Robert Habeck (Getty Images)

in germania

Così Habeck ha imparato l'arte del compromesso (nucleare) 

Daniel Mosseri

Il vicecancelliere dei Verdi fa taglia e cuci per garantire la sopravvivenza energetica della Germania. La gaffe coi panettieri 

Berlino. Mai un ripensamento. Alle elezioni dell’autunno 2021, Annalena Baerbock non fece benissimo come candidata cancelliera dei Verdi. I Grünen chiusero la tornata elettorale con un solido 14,8 per cento, diventando il terzo partito tedesco: un buon risultato ma molto al di sotto del 20,5 per cento che avevano ottenuto due anni prima alle elezioni europee. I Verdi gioirono lo stesso anche se al partito restò un po’ di amaro in bocca. Eppure Robert Habeck non si è mai lamentato con Annalena, che pure durante la campagna elettorale inciampò in un paio di papere.

  

Ma recriminare non è nello stile del leader ecologista, e poi alla fine era stato lui a fare un passo indietro e insistere affinché fosse lei a correre per la guida del governo nella prime legislative del dopo Merkel. Il partito amava entrambi, anche se lui infondeva più sicurezza, forse per l’età lievemente superiore, Robert è nato nel 1969, Annalena nel 1980. O forse perché alle spalle lui aveva una doppia esperienza di ministro – dell’Energia e dell’Ambiente – nel nordico e molto eolico Schleswig-Holstein mentre lei di fatto aveva soltanto lavorato dietro le quinte del partito. I fatti gli hanno comunque dato ragione: i Grünen sono diventati il secondo partito più importante nella maggioranza semaforo varata lo scorso dicembre dal cancelliere Olaf Scholz;

 

Annalena è ministra degli Esteri e lui, Robert, è stato promosso sul campo ministro dell’Economia, dell’Energia e della Protezione climatica. Un titolo un po’ altisonante associato a quello onorifico di primo e unico vicecancelliere federale, ma gli obiettivi che Habeck e i Verdi hanno in mente per la Germania sono ambiziosi e rappresentano di fatto l’architrave dello sviluppo economico del paese: raggiungere la neutralità climatica nel 2045, mettere al bando i motori a scoppio entro il 2030, accelerare l’uscita dal carbone allo stesso anno, completare quella dal nucleare, e imprimere una poderosa accelerazione alle fonti rinnovabili, mettendo cioè energia pulita a disposizione della locomotiva tedesca.

 

Le centrali aperte

Purtroppo per i Verdi Vladimir Putin ha inferto un poderoso colpo a questi piani, trasformando Habeck nel nunzio di politiche di segno contrario e opposto a quelle disegnate prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Così è stato il vicecancelliere verde ad annunciare lo scorso giugno che la Germania sarebbe tornata ad accendere le centrali elettriche a carbone “per un periodo transitorio”, al fine di ridurre il consumo di gas utilizzato per produrre energia elettrica. Ed è toccato ancora allo stoico Habeck informare i tedeschi che il governo lascerà “in stand by” due delle tre centrali atomiche ancora attive come riserva di energia elettrica se l’inverno dovesse farsi freddo e buio.

 

Una legge del 2011, voluta da Merkel subito dopo il disastro di Fukushima, dispone la chiusura degli ultimi tre impianti entro la fine di quest’anno. Invece i Verdi di Robert e Annalena hanno dovuto ingoiare anche il boccone amarissimo di un nucleare che non muore. Un boccone che peraltro non piace a nessuno visto che la scelta dello standby delude tanto gli antinuclearisti tanto chi – soprattutto fra gli industriali e l’opposizione – avrebbe preferito una riapertura reale: se nucleare deve essere, facciamolo per bene.

 

Habeck, però, ci mette la faccia: un po’ perché, da ministro dell’Energia, carbone e nucleare sono sue competenze; un po’ perché il cancelliere Scholz è ben contento di lasciargli le incombenze dal sapore antiecologico; un po’ perché il Robert la faccia la sa usare bene. Per molti mesi il politico di Lubecca è stato il beniamino di tanti elettori e soprattutto tante elettrici. Lo sguardo gentile, la voce mai sopra le righe, i capelli in disordine ma non troppo e la barba di due giorni aiutano a guadagnare punti soprattutto se giochi nella stessa squadra dell’algido Scholz.

