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goodbye putin

Il grande esodo dalla Russia: 419 mila persone hanno lasciato il paese

Federico Bosco

Mosca potrebbe affrontare una recessione sempre più profonda man mano che le sanzioni si diffondono. Dall’inizio dell’anno migliaia di persone hanno lasciato il paese e diventa sempre più chiaro che tornare non conviene

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Secondo un rapporto interno del Cremlino pubblicato da Bloomberg la Russia potrebbe affrontare una recessione sempre più profonda man mano che le sanzioni si diffondono, in due dei tre scenari presentati l'economia tornerebbe al livello prebellico non prima della fine del decennio.

Ciò significa che le prospettive di farsi una vita o arricchirsi all’ombra del regime di Vladimir Putin si sono ridotte drasticamente, rendendo la Russia un paese che non offre prospettive neanche professionisti più brillanti e qualificati. Il rapporto stima che fino a 200 mila specialisti IT potrebbero lasciare il paese entro il 2025, dando la prima previsione ufficiale della fuga di cervelli. Qualificati o meno, dall’inizio della guerra sono in tanti ad aver lasciato la Russia. 

I dati dell’istituto statistico Rosstat hanno rilevato che dall’inizio dell’anno 419 mila persone hanno lasciato il paese, più del doppio rispetto ai 202 mila dello stesso periodo del 2021. La destinazione principale sono i paesi della Comunità degli stati indipendenti (Csi), ovvero i paesi ex sovietici tranne Ucraina, Georgia e paesi baltici: 58,4 mila in Tagikistan, 49 mila in Armenia, 43,6 mila in Kirghizistan, 40,7 mila in Kazakistan e 38,6 mila in Uzbekistan. La maggior parte delle persone però è partita per l’Ucraina, circa 79,6 mila. Probabilmente in questo caso si tratta per lo più di russo-ucraini, ma non solo. A fine marzo infatti il capo dell’Associazione russa per le comunicazioni elettroniche Sergey Plugotarenko aveva detto che 50-70 mila specialisti IT avevano lasciato la Russia per l’Ucraina e altri 70-100 mila sarebbero partiti.

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Tra gli altri paesi che non fanno parte della Csi si rilevano numeri significativi in Cina (6,6 mila), Vietnam (5,4 mila) e India (4,1 mila). I russi preferiscono i paesi della Csi per diversi motivi: sono più abbordabili e accessibili rispetto ai paesi europei, ed è possibile vivere lì mantenendo rapporti stretti con i parenti rimasti in patria e continuando a lavorare con aziende russe e degli altri partner regionali. Con l’introduzione delle sanzioni molti imprenditori e specialisti IT russi hanno deciso di spostarsi in paesi della Csi per stare evitarle o aggirarle, aspettando di vedere cosa sarebbe successo. Più passa il tempo però, più diventa chiaro che tornare non conviene

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In Russia l’agenzia di risorse umane HeadHunter ha registrato che il settore sta soffrendo la carenza di personale altamente qualificato tanto quanto quella di accesso alle forniture di componenti e microchip. Per prevenire il “drenaggio del personale”, il ministero dello Sviluppo digitale ha proposto misure di sostegno per i dipendenti, come mutui a tassi agevolati e il rinvio del servizio militare, ma già prima della guerra la Russia aveva problemi nel settore. A inizio 2021 il ministero affermavano che la carenza di specialisti IT in Russia variava da 500 mila a 1 milione di persone all’anno. Se era difficile attrarre e trattenere  cervelli nella Russia di prima, figuriamoci in quella che ha preso forma adesso.

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