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un missile per Putin

Javelin non perdona: l'arma simbolo della guerra in Ucraina

Eugenio Cau

L'iconico lanciamissili a spalla, prodotto da Lockheed Martin e Raytheon, è stato fondamentale per distruggere le colonne di carri armati russi. Come funziona e perchè è così letale

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L’invasione russa dell’Ucraina è probabilmente la prima guerra di cui alcuni aspetti, alcuni episodi e soprattutto alcune armi sono diventati meme. Per il drone di fabbricazione turca Bayraktar, usato per girare infiniti video di incaute postazioni russe bombardate e distrutte dall’alto, gli ucraini hanno composto una canzone goliardica – piuttosto orecchiabile, peraltro – che è diventata virale. I trattori degli agricoltori ucraini che portano via i carri armati abbandonati dell’esercito russo sono diventati famosi e applauditi. Ma nessun’arma è stata celebrata ed è diventata virale quanto il Javelin, il missile anticarro che è diventato il simbolo dell’esercito ucraino, e della sua eccezionale resistenza.

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L’invasione russa dell’Ucraina è probabilmente la prima guerra di cui alcuni aspetti, alcuni episodi e soprattutto alcune armi sono diventati meme. Per il drone di fabbricazione turca Bayraktar, usato per girare infiniti video di incaute postazioni russe bombardate e distrutte dall’alto, gli ucraini hanno composto una canzone goliardica – piuttosto orecchiabile, peraltro – che è diventata virale. I trattori degli agricoltori ucraini che portano via i carri armati abbandonati dell’esercito russo sono diventati famosi e applauditi. Ma nessun’arma è stata celebrata ed è diventata virale quanto il Javelin, il missile anticarro che è diventato il simbolo dell’esercito ucraino, e della sua eccezionale resistenza.

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Il Javelin (nome completo: FGM-148 Javelin) è un lanciamissili anticarro portatile, che spara missili a guida automatica e può essere trasportato e operato da una sola persona: per farsi un’idea bisogna pensare a un bazooka, ma più grosso. Non è un’arma particolarmente sexy (si parla di un grosso tubo, dopotutto), ma è molto efficace: il Javelin è responsabile principale dell’enorme numero di carri armati russi distrutti nel corso degli ultimi mesi, e soprattutto nella prima fase del conflitto ha avuto un ruolo fondamentale nel bloccare l’avanzata dei russi nelle zone settentrionali del paese, come la capitale Kyiv.

 

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Potrebbe esservi capitato di vedere video di colonne di mezzi corazzati russi immobili perché il primo e l’ultimo carro armato del convoglio sono stati distrutti, lasciando tutti gli altri mezzi bloccati e vulnerabili: i colpi precisi e distruttivi che hanno immobilizzato la colonna quasi certamente sono stati lanciati con dei Javelin. Il lanciamissili è stato fornito all’Ucraina dall’esercito americano e come probabilmente nessun’altra arma ha contribuito a cambiare le sorti della guerra. Si stima che in totale gli Stati Uniti abbiano rifornito l’Ucraina di 5.500 Javelin, circa un quarto delle loro riserve totali.

 

Oltre ad avere un ruolo militare fondamentale, il Javelin è anche diventato il più grande meme della guerra. Quasi immediatamente dopo l’invasione russa il giornalista Christian Borys ha cominciato a pubblicare online le immagini di Santa Javelin, che raffigurano una Madonna ortodossa che imbraccia appunto un lanciamissili: l’idea è che il Javelin sia il santo (o la santa, meglio) a cui l’Ucraina deve affidarsi per difendere la propria terra. L’immagine di Santa Javelin è diventata virale: è finita ovunque su internet, su bandiere, magliette, scarpe da ginnastica, tazze per la colazione, adesivi stampati e distribuiti in tutto il mondo. E’ anche diventata una campagna di solidarietà: tra donazioni e vendita di merchandising, Borys ha raccolto circa 800 mila dollari che sono stati utilizzati per fornire aiuti umanitari in Ucraina.

