la proposta di xi

La pace pro Putin della Cina

Giulia Pompili

Pechino potrebbe mandare droni alla Russia ma si professa neutrale. Qualcuno ci casca

L’azienda cinese di droni Xi’an Bingo Intelligent Aviation Technology sarebbe in trattative con il ministero della Difesa russo per la consegna, entro il mese di aprile, di un centinaio di prototipi di velivoli a guida autonoma alla Russia. La notizia è stata riportata dallo Spiegel, che ha consultato i documenti delle trattative. Si tratterebbe della fornitura di droni  ZT-180, che secondo gli analisti militari “sarebbero capaci di trasportare bombe da 35 a 50 chili”. Una settimana fa, dopo aver incontrato il capo della diplomazia cinese Wang Yi, il segretario di stato americano Antony Blinken aveva detto che Pechino “stava considerando di rifornire la Russia con armamenti offensivi”, e che quel tipo di sostegno avrebbe avuto “delle serie conseguenze anche nelle relazioni” tra America e Cina.


La notizia delle trattative da parte dell’azienda di droni di Xi’an, se fosse confermata, smentirebbe (ancora una volta) le accuse da parte dei funzionari di Pechino all’America di fare “disinformazione” e di “gettare benzina sul fuoco” sulla guerra in Ucraina. Ma smentirebbe soprattutto la finta “neutralità” della Cina nel conflitto in Ucraina – come se non fosse già sufficientemente chiaro dal tentativo di pubblicare un documento con “la sua posizione sulla soluzione politica della crisi ucraina”, per usare le esatte parole di Wang Yi a Monaco, riassunte poi in un “piano di pace” dai media internazionali, anche cinesi. Oggi la leadership di Pechino ha pubblicato in realtà quello che poi è stato trasformato in un “position paper”: dodici punti per “la pace nel mondo” dove si trova tutta la retorica e le espressioni chiave della Cina sin dalle prime fasi dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia. Nessuna nuova posizione di Pechino, insomma: al primo punto si fa un riferimento generico all’adesione alla Carta dell’Onu, al secondo punto si accusa “la mentalità da Guerra fredda” che deve essere abbandonata. Tutte le espressioni – comprese quelle contro l’uso del nucleare, l’integrità territoriale e lo sblocco dei corridoi del grano – sono un messaggio ai paesi in via di sviluppo su cui Pechino ha investito moltissimo in termini economici e diplomatici nell’ultimo decennio. Il passaggio contro le “sanzioni unilaterali” è contraddittorio, visto che Pechino usa molto frequentemente lo stesso strumento coercitivo con i paesi che urtano la sua sensibilità politica (per esempio la Lituania). L’unico punto che riguarda davvero la guerra (mai definita tale, secondo la propaganda russa che la Cina condivide) è quello in cui si domanda “alle parti” un cessate il fuoco – quello che, dal punto di vista degli analisti militari occidentali, potrebbe essere l’occasione per Putin di ricompattare l’esercito e rifornirsi di armamenti.  

 

Il problema della relazione tra la Cina e la Russia non riguarda soltanto le dichiarazioni ufficiali, la diplomazia davanti alle telecamere, ma anche quella sotterranea, le trattative invisibili e le possibili triangolazioni. Gli incontri tra Wang Yi, il suo omologo Sergei Lavrov e il presidente Vladimir Putin a Mosca sono stati amplificati dalla propaganda mediatica cinese, che nulla ha detto invece del breve incontro a Monaco tra Wang e il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. Nell’ultimo anno, nessun rappresentante della leadership cinese ha mai avuto colloqui ufficiali con membri del governo ucraino, e l’ha ricordato oggi pure il presidente Volodymyr Zelensky, che poi ha aggiunto: “Voglio credere che la Cina non fornirà armi alla Russia. Sto facendo del mio meglio per evitare che ciò accada”. L’Ucraina e l’alleanza occidentale stanno  lavorando per convincere Pechino non solo a non sostenere il Cremlino, ma a fare pressioni su Putin. Eppure finora il sostegno c’è stato, e non solo ideologico, anche materiale. Al di là della linea di credito garantita dall’acquisto cinese di petrolio e gas russi, a fine gennaio l’America ha messo sotto sanzioni un piccolo produttore di satelliti cinese, il Changsha Tianyi Space Science and Technology Research Institute, per aver presumibilmente fornito al gruppo russo Wagner immagini satellitari radar dell’Ucraina a sostegno delle sue operazioni di combattimento. Adesso l’approccio dell’azienda cinese di droni Xi’an, che secondo il sito istituzionale è legata alla Northwestern Polytechnical University, ateneo definito dal think tank Aspi “ad altissimo rischio a causa delle sue credenziali di segretezza top secret, dell’altissimo numero di laboratori e aree di ricerca sulla Difesa, del coinvolgimento in esportazioni illegali e della supervisione del ministero dell’Industria di Pechino”. 

 

La propaganda cinese del possibile ruolo di Pechino positivo per la risoluzione del conflitto funziona poco nei paesi del sud del mondo, e lo dimostra il voto alle Nazioni Unite di oggi pressoché identico ai precedenti. Funziona invece molto bene in occidente, dove in molti aspettavano il “piano di pace” cinese come la soluzione  al conflitto alternativa a quella della Nato e dell’America. Mercoledì scorso, alla festa d’inaugurazione del nuovo ambasciatore cinese in Italia Jia Guide, Villa Miani a Roma era piena di rappresentanti istituzionali: il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio, la ministra per le Pari opportunità Eugenia Roccella, il viceministro degli Esteri Giorgio Silli, e poi il fondatore del movimento Cinque stelle Beppe Grillo, con i movimentisti più vicini alla causa cinese, e l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi. Durante il suo discorso, l’ambasciatore ha magnificato i rapporti Italia-Cina e ha detto che la Cina “dà il buon esempio nella comunità internazionale”. Non ha mai menzionato, neanche per sbaglio, la guerra in Ucraina. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.