Henry Kissinger nel 2015 (Steve Mack / Getty Images)

L'editoriale dell'elefantino

Kyiv nella Nato, perché no? Il “lodo Kissinger” potrebbe stabilizzare l'Ucraina

Giuliano Ferrara

Lineare e fattibile, a cent’anni il fenomeno mondiale del realismo politico cambia idea sull’ingresso nell’Alleanza atlantica di Zelensky, proponendo un serio progetto di pace

L’unico progetto serio di pace possibile in Europa sta emergendo come quello che chiameremo il “lodo Kissinger”. A cent’anni, il mostro o fenomeno mondiale del realismo politico ha cambiato idea sull’Ucraina nella Nato, e come riferisce Federico Rampini nel Corriere è intorno a questa prospettiva di inclusione di Kyiv nell’alleanza militare difensiva euroatlantica, prodotta del mutamento d’animo o di visione di un vecchio lungimirante e flessibile, che ruota il più serio, fin qui, progetto di congelamento del conflitto partorito in ambienti diplomatici internazionali e firmato o sostenuto potenzialmente dalla coalizione antiPutin. I dettagli sono importanti, la via è lastricata di ostacoli, i tempi insieme ravvicinati e incerti, ma la sostanza ha caratteristiche di semplicità e linearità. Putin deve ottenere un quantum di espansione territoriale per sopravvivere, deve poterla vendere in pubblico (è un venditore). Kyiv può cedere in parte su questo punto, ma nell’ambito di un cessate il fuoco provvisorio e di un disconoscimento strategico dell’assetto mutilato della regione e nazione di cui è espressione, come accadde per la Germania ovest nei confronti della Germania est, solo se l’Ucraina è confermata, e non a chiacchiere, come avamposto dell’occidente europeo la cui identità si sacralizza e consolida come quella della Polonia, dei paesi baltici compresa ora la Finlandia, diventando nella versione di Walter Russell Mead una grande enclave di tipo israeliano ai confini della Russia, una patria inattaccabile, amputata per adesso ma in piedi e pronta a riprendere ciò che è suo più in là nel tempo.

 

Travestibile da affermazione di un diritto imperiale minore, logistico, per la nomenclatura russa, questa soluzione a tempo, ma di peso e di sostanza, è una sconfitta strategica dei piani originari di Putin ed è resa possibile dall’epica della resistenza e dalla costruzione di una nuova identità non neutrale dell’Ucraina contro la dinamica dell’invasione. La riunificazione tedesca alla fine arrivò, la riconciliazione dell’integrità della patria ucraina arriverà, e sarà il portato di una nuova architettura di sicurezza in Europa prodotta appunto dal lodo Kissinger (Nato più partecipazione all’Unione europea). Ancora molte variabili sul campo resistono, e sussistono riassetti da definire nel girone infernale dell’economia globale e dei rapporti di potere internazionali tra est e ovest, tra nord e sud del mondo, scombussolati dalla scelta di guerra del Cremlino. Non si può escludere, nonostante la nebbia di guerra, che l’ipotesi sia fattibile, che scelte di leadership fondate sulla ricognizione del possibile possano condurvi i soggetti interessati, tra polemiche e incomprensioni e disillusioni, ma con una certa solidità d’approccio e un carico forse di speranza.

 

Kissinger crede che alla base di una leadership seria, capace di impegnare la storia e contribuire a farla, ci siano la deep literacy, la cultura umanistica, lo studio delle condizioni di fattibilità delle scelte decisive, il merito e anche standard aristocratici di verità e onore, lo studio della storia, tutte qualità che fanno delle classi dirigenti e dei leader, anche come caratteri personali, un bilanciamento delle qualità dello statista e del profeta. Nel suo ultimo libro citava la convinzione utopistica di Norman Angell, saggista britannico autore all’inizio del secolo de “La grande illusione”, un pamphlet che fece epoca ora ripubblicato e curato da Emma Giammattei e Amedeo Lepore per Rubbettino editore: nel 1910 Angell era sicuro che la crescente interdipendenza economica delle potenze europee avesse reso proibitivo il prezzo di una guerra e che “l’uomo si sta irreparabilmente allontanando dal conflitto e sta imboccando la strada della cooperazione”. Non è stato così, non è così, come dice la realtà storica prima del realismo di pensiero. Ma Kissinger sa anche che l’intuizione, il talento in senso perfino artistico, è una componente del circolo quadrato che è la decisione politica, e atti di leadership possono portare la pace possibile dove c’è la guerra che era giudicata impossibile, possono portare un tanto di utopia. E sulla scia di questa sapienza, con un pegno tremendo di morti ammazzati e di profughi alle spalle, e un equilibrio mondiale sconvolto, forse con il lodo Nato si può arrivare a una parziale e temporanea stabilizzazione, che non è portata dalle preghiere, dai paternoster, o non solo da quelli. 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.