 

Dal punto di vista militare, per l’esercito ucraino il Javelin è stato lo strumento perfetto per contrastare i carri armati russi. Il fatto che possa essere trasportato e usato da una sola persona significa che bastano piccoli distaccamenti di soldati ben piazzati per bloccare un’intera colonna di carri armati anche a grande distanza: i missili del Javelin hanno una gittata di circa quattro chilometri. E’ facile da imparare a usare: le linee guida dell’esercito americano dicono che servono 80 ore di addestramento, agli ucraini di solito bastano un paio di giorni. E soprattutto, essendo la più efficace arma anticarro della sua generazione, è eccezionalmente letale. I missili lanciati dal Javelin sono a guida automatica a infrarossi, che significa, semplificando, che dopo aver sparato raggiungono il bersaglio da soli, e chi ha sparato può cercare riparo immediatamente, senza temere il fuoco di risposta nemico.

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La traiettoria dei missili, inoltre, è piuttosto peculiare e riesce a colpire i carri armati dall’alto, sul tetto, dove la corazza è meno spessa. Questo è un problema per qualunque carro armato, ma è un problema gigantesco per i carri armati russi, che sono di progettazione sovietica e hanno le munizioni conservate all’interno dell’abitacolo, proprio sotto la torretta. Questo significa che se il tetto viene colpito (non serve un’esplosione violenta, basta un aumento di pressione o di temperatura nell’abitacolo) le munizioni all’interno del carro esplodono, distruggendo tutto. E’ per questo che in Ucraina molti carri armati distrutti hanno la torretta divelta, magari lanciata a vari metri dal resto del mezzo: l’esplosione delle munizioni all’interno l’ha fatta saltare via.

 

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Oltre a essere un’arma molto efficace, il Javelin è anche il simbolo e l’ultimo rappresentante di una competizione militare che va avanti da un secolo: quella tra carri armati e fanteria. Usati per la prima volta sui campi di battaglia della Prima guerra mondiale, i carri armati cambiarono radicalmente le strategie militari, rovesciarono antichi equilibri di potenza e diventarono una delle armi principali di tutte le guerre del Novecento. La grande domanda degli strateghi militari divenne: come si ferma un carro armato? Furono date varie risposte: i carri armati si possono fermare con altri carri armati, cosa che successe durante la Seconda guerra mondiale, ma questo rendeva la battaglia particolarmente dispendiosa, e non tutti gli eserciti avevano a disposizione mezzi a sufficienza. Si possono fermare con l’artiglieria o l’aviazione, ma soprattutto agli inizi colpire un bersaglio mobile non era per niente facile.

 

L’innovazione geniale arrivò nelle fasi finali della Seconda guerra mondiale: armare la fanteria, che rischiava di perdere la centralità di un tempo, con armi anticarro. Le prime armi di questo tipo furono i fucili anticarro, grossi e costosi ma capaci di perforare con un proiettile la corazza del carro armato. La vera novità arrivò però con l’invenzione dei razzi a carica cava, cioè particolari tipi di testate capaci di esplodere generando temperature altissime (oltre i 2.000 gradi) che fondevano le corazze dei carri. Questi razzi erano anche relativamente facili da usare: di fatto, bastava infilarli in un tubo dotato di un meccanismo per accendere il propellente del razzo, mirare e sparare. Oltre a essere particolarmente distruttivi, questi nuovi tubi erano relativamente economici e non avevano rinculo, al contrario dei fucili anticarro. Nacquero così le prime armi anticarro portatili, come i Panzerfaust tedeschi e i Bazooka americani, usati già nella Seconda guerra mondiale e, un paio di decenni dopo, i lanciarazzi RPG-7 sovietici, che erano più sofisticati ma alla fine seguivano lo stesso principio, e furono utilizzati in innumerevoli guerriglie e insurrezioni armate durante la Guerra fredda.