 

Ma del vicecancelliere agli elettori non piace solo il look stropicciato: a differenza di tanti politici tedeschi che si sono messi in tasca un PhD a tutti i costi – alcuni anche scopiazzando lavori altrui e rimettendoci la carriera – Habeck non gioca a fare l’intellettuale. Ha completato studi dottorali in Filosofia nel 2000, prima cioè di darsi alla politica attiva, e prima ancora di diventare il Dr. Habeck, ha tradotto narrativa dall’inglese al tedesco, ha sposato un’intellettuale anche lei scrittrice, insieme hanno tradotto poeti contemporanei, narrativa inglese e libri per bambini. Firmando da solo, Habeck, che parla anche il danese, ha scritto un’opera teatrale e un romanzo.

 

I tedeschi non hanno ancora capito se l’esperienza letteraria sia un titolo utile per la gestione della cosa pubblica ma di certo si sono lasciati ammaliare dal ministro-poeta. Quando Scholz lo ha nominato numero due del governo, loro si sono entusiasmati, e Habeck è diventato il numero due della portaerei tedesca, uno dei ministri più potenti d’Europa. Lui ha continuato a lavorare, senza arroganza, senza alzare la voce e cambiando idea quando necessario. Lo ha fatto, per esempio, in tema di brevetti dei vaccini contro il coronavirus, auspicando la liberalizzazione degli stessi in campagna elettorale per poi difendere gli interessi delle case farmaceutiche una volta diventato ministro. 

 

Uniper e le bollette

La “maturazione” dell’esponente verde da co-leader dell’opposizione a superministro gli sta però creando qualche grattacapo. Lo standby da imporre alle centrali atomiche è frutto dell’arte del compromesso: tutto compreso nel mediare fra il suo partito e i Liberali, che invece i reattori nucleari li vorrebbero far correre a pieno regime, Habeck si è dimenticato di consultare i tecnici, ricavando così uno sgambetto dagli operatori della rete, secondo cui la soluzione da lui prospettata, lo standby, non è tecnicamente esperibile. Lo stesso è successo con la Gasumlage. La parola che si traduce come “sovrapprezzo del gas” è un espediente ideato dal governo per spalmare sugli utenti i costi del salvataggio dei fornitori di gas. Su tutti il caso Uniper: il più grande fornitore tedesco di metano perde 60 milioni al giorno dall’inizio della guerra perché continua a vendere agli operatori e alle grandi imprese tedesche gas a prezzi fissi mentre lo acquista sul mercato internazionale a prezzi da capogiro.

 

Il governo ha già iniettato 15 miliardi nelle esauste casse di Uniper e la Gasumlage, un sovraprezzo da 2,419 centesimi di euro al kilowattora dal 1 ottobre in bolletta per tutti, dovrebbe aiutare a raccogliere denari per le imprese energetiche tedesche. Tutte. Anche quelle che vendono pochissimo gas e fanno affari d’oro con l’elettricità. Un controsenso che ha spinto gli stessi Liberali, storici amici delle aziende e dei loro profitti, a criticare Habeck per aver ideato un meccanismo che pesa sugli utenti e rischia di dare a chi fa affari d’oro – per tacere di quello che hanno detto le opposizioni di destra e di sinistra. A fine agosto quindi la luna di miele fra i tedeschi e Habeck sembrava volgere verso la fine, con i giornali che insinuavano i primi dubbi sulle competenze dell’esponente verde – che pure aveva fatto così bene come ministro regionale a Kiel – a gestire l’economia del paese. Poi c’è stato un patatrac.

  

Ospite il 6 settembre di “Maischberger”, il format tv della popolare conduttrice Sandra Maischberger, il Robert nazionale parla dei problemi dei panettieri tedeschi. In Germania esistono diecimila panetterie: una categoria amatissima, impegnata in una gara a chi fa il pane più nero o con più semi. I fornai soffrono la crisi due volte: per l’aumento dei prezzi della farina e per quelli dell’energia necessaria a cuocere il pane. Alla domanda dell’intervistatrice se i panettieri dovranno smettere di panificare e dichiarare bancarotta, Habeck risponde che potranno “semplicemente smettere di lavorare” finché i prezzi dell’elettricità si calmeranno. “Ma qualsiasi azienda che smette di operare deve dichiarare bancarotta entro due mesi”, ribatte Maischberger. Habeck si irrigidisce, farfuglia che “questa non è la definizione di bancarotta”, prova a cambiare discorso. Apriti cielo.

