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editoriali

In Israele fallisce la medizione di Herzog. Si va alla resa dei conti e alla spaccatura

Redazione

Il presidente Herzog ha presentato la sua proposta di compromesso per sostituire la radicale riforma della giustizia promossa dal governo. L'opposizione ha accolto la proposta. contrario il premier Netanyahu. Il paese è nell’impasse più totale

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Il presidente d’Israele Isaac Herzog ha presentato la sua proposta di compromesso per sostituire la radicale riforma della giustizia promossa dal governo Netanyahu. Ha invitato entrambe le parti a “non distruggere il paese”, ma piuttosto a cogliere l’opportunità di “un momento costituzionale formativo”. Herzog ha anche messo in guardia da “una guerra civile”.

I leader dell’opposizione, Yair Lapid e Benny Gantz, hanno accolto il piano di Herzog, respinto dal premier Benjamin Netanyahu. “Gli elementi centrali della proposta del presidente Herzog perpetuano semplicemente la situazione esistente e non portano il necessario equilibrio tra i rami, questa è la sfortunata verità”, ha detto Netanyahu in visita ieri a Berlino. Questa dovrebbe essere l’ora più bella di Assaf Sagiv, uno dei principali pensatori conservatori di Israele e ideologi della coalizione di governo. Dopotutto, un governo di destra potrebbe attuare ciò che Sagiv predica da anni. Ma è spaventato e non è il solo. Anche il Kohelet Policy Forum di destra invita alla cautela su una riforma che ha aiutato a scrivere e ispirare. 

 

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Israele è dunque nell’impasse più totale. Sembra di rivivere l’atmosfera degli Accordi di Oslo che spaccarono in due il paese. Yitzhak Rabin e il suo architetto di quegli accordi, Shimon Peres, cercarono di mettere in atto un cambiamento radicale, epocale, senza costruire consenso a loro sostegno. Oggi si ritiene acclarato che il “peccato originale” degli Accordi di Oslo fu quello di essere stati negoziati in gran segreto e poi, all’improvviso, adottati come una politica senza possibilità di ritorno. 

Si può essere favorevoli o contrari alle riforme giudiziarie proposte, ma non c’è dubbio che esse costituiscono un tentativo di cambiare la società israeliana e lo stato ebraico, creatura fragile e da irrigare in un ambiente ostile, ha bisogno di tutte le cure possibili per evitare una lacerazione a dir poco onerosa. Conflitti, disordini, slogan incendiari, paralisi del paese. Almeno per ora.

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