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La reazione

Contro Putin abbiamo disegnato i contorni di un mondo nuovo

Paola Peduzzi

Questo momento è molto rischioso, perché il calcolo di Mosca si sta rivelando non corretto. Ma è anche l'inizio di una nuova stagione di unità, con misure senza precedenti, e una compattezza che mostra cosa succede quando l'occidente fa sentire il suo peso

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L’economia russa sta implodendo, la Russia non è mai stata tanto isolata durante tutta la presidenza di Vladimir Putin, e poiché ammettere l’errore di calcolo non è compatibile con i sogni neoimperiali putiniani, questo è un momento molto rischioso. Per gli ucraini, prima di tutto, che cacciano indietro l’offensiva militare russa con una resistenza e una determinazione inimmaginabili, ma sono costretti a scelte brutali: gli uomini dai 18 ai 60 anni devono andare a combattere, per forza, difendono il loro paese, mentre le loro mogli e i loro figli e i loro genitori decidono dove rifugiarsi, dove scappare. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, è il traino del paese e di tutto l’occidente, che aveva scommesso poco su di lui, scettici e schizzinosi come sappiamo essere con i leader degli altri e mai coi nostri: invia messaggi di coraggio, porta Putin al negoziato sul confine con la Bielorussia senza nessuna condizione preliminare, alla pari con il presidente russo che intanto mette in allerta l’esercito per le armi nucleari. Poi ci siamo noi, e il mondo nuovo.

 

Il mondo nuovo è allineato e collaborativo, tiene insieme tutti i pezzi della risposta occidentale alla guerra di Putin, facendo vedere, in modo inedito, che cosa vuol dire quando più di mezzo mondo decide che la legge internazionale si rispetta. C’è voluto del tempo, ci siamo dovuti ingoiare settimane, mesi di cautele di ogni genere, quelle del realismo più cinico e quelle dei simpatizzanti di Putin: ci è andato di traverso, questo tempo, e non si cancella il sospetto che almeno un po’ di questa sciagurata guerra potesse essere evitato. Ma qualcuno l’avrebbe mai accettata una guerra preventiva contro il presidente russo? Qualcuno l’avrebbe  sostenuta? Difficile, di prevenzione non siamo esperti (e quanto siamo cicale con le risorse energetiche) e le guerre preventive sono un retaggio d’inizio anni Duemila che abbiamo deciso di sotterrare per sempre.

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La costruzione del consenso attorno a una risposta univoca e concreta al sopruso militare, politico e ideologico di Putin (e del suo alleato bielorusso) è avvenuta in modo lento ma con una direzione evidente, fino all’accelerazione finale, necessaria e urgente. Le pressioni sui riluttanti hanno funzionato (non era scontato: ricorderete la Siria) e così ora tutto il mondo libero ha deciso di rendere il costo di questa impresa pretestuosa insostenibile persino per uno come Putin, che da anni gioca con le nostre divisioni e le nostre dipendenze, le alimenta con la sua guerra ibrida, con la sua propaganda martellante, con i suoi soldati (omini verdi, peacekeeper, mercenari: ci ha fatto credere di tutto sapendo che c’era un pubblico pronto a credergli). Joe Biden, il presidente debole come lo chiamano tutti perché ha dei conflitti interni insanabili e perché ha deluso noi alleati con il ritiro dall’Afghanistan, ha ideato una strategia d’informazione che è sembrata ad alcuni, i soliti, guerrafondaia (sempre per la tentazione di non riconoscere le provocazioni di Putin come tali),  ha smussato i conflitti tra i paesi della Nato, e i suoi: lento sì, ma deciso.

 

La Nato  in questi otto anni, dall’annessione della Crimea che abbiamo archiviato con grande fretta, ha  rifondato l’esercito ucraino e  lo ha europeizzato: se l’adesione all’Unione europea e all’Alleanza si misurasse nella riforma militare, l’Ucraina sarebbe già una di noi. E poi c’è Olaf Scholz, il cancelliere tedesco venuto dopo la Merkel e per sua natura un caregiver, un traghettatore: nel giro di pochi giorni ha sospeso Nord Stream 2, ha deciso l’invio di armi all’Ucraina sia direttamente sia attraverso paesi terzi, ha creato un fondo militare di 100 miliardi di euro, ha destinato il 2 per cento del pil alle spese militari, si è impegnato a staccare alcune banche russe dal sistema Swift e a costruire due impianti per il gas liquefatto (non ha ribaltato la decisione sul nucleare), ha annientato le illusioni socialdemocratiche sulla Russia prendendo le distanze dal suo mentore Gerhard Schröder. Ha disegnato i contorni del mondo nuovo, Scholz: ora dobbiamo abitarlo, come ha iniziato a fare ieri un’Ursula von der Leyen ispiratissima, consapevoli dei rischi, dei costi, del fatto che è un progetto a lungo termine, non una sbronza liberale d’emergenza.
 

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