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Rivoluzioni strategiche

L’Ue prepara l’indipendenza energetica dalla Russia e valuta l’allargamento a est

David Carretta

I leader al vertice di Versailles di giovedì e venerdì potrebbero spingere verso una trasformazione strutturale di tipo federale per affrontare la minaccia di Vladimir Putin

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Bruxelles. Il vertice di Versailles di giovedì e venerdì potrebbe spingere l’Unione europea verso il suo secondo “momento Hamilton”, una trasformazione strutturale di tipo federale per affrontare la minaccia di Vladimir Putin. Il primo momento hamiltoniano aveva portato nell’estate del 2020 al Recovery fund e alla  decisione di finanziare la ripresa post Covid-19 con debito comune. Anche a Versailles i leader discuteranno molto di soldi: come alleviare lo choc energetico per consumatori e imprese; quanto investire per l’indipendenza energetica e la difesa europea, oltre che per la doppia transizione digitale e climatica.

 
Si discuterà anche se modificare le regole del Patto di stabilità o lanciare nuovi strumenti di debito comune sul modello di Sure o del Recovery fund. Ma la guerra di Putin contro l’Ucraina sta costringendo i leader europei a fare un balzo in termini di pensiero strategico. Lo si è già visto nei primi giorni di guerra, con l’adozione di una serie di sanzioni senza precedenti e il finanziamento delle forniture di armi all’Ucraina. Ciò che era inimmaginabile fino a due settimane fa all’improvviso è diventato o sta diventando possibile.

 

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Giovedì i leader parleranno perfino della richiesta di Volodymyr Zelensky di ottenere lo status di paese candidato. “Discuteremo della domanda di adesione dell’Ucraina nei prossimi giorni”, ha annunciato ieri il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Ieri gli ambasciatori dei 27 hanno fatto il primo passo, chiedendo alla Commissione di dare il suo parere sulle richieste di adesione di Ucraina, Moldavia e Georgia. “La guerra di aggressione della Russia costituisce un cambiamento tettonico nella storia europea”, dice la bozza della dichiarazione di Versailles, che il Foglio ha potuto consultare: l’Ue sarà “all’altezza delle sue responsabilità in questa nuova realtà, proteggendo i nostri valori, le nostre democrazie, la sicurezza dei nostri cittadini e il nostro modello europeo”.

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I riflettori ieri erano puntati sulle potenziali sanzioni contro il settore energetico. Incontrando Mario Draghi, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha annunciato che si sta “lavorando su ulteriori sanzioni”. Zelensky ha chiesto un embargo totale contro la Russia.

 

Il segretario di stato americano, Antony Blinken, domenica ha fatto sapere che sta discutendo con i partner un divieto di importazione del petrolio russo. Il calcolo americano è che per l’Ue un bando sul greggio sia più accettabile che sul gas, dato il livello più basso di dipendenza. Il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, e il premier olandese, Mark Rutte, ieri hanno escluso un embargo immediato sul gas. Trovare alternative alla Russia “non può essere fatto in una notte”, ha detto Scholz: “Rifornire l’Europa con energia per il riscaldamento, la mobilità, l’elettricità e l’industria non può essere assicurato in alcun altro modo al momento”. Rutte ha parlato di “rischi inimmaginabili”. Su questo anche il premier britannico, Boris Johnson, è più vicino all’Ue che agli Stati Uniti: “Non si può semplicemente smettere di usare petrolio e gas in una notte, anche dalla Russia: non è una cosa che tutti i paesi in giro per il mondo possono fare”. Ma, al di là dell’attualità del giorno, il cambio di paradigma c’è. Niente più appeasement perché l’Ue non può rompere con la Russia per ragioni energetiche: l’abbandono degli idrocarburi russi è solo una questione di tempo. Secondo la bozza di Versailles, i leader si impegneranno a “eliminare progressivamente la nostra dipendenza dalle importazioni russe di gas, petrolio e carbone”. Draghi ha assicurato che l’Italia (cioè uno dei migliori clienti della Russia) sta “procedendo molto bene e molto rapidamente sul fronte della diversificazione”.

 
Per uscire dalla dipendenza dal gas russo, oltre che tempo, servono soldi. Il denaro è anche indispensabile per accogliere milioni di rifugiati ucraini, aiutare le imprese e i consumatori a pagare le bollette e finanziare il rafforzamento della difesa a livello nazionale ed europeo. A Versailles ci saranno molte idee. Alcune saranno messe nero su bianco oggi dalla Commissione in una comunicazione sull’energia. Von der Leyen per la prima volta ha accettato di rivedere le regole sul mercato dell’energia, in particolare il legame tra prezzo del gas e dell’elettricità. Gli stati membri avranno più libertà di usare gli aiuti di stato per compensare imprese e consumatori. Draghi ha spiegato che per ora “non c’è nessuno schema specifico” europeo sulle compensazioni, ma “se ne discuterà” a Versailles. Un’altra ipotesi è di dirottare i prestiti del Recovery fund verso l’indipendenza energetica (costruire rigassificatori, pale eoliche e solare). Dietro le quinte Emmanuel Macron sta spingendo per un nuovo fondo di resilienza simile al Recovery fund: il debito europeo dovrebbe finanziare l’autonomia strategica, dall’energia alla difesa. “L’idea c’è, anche se non è ancora nella fase operativa”, dice al Foglio una fonte europea. In ogni caso, il Patto di stabilità non sarà più come prima: “Le nostre politiche fiscali nazionali dovranno tenere conto degli investimenti complessivi necessari e riflettere la nuova situazione geopolitica”, dice la bozza di Versailles.

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