 

L’indomani la Bild gli ricorda che al ministero da lui guidato “non si va a fare il tirocinio” e che lo stesso ministro “deve sapere benissimo di economia”. Più incisivo, il quotidiano economico Handelsblatt scrive che un conto è non essere un rappresentante dell’imprenditoria, un altro è ignorare i problemi e le preoccupazioni del ceto produttivo. E poi i sondaggi: giorni dopo la gaffe da Maischberger, l’Insa annuncia che il 51 per cento dei tedeschi a giugno giudicava bene l’operato di Habeck ma oggi lo fa solo un tedesco su tre. Al contrario oggi lo bocciano in 49 su 100, contro 26 su 100 a giugno. Possibile che i tedeschi abbiano già voltato le spalle all’amato ministro-poeta? 

 

Dialogando con il Foglio, il direttore dell’Insa, Hermann Binkert, osserva che “in genere è più difficile ricostruire la fiducia” mentre perderla è questione di un attimo. Secondo le ultime rilevazioni, Habeck è precipitato dal primo al sesto posto nella classifica dei politici più amati dai tedeschi. Prima di lui c’è la collega e amica Annalena Baerbock, seguita dal governatore cristiano-sociale bavarese Markus Söder, terzo è il verde Cem Özdemir, responsabile dell’Agricoltura. Perfino Sahra Wagenknecht, leader dei socialcomunisti (die Linke, un partito in gravissima crisi) e sostenitrice di Putin nella guerra contro l’Ucraina, fa meglio di Habeck.

 

Ultima umiliazione: quinto è Hendrik Wüst, governatore della Cdu in Nord Reno-Vestfalia, ossia un leader regionale. Anche il web si è scatenato contro il titolare dell’Economia con i social impegnati a sbeffeggiare la sua traballante definizione di bancarotta: “Non sono nudo, semplicemente non ho vestiti addosso”; “Non ho marinato la scuola, semplicemente non ci sono andato”. Attenzione però a dare Habeck per spacciato, riprende Binkert, segnalando che, seppur bastonato, il ministro resta più popolare del cancelliere Scholz e del capo dell’opposizione Friedrich Merz della Cdu. In classifica però ben due esponenti dei Grünen, Baerbock e Özdemir, fanno meglio di Habeck. 

 

La Baerbock e la popolarità degli altri

Viene dunque da chiedersi se il vicecancelliere sia diventato una zavorra per la galassia ecologista. “Assolutamente no”, risponde il capo dell’Insa, egli stesso ex ministro della Cdu nella piccola Turingia. “All’interno dell’elettorato verde, Habeck mantiene la seconda posizione e Annalena lo aveva già preceduto in passato”. Scartabellando i dati della rilevazione, Binkert spiega come Baerbock non stia facendo particolarmente bene: “Non è forte perché è migliore degli altri, ma perché gli altri stanno commettendo errori”.

 

Habeck, poi, ha un rapporto diverso e unico con l’elettorato. La principale differenza fra Robert e Annalena è che lui è più capace di intercettare le simpatie dei giovani rispetto agli anziani e delle donne rispetto agli uomini. Senza dimenticare che “ha avuto un buon posizionamento fra coloro che non appartengono al tradizionale elettorato degli ecologisti”. Robert, insomma, è più trasversale e istituzionale di Annalena. Binkert conclude ricordando che “non esiste un politico che sia sempre al vertice”. Neppure Angela Merkel. “E coloro che hanno attraversato alti e bassi e poi sono di nuovo al top sono alla fine i più convincenti”. Habeck non si è dato per sconfitto. Ha incontrato 40 associazioni di piccole e medie imprese in un vertice digitale per discutere come applicare l’Energiekostendämpfungsprogramm, il programma di contenimento dei costi energetici disegnato per le grandi imprese, anche a quelle piccole. A cominciare dalle panetterie.

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