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oggi il vertice

Cosa c'è dietro alle divisioni nell'Ue sul price cap del gas russo

David Carretta

Ci sono scettici o contrari. Per alcuni è un tradimento del Green deal. Il rischio di misure annacquate dalle divisioni dei 27

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Bruxelles. Il pacchetto annunciato dalla Commissione di Ursula von der Leyen per gestire l’emergenza dei prezzi dell’energia e rispondere alla sfida di Vladimir Putin sul gas potrebbe uscire annacquato dal Consiglio straordinario dell’Energia di oggi. I governi dei 27 sono divisi su almeno due delle cinque misure proposte mercoledì dalla Commissione: il tetto al prezzo del gas importato dalla Russia e il prelievo di solidarietà per le compagnie di combustibili fossili. Nelle prime discussioni,  tutti si sono detti d’accordo su una modifica delle regole sugli aiuti di stato per soccorrere le società energetiche che hanno problemi di liquidità a causa della volatilità sui mercati. La riduzione della domanda di elettricità è considerata una necessità, anche se diversi governi vogliono evitare obiettivi obbligatori. Sulla principale misura del pacchetto von der Leyen – un nuovo meccanismo per limitare i ricavi degli impianti di generazione elettrica diversi da centrali a gas (rinnovabili, nucleare, petrolio e carbone) – ci sono convergenze, ma alcuni paesi chiedono interventi più radicali. Sul price cap del gas russo la Germania rimane scettica, mentre alcuni paesi dell’est sono esplicitamente contrari. “Non c’è una maggioranza per sostenere questa misura”, dice al Foglio un diplomatico dell’Ue: dal Consiglio Energia “non ci sarà mandato alla Commissione per procedere immediatamente” con il tetto al prezzo del gas russo. 

  

Contrariamente al passato, la Germania non ha chiuso completamente la porta al price cap sul gas russo. Ma il ministro dell’Economia, Robert Habeck, oggi dovrebbe chiedere prudenza per ragioni di sicurezza degli approvvigionamenti. Alcuni paesi dell’est, che continuano a ricevere gas russo attraverso i gasdotti Yamal e TurkStream, sono contrari, perché non hanno accesso al mare e non possono ricevere gas naturale liquefatto. La proposta della Commissione sul price cap  “non è costruttiva”, ha detto il ministro ceco, Jozef Síkela: “E’ più un modo di sanzionare la Russia che una soluzione pratica alla crisi energetica in Europa”. Eppure un gruppo di paesi insiste per allargare il price cap a tutto il gas importato nell’Ue, anche quello non russo. I capifila sono Italia e Belgio. Ma, secondo l’Olanda, “sarebbe molto sbagliato”, perché il gas che arriva da Norvegia, Qatar o Stati Uniti potrebbe essere dirottato su altri mercati. Alla Polonia non piace il meccanismo sui ricavi delle cosiddette tecnologie “inframarginali” perché complicato e lento. La Germania, invece, lo ha già fatto suo. Varsavia vorrebbe sospendere il sistema delle quote di emissioni Ets. Per Berlino, sarebbe un tradimento del Green deal.

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Il problema di fondo è lo scontro tra due visioni opposte sul mercato europeo dell’energia. Con il suo pacchetto, la Commissione ritiene di aver trovato il giusto equilibrio tra chi chiede interventi forti e chi non vuole rimettere in discussione le fondamenta del mercato. I prezzi attuali “ci spingono a fare la cosa giusta”, spiega la fonte dell’Ue: “Una è il risparmio energetico. L’altra sono gli investimenti nelle rinnovabili che stanno andando alle stelle”. Solo che la proposta della Commissione non porterà a una riduzione diretta delle bollette per famiglie e imprese. E alcuni paesi temono un disastro economico e sociale. “Poche altre settimane come questa e l’economia europea si fermerà del tutto. Riprendersi sarà molto più complicato che intervenire nei mercati del gas oggi”, ha spiegato a Bloomberg il premier belga, Alexander De Croo: “Il pericolo sono la deindustrializzazione e il grave rischio di rivolte sociali”.

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