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L'Ue è a corto di idee sulle politiche migratorie. A rimetterci saranno le ong

David Carretta

Nell’Unione europea solo la Germania difende le navi di soccorso delle organizzazioni non governative, ma sempre meno

Bruxelles. Quando i ministri dell’Interno dell’Unione europea si siederanno domani attorno al tavolo del Consiglio, ci sarà un breve momento di cordoglio per le vittime del naufragio di Crotone e poi tutto continuerà come prima. L’Ue è a corto di idee sulle politiche migratorie, paralizzata dalle divisioni tra i ventisette stati membri su come affrontare il fenomeno al suo interno. Il nuovo mantra è la dimensione esterna: collaborazione o sanzioni con i paesi di origine e transito, rimpatri, lotta ai trafficanti. Sono tutte ricette già provate dalla crisi del 2015-16 senza risultati significativi. Alla ricerca di una bacchetta magica per realizzare l’Europa fortezza, a rimetterci potrebbero essere le navi di soccorso delle organizzazioni non governative.

 

Lentamente sta cedendo il fronte di paesi che considera che le navi delle ong debbano essere lasciate libere di salvare migranti in mare. Secondo diverse fonti, “al centro dei lavori” dei ministri domani ci sarà “il punto della situazione per rafforzare il coordinamento europeo nella gestione della ricerca e del soccorso anche in riferimento alle operazioni condotte dai privati”. Tradotto: meno libertà per le navi delle ong. La richiesta di una stretta sulle navi delle ong non è solo dell’Italia. Sabato a Malta, i ministri dell’Interno del gruppo dei Med5 (Spagna, Grecia e Cipro, oltre a Italia e Malta) hanno firmato un documento in cui dicono che “le operazioni di ricerca e soccorso ricadono sotto la competenza esclusiva degli stati  membri” e che occorre agire con urgenza contro “attività marittime illecite”. Gli “operatori privati” delle ong vengono accusati di “facilitare le reti di trafficanti” attraverso “il loro modus operandi. Nonostante le  critiche di alcune organizzazioni internazionali (dal Consiglio d’Europa all’Onu), la Commissione ha rifiutato di criticare il decreto del governo per limitare le attività delle ong. Le discussioni vanno “un po’ nella direzione italiana”, spiega un diplomatico europeo. 

   

Tra i ventisette soltanto la Germania continua a difendere le navi umanitarie. Ma anche dentro la coalizione di Olaf Scholz iniziano a esserci crepe, con il ministro dei Trasporti, il liberale Volker Wissing, favorevole a regole e limitazioni per le ong. Un accordo sulle navi umanitarie al Consiglio affari interni di domani è impossibile, perché le discussioni interne al governo a Berlino non  sono ancora concluse. Ma la benedizione dell’Ue a un codice di condotta sarebbe un successo per il governo di Giorgia Meloni. E l’esito paradossale della tragedia di Crotone, che ha evidenziato la carenza delle capacità di ricerca e soccorso in mare.

  

Che l’Ue sia a corto di idee su come gestire le politiche migratorie lo dimostra anche la risposta della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, alla lettera del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, piena di slogan su politiche già testate in passato, ma che non hanno portato risultati. “Viene ribadita la necessità di raddoppiare gli sforzi sul (nuovo) Patto sulle migrazioni e allo stesso tempo di agire ora, con misure operative mirate”, ha spiegato una portavoce della Commissione. I pilastri della risposta “vanno dalla protezione internazionale ai rimpatri, la lotta alla rete dei trafficanti, all’offerta di corridoio per le migrazioni legali”. Nel testo della lettera – che il Foglio ha potuto visionare – von der Leyen insiste soprattutto sulla cooperazione e i finanziamenti a Tunisia, Egitto e Libia per limitare le partenze. Per il resto, secondo la presidente della Commissione, serve un approccio “olistico”. Il che significa tutto e niente.

   

Al Consiglio affari interni l’Italia sarà nuovamente sotto pressione perché ha smesso di applicare le regole di Dublino sulle richieste di riprendere i “dublinanti”. Il ministro Matteo Piantedosi sarà assente, sostituito dal sottosegretario Nicola Molteni, ma i negoziati sul nuovo Patto su migrazione e asilo sono sempre in stallo. Nel documento di sabato, i Med5 rifiutano una delle principali misure proposte dalla Commissione sulla responsabilità: l’applicazione rigorosa della cosiddetta “procedura di frontiera”. Si tratta di un sistema di campi chiusi, ispirato da quanto viene fatto dal 2016 nelle isole greche, dove tenere i migranti in attesa dell’asilo o del rimpatrio. I paesi dell’est non sono disponibili a concessioni sulla solidarietà obbligatoria, in particolare il ricollocamento di richiedenti asilo. Anche la promozione di vie legali è contestata. Secondo diverse fonti, se i governi non arriveranno a un’intesa tra loro entro luglio per avviare le trattative con il Parlamento europeo, sarà troppo tardi per approvare il Patto su migrazione e asilo entro la fine della legislatura. 

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