(foto EPA)

i leopard in gabbia

La titubanza di Scholz fa male a Kyiv, all'Ue e all'industria tedesca

David Carretta

I tre atti della “tragicommedia” sui carri armati per l’Ucraina. La decisione imminente e i costi che si alzano. Mentre gli alleati sono costretti ad aggirare i veti

Bruxelles. La Germania si trova sempre più isolata dentro la coalizione che sostiene l’Ucraina nella guerra di aggressione della Russia, dopo che il governo di Olaf Scholz si è impantanato nella tragicommedia dei carri armati da combattimento Leopard 2 a Kyiv. “Non c’è decisione”, “non ci opporremo per gli altri”, “decideremo presto”, “non abbiamo preso una decisione”: in appena quattro giorni – dalla riunione del gruppo di contatto a Ramstein venerdì al Consiglio Affari esteri dell’Unione europea ieri – ministri e portavoce di Berlino hanno cambiato un’infinità di posizioni sui Leopard, regalando al Cremlino un’occasione insperata di strumentalizzare le divisioni dentro la Nato. A rimetterci è l’Ucraina, ma Scholz sta infliggendo un duro colpo anche alla credibilità dell’Ue e dell’industria militare tedesca.

 

La tragicommedia dei Leopard – come l’ha definita il viceministro  degli Esteri ucraino, Andriy Melnyk – ha avuto inizio venerdì a Ramstein, durante una riunione chiave del Gruppo di contatto a difesa dell’Ucraina. Gli alleati dovevano decidere quali e quanti armi fornire a Kyiv: l’esercito ucraino ha bisogno urgente di almeno 100 carri armati da combattimento. Diversi paesi europei hanno offerto i Leopard di fabbricazione tedesca, che sono agili, efficaci e facili da far arrivare al fronte. Ma il nuovo ministro della Difesa, Boris Pistorius, è uscito dall’incontro per dire che la Germania non aveva preso una decisione, legando le mani anche a Polonia, Finlandia e baltici che hanno bisogno dell’autorizzazione della Germania per riesportare i Leopard verso l’Ucraina. A seguito delle molte critiche al governo tedesco  – compresa una fuga di notizie su un diverbio tra il capo del Pentagono, Llyod Austin e il capo della cancelleria, Wolfgang Schmidt  – domenica c’è stato il secondo episodio della tragicommedia. A Parigi con Scholz per i 60 anni del Trattato dell’Eliseo, il ministro degli Esteri, Annalena Baerbock, ha spiegato che la Germania non si opporrà alla richiesta di altri paesi di consegnare i Leopard. Una svolta? Quasi in contemporanea Pistorius ha definito la Germania “nazione Leopard”, aggiungendo che il governo avrebbe deciso “presto”. Ma nella notte tutto è tornato al punto di partenza nel terzo episodio della tragicommedia. Il premier polacco, Mateusz Morawiecki, ha annunciato che avrebbe chiesto l’autorizzazione  a Berlino. Ma il portavoce di Scholz, Steffen Hebestreit, ha smentito la versione di domenica di Baerbock. “Non c’è ancora una decisione”, ha detto Hebestreit: una richiesta seguirà “la procedura standard” davanti al Consiglio di sicurezza federale. Tradotto: la decisione spetta a Scholz, non ai suoi ministri verdi. Eppure ieri sera, l’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell, ha annunciato che “la Germania non blocca altri paesi che vogliono esportare i carri armati Leopard”.

 

Quasi tutti gli alleati si aspettano che presto o tardi la Germania liberi i Leopard. Borrell non ha escluso che l’Ue possa finanziarli con la nuova tranche della Peace Facility da 500 milioni approvata ieri dal Consiglio affari esteri. Lo stesso Scholz, domenica, ha spiegato che non è la prima volta dall’inizio della guerra che ci mette tempo per decisioni sulle armi. Artiglieria pesante, sistemi di difesa aerea Iris-T e Patriot, blindati leggeri Marder: ogni volta ci sono voluti mesi di laceranti dibattiti interni e forti pressioni esterne per convincere il cancelliere. Ma questa volta le esitazioni di Scholz appaiono più gravi agli alleati, convinti che l’unico modo per porre fine alla guerra sia una vittoria dell’Ucraina. Sul fronte attorno a Bakhmut la Russia avanza. Mosca sta riorganizzando il suo esercito per la nuova offensiva. Senza carri armati da combattimento l’Ucraina è esposta al logoramento militare e psicologico e non è nelle condizioni di lanciare nuove controffensive. Il costo del ritardo è elevato in termini di vite umane per l’Ucraina, ma il ritardo ha un costo politico anche per gli occidentali e l’Ue. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha constatato che “il nervosismo tra i membri dell’alleanza sta crescendo costantemente” e ha minacciato conseguenze per chi fornirà i Leopard.

 

Il rifiuto di Scholz contraddice i tre leader dell’Ue, Ursula von der Leyen, Charles Michel e Josep Borrell, che hanno detto pubblicamente di essere favorevoli ai Leopard. La giustificazione del cancelliere (concertarsi con gli alleati e ottenere dagli Stati Uniti che forniscano carri armati Abrams) mina le ambizioni dell’Ue di essere un attore geopolitico autonomo. I ministri degli Esteri di Estonia, Lettonia e Lituania hanno ricordato “la responsabilità particolare” della Germania in quanto “prima potenza europea”. Morawiecki ha minacciato di mettere in piedi una “una piccola coalizione” di volenterosi per consegnare i Leopard senza autorizzazione. I danni dell’indecisione di Scholz potrebbero estendersi alla Germania. L’industria militare tedesca dovrebbe giocare un ruolo di primo piano nel riarmo occidentale conseguente alla guerra della Russia. Ma Polonia, Finlandia e baltici ci penseranno due volte prima di comprare Leopard e altre armi tedesche. “Se i partner dell’Ue e della Nato sono a rischio di veto da parte della Germania, si rivolgeranno altrove”, ha spiegato François Heisbourg dell’International institute for strategic studies.

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