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l'intervista

L’affidabilità dell’Italia per la Nato non si discute. Parla Politi

Marco Cecchini

Il direttore della Defense College Foundation dell’Alleanza atlantica e grande esperto di questioni geopolitiche, separa le faccende di politica interna italiana da quelle di politica estera gettando un po’ di acqua fredda sul fuoco delle polemiche

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“L’Italia è un paese guida per il gruppo di combattimento in Bulgaria, partecipa a tutte le attività dell’Alleanza riguardo alla dissuasione dell’aggressione russa in Ucraina. Ha dimostrato nel tempo la sua posizione in Afghanistan, in Iraq e in Libia con governi di diverso tipo. Lo stesso Trattato di Pratica di Mare del 2002 è il frutto di una precisa posizione atlantica. Da questo punto di vista la corrispondenza di un parlamentare italiano (Silvio Berlusconi, ndr) con un esponente politico straniero non rileva”. Le esternazioni del leader di Forza Italia di questi giorni agitano alcuni media stranieri come il Financial Times e terremotano il sistema politico nazionale ma non turbano la Nato. In questa intervista Alessando Politi, direttore della Defense College Foundation dell’Alleanza atlantica e grande esperto di questioni geopolitiche, separa le faccende di politica interna italiana da quelle di politica estera gettando un po’ di acqua fredda sul fuoco delle polemiche. 

   
Nello stesso tempo volge lo sguardo a cosa si muove nel teatro ucraino e al quadro di rischi opportunità che evidenzia. Stanno maturando le condizioni per un negoziato? “La Federazione Russa ha iniziato questa guerra sventurata sul presupposto di una vittoria favorita dalla passività della popolazione che non c’è stata e ciò ha portato a una sconfitta strategica già nel primo mese, un dato che non è cambiato. Putin può ancora logorare l’avversario sulla difensiva, ma i suoi spazi politici sono limitati perché questa guerra non conviene realmente a nessuno, specie alle galassie economico finanziarie che delle questioni di ‘Blut und Boden’, sangue e suolo, non sanno che farsene”, dice Politi. 

    
Dunque Zelensky potrebbe e dovrebbe cogliere questa finestra di opportunità? “Quando si passano decreti draconiani (Zelensky ha proibito per decreto l’avvio di negoziati ndr), significa che si previene la tentazione di una trattativa vista come umiliante. E’ una delle dinamiche più pericolose in guerra; ridurre tutto all’abbattimento dell’avversario mentre la disfatta del nemico ha spesso portato alla rovina strategica. Del resto, le ultime posizioni negoziali ucraine erano molto ragionevoli e la storia – Algeria, Vietnam, Iran-Iraq, Irlanda del Nord, ecc. – dimostra che nemmeno le stragi precludono una trattativa dura, ma concreta. L’essenziale che va considerato è il futuro del dopoguerra. L’Ucraina, come la stragrande maggioranza dei paesi in Europa, Russia inclusa, è al collasso demografico (deficit demografico 2021 di –442 mila cittadini), aggravabile del 32 per cento circa con le perdite belliche. Quanto vale una vittoria militare, se si è sacrificato il fiore della propria gioventù? Con chi si ripopolano le terre riconquistate?  In questo futuro rientra anche la ricostruzione economica. Tutti danno per scontato che avverrà, ma con la prossima crisi globale, che continua quella del 2006-2008, ridurrà le risorse disponibili”. 

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E poi c’è il rischio nucleare, quanto è concreto? “Da un punto di vista obbiettivo non esiste nessun interesse vitale russo che giustifichi un’atomica tattica per la stragrande maggioranza dei territori occupati, tranne forse la Crimea per le basi militari – spiega il direttore della Nato Defense College Foundation –. Anche la neutralità dell’Ucraina è un obbiettivo che si raggiunge in modo molto più efficace per via negoziale. La figura del ‘dittatore pazzo’ è francamente discutibile, visto che i dittatori capiscono benissimo i rapporti di forza e la deterrenza”.

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A quando il successore di Jens Stoltenberg al vertice Nato? “A giugno prossimo i giochi saranno già fatti, quindi dobbiamo scegliere un candidato forte adesso. In un’ottica solo nazionale, un candidato italiano è ovvio. Guardando al contesto di questa grande Alleanza, i requisiti sono: un grande paese, dell’Unione europea e con una visione realmente a 360 gradi (cioè, lo scacchiere afro-indiano non è un optional). Che sia donna o uomo è subordinato alle sue concrete capacità”.

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