 

Nel corso degli anni queste armi cominciarono a evolversi. Una delle novità più importanti fu la creazione di missili filoguidati, cioè missili a cui sono collegati lunghi e sottilissimi fili elettrici che inviano impulsi alla testata e ne guidano la direzione. Questo consentì ad armi come i Saggers sovietici o gli M47 americani di diventare eccezionalmente precisi: non era più necessario sparare e sperare che il missile arrivasse a destinazione, ma grazie ai fili era possibile modificare in corsa la traiettoria del missile. Il problema era che chi aveva sparato doveva rimanere esposto (per guidare attivamente il missile, o per mantenere il puntamento sull’obiettivo) per tutta la durata del lancio. Se il missile non centrava il bersaglio, il soldato che l’aveva lanciato era vulnerabile alla risposta di fuoco nemica, e di fatto era spacciato.

 

I Javelin risolsero tutti questi problemi, aggiungendo un sistema a guida infrarossa direttamente nel missile, che così poteva adattare autonomamente la propria traiettoria verso il bersaglio senza bisogno che chi aveva sparato rimanesse esposto: una volta agganciato il bersaglio, basta sparare e il missile fa tutto da sé, e chi ha sparato può cercare immediatamente rifugio. Il Javelin esordì negli anni Novanta e divenne in poco tempo il più sofisticato missile anticarro della storia, che fece dire ad alcuni esperti che forse i carri armati erano diventati obsoleti. Non è così, ovviamente: la competizione lunga un secolo proseguirà ancora.

 

Lo storico britannico Adam Tooze di recente ha parlato del Javelin nella sua newsletter “Chartbook” e ha teorizzato che il Javelin potrebbe essere un perfetto esempio del modo occidentale e soprattutto americano non soltanto di fare la guerra, ma anche di interpretare la modernità. Come si è visto nella guerra in Ucraina, i soldati di fanteria che con i Javelin distruggono gli imponenti carri armati russi restituiscono una certa immagine di Davide-contro-Golia, o di uomo-contro-macchina: il combattente individuale che trionfa contro la grande macchina, e lo fa grazie alla tecnologia e all’ingegno umano. “Con i missili anticarro guidati, l’equipaggiamento fisico apparentemente inferiore del corpo umano è più che compensato dal potere miracoloso della tecnologia”, scrive Tooze. Ma il Javelin va oltre il concetto di “superare le avversità con l’ingegno” (anche perché anche i carri armati sono espressioni dell’ingegno umano).

 

Secondo Tooze, che riprende le teorie dell’intellettuale britannico Reyner Banham, gli Stati Uniti hanno un approccio particolare davanti alla complessità: il gadget, o meglio ancora il “gizmo”, cioè l’apparecchio, l’aggeggio. Se alcune civiltà hanno prodotto imponenti opere ingegneristiche, gli Stati Uniti hanno costruito soprattutto gadget: cioè tecnologie compatte, che rendono immediatamente evidente la superiorità dell’ingegno umano. Dalla bomba atomica alla Ford Model T agli iPhone al Javelin, nel corso della loro storia gli Stati Uniti hanno risposto ai problemi creando nuovi gadget che consentissero di superare le avversità. Ci sono quasi sempre riusciti, e questo ottimismo ingegneristico è ciò che rende l’America diversa dal resto dell’occidente.

 

Non è un caso che fin dalla Seconda guerra mondiale gli Stati Uniti siano stati definiti “l’Arsenale della democrazia”, un termine che sta tornando di moda in questi mesi. E se si parla di Arsenale della democrazia non è soltanto perché l’America è il paese più ricco del mondo e quello con l’esercito più potente, ma anche perché creare e distribuire gadget per risolvere i problemi è nella sua natura. Lo sapeva Winston Churchill, che sotto alle bombe naziste disse agli americani: “Dateci gli strumenti e noi finiremo il lavoro”. Lo sa Volodymyr Zelensky, che in una frase ormai famosissima e forse apocrifa disse all’inizio della guerra: “Ho bisogno di munizioni, non di un passaggio”. Entrambi sapevano che la prima reazione degli Stati Uniti davanti a un’avversità è aprire il loro grande arsenale di gadget: aerei da guerra per Churchill, Javelin per Zelensky.

 

Per rispondere alle richieste d’aiuto di Churchill durante la Seconda guerra mondiale, il presidente americano Franklin Delano Roosevelt fece approvare una legge per l’esportazione di materiali bellici. Quella stessa legge è stata riutilizzata da Joe Biden il mese scorso, per inviare armi alla resistenza ucraina

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