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Un misero raccolto

Oggi si firma l’accordo sul grano, dice Erdogan. Ma le riserve stanno finendo

Paola Peduzzi

Il settore agricolo ucraino è andato “in modalità zero”, non ci sono più linee di credito e le piccole aziende dovranno chiudere perché non possono sopravvivere: “Sarà una brutta annata”

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E’ cominciata la stagione del raccolto in Ucraina, c’è chi va di fretta perché a pochi chilometri ci sono i russi e chissà quando arrivano, c’è chi non sa dove mettere il raccolto perché i silos sono stati bombardati, e c’è chi il proprio campo non ce l’ha più: bruciato dai russi, conquistato dai russi, rubato dai russi. E  comunque questo raccolto andrebbe venduto, è così che si paga il carburante dei mezzi e i salari di chi lavora nei campi, anche i fertilizzanti a dire il vero, ma le esportazioni sono bloccate. Ci sono incontri internazionali ormai ogni settimana, la priorità occidentale è sempre stata “sbloccare il grano”, ci siamo anche convinti che se si riesce a trovare un accordo sul transito e la vendita del grano tra Ucraina e Russia, questo potrebbe essere l’inizio di un negoziato più ampio, verso una tregua. Ma non si è sbloccato niente. Siamo vicini, siamo vicini hanno ripetuto i turchi che si sono presi carico della mediazione sui corridoi nel Mar Nero per far uscire il grano e gli altri prodotti: oggi, dice sempre la Turchia, è stata annunciata la firma di accordo, con russi, ucraini e Onu. I dettagli completi non ci sono, ma secondo fonti diplomatiche, delle navi ucraine dovrebbero scortare i cargo, la Russia si impegna a non fare operazioni militari quando sono in movimento e Turchia e Onu controllano le navi per tranquillizzare i russi del fatto che a bordo non ci siano armi. 


Nell’ultimo anno l’Ucraina ha esportato 54 milioni di tonnellate di grano di un raccolto totale, considerato da record, di 106 milioni di tonnellate. Ma il prossimo anno (il ciclo produttivo del grano inizia a luglio) il raccolto sarà inferiore del 40 per cento, ha detto l’Associazione del grano ucraina, che stima le esportazioni a 18 tonnellate con le conseguenze che sappiamo sul resto del mondo. Ogni giorno, secondo l’Associazione, si perdono 170 milioni di dollari per il mancato raccolto o il mancato introito dal raccolto. Un ex agricoltore che ora lavora al porto di Odessa ha detto al Financial Times che il settore agricolo ucraino è andato “in modalità zero”, non ci sono più linee di credito e le piccole aziende agricole dovranno chiudere perché non possono sopravvivere: “Sarà una brutta annata”.    

 

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I russi hanno occupato circa un quarto dei 330 mila chilometri quadrati coltivabili del territorio ucraino, ma questo non è l’unico danno fisico. Oltre ai costi umani delle bombe indiscriminate dell’esercito russo e delle violenze dei soldati russi, sono stati rubati i trattori, distrutti i mezzi agricoli, colpiti i depositi, saccheggiate le riserve di grano. Un istituto di Kyiv che si occupa di studiare lo sfruttamento delle risorse agricole del paese dice che soltanto questi danni fisici ammontano già a 4 miliardi di dollari. Poi c’è il blocco alle esportazioni via Mar Nero che gli ucraini stanno cercando di ovviare usando le vie di terra o di fiume, ma il costo del trasporto in questo modo è quattro volte superiore  rispetto a quello via mare prima della guerra e i tempi si allungano. In più il prezzo del carburante è raddoppiato, la produzione di fertilizzanti è molto ridotta perché sono state colpite le aziende che li lavorano, e sul mercato il loro prezzo è più alto del 40 per cento rispetto al passato. Le garanzie per il futuro sono poche, le conseguenze si sentiranno anche in occidente con l’aumento dei prezzi del cibo, e molti agricoltori ucraini hanno fatto i loro mesti calcoli: in autunno non semineranno più.

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