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nel midwest americano

L’aria di pareggio in Wisconsin mostra le ansie della middle class

Luciana Grosso

L'inflazione è il fattore principale su cui si giocheranno le preferenze sul voto nello stato ed è quindi prevedibile che l'amministrazione Biden sarà punita; ma attenzione a considerare queste elezioni come un grande test per un Trump bis nel 2024 

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Milwaukee. Il Wisconsin, stato rurale e manifatturiero del midwest americano, dopo anni di sostanziale fede democratica, nel 2016 sorprese tutti e votò per Donald Trump. Fu uno degli choc più importanti di quella nottata elettorale, e consegnò al Wisconsin l’etichetta di swing state. Così anche quest’anno buona parte dei destini dell’Amministrazione americana passa dalle strada ventose e ampie di Milwaukee e dai suoi dintorni, fatti di campi, di allevamenti e di fabbriche in buona parte abbandonate e chiuse. 
Gli elettori del Wisconsin dovranno scegliere il loro rappresentante al Senato e il loro governatore. Al Senato si presentano l’uscente Ron Johnson, repubblicano tendenza Trump, e Mandela Barnes, giovane, nero, popolare, partito benissimo nei sondaggi anche se poi il suo consenso è stato eroso dalla campagna dei repubblicani che lo accusano di voler togliere i fondi alla polizia.

 

La corsa per diventare governatore è tra l’uscente democratico Tony Evers e il supertrumpiano Tim Michels. In entrambi i casi le sfide appaiono i perfetta parità – tendenza repubblicani. “Quando parliamo del Wisconsin dobbiamo pensare che non è uno stato diverso dagli altri, ma per la sua conformazione economica, storica e demografica tende a un equilibrio quasi perfetto, con le città come Milwaukee e Madison che votano per i democratici e le periferie che invece preferiscono i repubblicani. Per questo è quasi impossibile prevedere come finirà il voto. I sondaggi, anche nei casi dei candidati più forti, raramente sono netti”, dice al Foglio Tuttle, direttore della “Renewing America Initiative” del Council of Foreign Relation. Il suo lavoro consiste nello studiare le ragioni che muovono gli elettori americani e che li fanno spostare da un partito all’altro, da un leader all’altro. “Il Wisconsin ha una base economica agricola e manifatturiera, due settori che per evidenti ragioni sono stati molto colpite dal rincaro dei prezzi, soprattutto di quelli del carburante. Il fatto che le cose costino di più, per chi le produce e per chi le compra, è una cosa che si vede, si tocca, è impossibile che qualcuno non se ne sia accorto. Per questo, quando parliamo di queste elezioni in Wisconsin, occorre tenere molto ben presente un punto: l’inflazione. Sarà quello, più di altri, il tema sul quale si deciderà il voto”.

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I dati sui rincari in Wisconsin sono significativi: l’Nbc riporta che “i prezzi dei generi alimentari nel midwest sono aumentati del 12,7 per cento nell’ultimo anno, più della media nazionale, ferma all’11, e che ai banchi alimentari, come Feed My People, il numero di assistiti è raddoppiato”. Ma se davvero l’inflazione è il problema che più di tutti muove gli elettori, è prevedibile pensare che l’amministrazione Biden sarà punita. “La faccenda inflazione ha messo in secondo piano tutti gli altri temi, che pure ci sono”, dice Tuttle riferendosi alle altre cose che stanno a cuore agli abitanti del Wisconsin, come la criminalità, l’aborto (in caso di vittoria del candidato governatore repubblicano, Tim Michels, potrebbe essere ripristinata una legge del 1849, che lo vieta in ogni circostanza) o la tenuta democratica del paese (il Wisconsin è lo stato dell’attacco suprematista di Kenosha, nell’agosto del 2020).

 

“Non mi sento di fare previsioni, davvero la corsa è molto ravvicinata, ma mi sento di mettere in guardia chi leggerà questi voti dopo martedì: se, come è possibile, a vincere questa tornata elettorale, sia nello stato sia a livello federale, dovessero essere i repubblicani, il mio consiglio è di non considerare questo risultato come una rivincita, o addirittura una vittoria di Trump. Se da queste elezioni dovesse uscire un voto favorevole ai repubblicani, non sarebbe una loro vittoria, ma una sconfitta di Biden e dei democratici. Tra votare repubblicano e non votare democratico c’è una bella differenza. Le cose non vanno confuse”. 
Eppure la tentazione di considerare queste elezioni una specie di prova generale per le prossime presidenziali c’è. Non solo perché gira con insistenza la voce che nel giro di pochi giorni Trump potrebbe annunciare la sua corsa per il 2024, ma perché buona parte dei candidati repubblicani a queste elezioni è di solida fede trumpiana.

 

“Comprendo la tentazione di considerare questo voto come un gigantesco test su Trump, ma non credo lo sia per due ragioni. Una locale: storicamente il Wisconsin, almeno alle presidenziali, tende a preferire i candidati democratici. Negli ultimi decenni gli unici repubblicani che sono stati votati qui sono stati Ronald Reagan e Trump, per altro soltanto nel 2016. Allo stesso tempo, però, alle elezioni locali il Wisconsin tende a preferire i candidati repubblicani. Quindi, anche se queste elezioni dovessero andare bene per i repubblicani, non è detto che nel 2024 la cosa si ripeterebbe. La seconda ragione è nazionale: la mia impressione è che Trump si stia comportando come se avesse la nomination in tasca, ma non è così. Ron DeSantis, il governatore della Florida, è un candidato molto forte. Inoltre ci sono molti repubblicani non trumpiani che negli ultimi tempi sono usciti dal partito ma che potrebbero tornare per impedirgli di vincere le primarie. Insomma, anche se queste elezioni dovessero andare molto bene per Trump, il 2024 è ancora lontano”.

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