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Editoriali

L’Isis cambia leader: annunciata la morte di Abu Hassan

Redazione

Secondo il portavoce dello Stato islamico, l'uomo che i turchi dicevano di aver catturato lo scorso maggio sarebbe morto. Il successore è Abu al Husayn al Husayni al Qurashi 

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Il portavoce dello Stato islamico ha annunciato su Telegram la morte di Abu al Hassan al Hashemi al Quraishi, che era diventato il leader del gruppo terroristico a marzo, dopo che un raid statunitense in Siria aveva ucciso il suo predecessore, Abu Ibrahim al Hashimi al Quraishi, che a sua volta aveva preso il posto del celebre Abu Bakr al Baghdadi, anche lui ucciso dalle forze americane, nell’ottobre del 2019. Già questa piccola ricostruzione — cui si aggiunge il nome del nuovo leader Abu al Husayn al Husayni al Qurashi — basta a comprendere che la leadership del gruppo che ha terrorizzato la Siria, l’Iraq e alcune città occidentali (domani si apre il processo a dieci jihadisti accusati di aver fatto gli attentati a Bruxelles del 2016, 32 morti) è molto instabile: perché è un gruppo braccato, anche se fuori dal suo terreno principale, in Afghanistan, colpisce con forza. È contro i talebani, ma ammazza gli afghani, soprattutto i bambini.

La stessa morte annunciata oggi apre altri interrogativi: l’ultima volta che ne avevamo sentito parlare è stato quando i turchi hanno annunciato di averlo arrestato. Era la fine di maggio, i procuratori hanno poi raccontato ai media di averlo interrogato e che Abu al Hassan aveva detto di essere stato scelto come leader dello Stato islamico contro la sua stessa volontà. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, non ha mai parlato della cattura né se n’è vantato, cosa un pochino strana. Era una notizia falsa? Una tesi sostiene che oggi lo Stato islamico, per riabilitare quel leader catturato e piagnucolone, dice mentendo che in realtà Abu al Hassan è morto in battaglia, nobilitando una fine ben più mesta. Altri esperti invece sostengono che allora i turchi non avessero arrestato il leader dello Stato islamico e che Abu al Hassan è morto combattendo (anche se di battaglie ce ne sono invero pochine) e che è già stato scelto il suo successore. In entrambi i casi, la fragilità della catena di comando dello Stato islamico è confermata. 

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