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Il triangolo europeo

Perché la Germania non deve temere il "Dracon"

Paola Peduzzi

A Berlino qualcuno teme "l'unione del debito". Firmando il Trattato del Quirinale con Draghi, Macron ha detto che, nelle alleanze, non ci sono degli effetti di sostituzione. Le amicizie complementari

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E’ da qualche mese che ci si chiede in Europa: chi sarà l’erede di Angela Merkel? Ogni visita e incontro che ha fatto la cancelliera uscente della Germania sono stati accompagnati dall’espressione “passaggio di consegne”. Oggi di eredi ce ne sono tre: il suo successore, il cancelliere Olaf Scholz; il presidente francese, Emmanuel Macron; il premier italiano Mario Draghi.

Scholz, ministro delle Finanze socialdemocratico nel governo di grande coalizione con i conservatori, è venuto in Italia per il G20, accompagnando la Merkel (una delle più ammirevoli dimostrazioni di continuità mai viste), ha giocato per tutta la campagna elettorale con il suo essere una “kanzlerin”, ora guida una coalizione di sinistra e liberale che pare voglia continuare l’approccio moderato merkeliano, ma ci si aspetta, come è naturale, un margine di discontinuità (quanto ampio si vedrà).

Macron ha costruito la sua presidenza da erede dell’europeismo: è noto che le divergenze tra Francia e Germania sono molte e riguardano la visione stessa del futuro europeo, ma è altrettanto noto che il cuore franco-tedesco batte forte e indefesso, e quando perde qualche colpo è sostenuto da un solido meccanismo di cooperazione. Poi c’è Draghi.

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Il premier è già stato Mr. Europe da presidente della Bce, ora la sua credibilità è stata trasferita alla guida dell’Italia e gli effetti si vedono. Il trattato del Quirinale è il coronamento di questo processo, anche se il negoziato non è certo nato ieri né con Draghi, ma fa parte di un dialogo che, a parte la parentesi giallo-verde, era già ben avviato, pur se le incomprensioni e le ostilità tra Francia e Italia non sono mancate. Ma il trattato del Quirinale è anche un modo per ridimensionare il motore franco-tedesco? Il giornale economico tedesco Handelsblatt pensa di sì, vede un “timing sospetto” in questa firma amicale, dice che il “Dracon”, l’alleanza tra Draghi e Macron, crea “un’unione del debito” che potrebbe portare a uno stravolgimento delle regole europee e del Patto di stabilità (sempre ammesso che il Dracon duri, ché Macron ha le elezioni il prossimo anno e in Italia può accadere di tutto). Gli spendaccioni del sud insomma si alleano e provano a fare blocco contro il rigore della Germania.

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Macron ha liquidato questa interpretazione dicendo che, nelle alleanze, non ci sono degli effetti di sostituzione, e che anzi la forza delle alleanze sta proprio nella capacità di creare convergenze. In tre è meglio che in due, insomma, anche se i triangoli, nelle relazioni, non godono di buonissima fama. Nel 2016, l’allora premier Matteo Renzi accolse a Ventotene la Merkel e il presidente francese François Hollande proprio per dare un formato a questo triangolo europeo: “L’Europa è la soluzione e non il problema”, si disse in quella occasione, e poiché la Brexit era una notizia recente lo slogan conteneva una rassicurazione necessaria.

Macron oggi ribadisce quella prospettiva, dice che il trattato del Quirinale non è in opposizione al trattato di Aquisgrana, ma è “complementare”, e poiché si tratta di un accordo tra paesi e non tra leader trascende anche le sintonie personali di questo momento. La Germania sta cambiando e ci saranno scosse di assestamento, ma la grande differenza tra questo triangolo e i nazionalismi sta proprio qui: i sovranismi non si sommano, le amicizie europeiste sì.
 

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