Brasile. In un mondo perfetto, i giudici baserebbero le loro decisioni solo sulla forza delle argomentazioni legali. In un mondo perfetto. Ma questo è ben lungi dall’essere un mondo perfetto e la Corte è emanazione dell’Onu, dove i regimi sono padroni. Nessuno a Washington, ad esempio, darà indicazioni al giudice Joan Donoghue su come votare. Né Canberra al giudice australiano; Berlino al giudice tedesco o Tokyo  al giurista giapponese. Ma lo stesso non vale in Somalia, Cina, Russia o Libano.

  

Qualcuno ha dubbi su come la giustizia libanese si pronuncerà su un caso contro Israele? Somalia, Cina, Brasile, Russia, Libano e Marocco, anche se ha aderito agli Accordi di Abramo, voteranno contro Gerusalemme. L’India vota raramente, se non mai, per Israele all’Onu. Poi ci sono Russia e Cina, che fanno parte del nuovo asse anti-occidentale. E fra i giudici di paesi democratici c’è il belga. Unico paese europeo i cui ministri nei giorni scorsi hanno sposato la linea sudafricana contro Israele. Per Israele c’è davvero da sperare che, anche in una Corte simile, avvenga un miracolo e prevalga la ragione.