Un confronto tra Liz Truss e Rishi Sunak, i due candidati alla guida del partito conservatore britannico (Getty Images)

Verso Downing Street

Chi sono e cosa pensano gli iscritti ai Tory che decidono tra Sunak e Truss (e preferiscono lei)

Mark Damazer

Sunak è il candidato preferito dai parlamentari conservatori, ma negli anni il processo di scelta del leader del partito è cambiato: ora tocca ai 170 mila iscritti decidere

Ora spetta ai circa 170 mila iscritti al Partito conservatore – la quota annuale è di circa 30 euro – decidere chi tra Rishi Sunak e Liz Truss sarà il prossimo primo ministro del Regno Unito. Si tratta di meno dello 0,3 per cento dell’elettorato totale di 47 milioni di persone, anche se nessuno sembra conoscere la cifra reale perché il partito non ha l’obbligo di pubblicare questo tipo di informazioni.

Una volta, il cosiddetto “cerchio magico” dei conservatori, tutti uomini ovviamente, discuteva con brandy e sigaro la scelta del leader e poi lo comunicava agli altri. Ma all’inizio degli anni Sessanta questo sistema informale collassò e la responsabilità passò ai parlamentari conservatori che con questo metodo elessero, tra gli altri, Margaret Thatcher. I Tory sono stati a lungo legati a una radicata deferenza nei confronti delle istituzioni nazionali: la monarchia, l’esercito, la Chiesa d’Inghilterra (un tempo descritta come “il Partito conservatore in preghiera”) e persino la Bbc.  

 

Negli anni Cinquanta c’erano tre milioni di iscritti e si poteva contare sul loro appoggio per decidere chi dovesse comandare. Alla fine degli anni Novanta però il numero di iscritti è drasticamente diminuito e così anche la deferenza. Un gruppo rumoroso di attivisti pretendeva che i conservatori seguissero l’esempio del Partito laburista, che aveva tolto ai propri parlamentari il diritto esclusivo di scegliere il proprio leader. I deputati conservatori furono presi dal panico, temevano che il partito sarebbe sembrato fuori dal mondo e “anti democratico” rispetto ai laburisti e così è nato il sistema attuale: i parlamentari fanno la prima selezione, il ballottaggio lo decide la base.

I deputati conservatori hanno detto la loro: preferiscono Sunak – l’intelligente e sciolto ex cancelliere dello Scacchiere che si è dimesso a causa del rapporto tangenziale, diciamo così, del premier Boris Johnson con la verità – a Truss, ministro degli Esteri da meno di un anno, meno abile e un po’ nostalgica di Johnson premier. Ma il verdetto dei deputati sarà quasi certamente ribaltato dagli iscritti, che hanno delle caratteristiche peculiari. Non sono come chi vota per i Tory alle elezioni e naturalmente meno ancora sono come l’elettorato nel suo complesso. 

 Sembrano molto più anziani – la loro età media è di circa 60 anni. Ci sono molti più uomini che donne. Sono più bianchi, significativamente più ricchi e più propensi ad abitare nel prospero sud dell’Inghilterra. E i loro punti di vista sono molto marcati. Un esempio: il Regno Unito si era spaccato 52 a 48 a favore della Brexit nel referendum del 2016, gli elettori conservatori si erano divisi 60 a 40, ma gli iscritti ai Tory erano favorevoli al divorzio con l’Ue per oltre il 75 per cento – e ormai molti del 25 per cento europeista hanno lasciato il partito.

Su una serie di questioni sociali, economiche e culturali la base è decisamente di destra: secondo un sondaggio di inizio luglio, è a favore delle restrizioni all’immigrazione – in particolare alle piccole imbarcazioni che attraversano la Manica durante l’estate – e poco sensibile alla questione ambientalista; venera la Thatcher, un’icona da affiancare a Winston Churchill; è patriottica. Il nome completo del partito è Conservative and Unionist Party (Partito conservatore e unionista), in riferimento al ruolo storico che ebbe nel sostenere l’unione con la Scozia, il Galles e l’Irlanda del nord (una volta era con l’intera Irlanda). Ma ora i suoi iscritti celebrano un nazionalismo inglese insulare: la parte dell’Unione non conta più molto.

Soprattutto, un numero consistente di questi grandi elettori ritiene che il rovesciamento di Johnson sia stato una vergogna e incolpa tutti tranne il colpevole, cioè Johnson stesso. Quindi la quasi-venerazione di Truss nei confronti del premier avrà un buon riscontro anche se, sondaggio dopo sondaggio, una chiara maggioranza del paese mostra di averne avuto abbastanza. E’ probabile che a settembre vedremo Liz Truss al numero 10 di Downing Street, pure se fino a poco tempo fa pareva incredibile. E mancano più di due anni alle elezioni quando, finalmente, il resto di noi potrà dire la sua.