un tuffo in italia

L'altra eredità della Merkel

Non è stato un passaggio di consegne, ma sul volto di Merkel c'era un'espressione nuova e intellegibile, un'alchimia di nostalgia e serenità

Micol Flammini

La visita a Roma della cancelliera è stata piena di affetto e rispetto. Draghi le dice: "Ci mancherà". E nell'ultimo colloquio i due leader hanno parlato della lista delle cose da fare: Libia, Afghanistan e tanta politica estera europea. Dossier da portare avanti, ma soli 

Roma. Non si riesce a capire se quell’espressione nuova sul suo viso sia di stanchezza, di nostalgia o di serenità. Se Angela Merkel, ieri a Roma per la sua ultima visita ufficiale come cancelliera della Germania, frema per la fine di queste giravolte politiche oppure non riesca proprio a salutare il ruolo che ormai le è rimasto cucito addosso e che lei veste come nessun altro: la leader della Germania e dell’Unione europea. Forse a renderle il saluto italiano ancora più amaro è stata la presenza del presidente del Consiglio Mario Draghi, con il quale chissà, avrebbe potuto costruire, pensare, fare ancora tanto. “Abbiamo iniziato a occuparci di molte cose insieme”, ha detto lei.  Draghi, in conferenza stampa,  l’ha ringraziata per la visita, per il suo lavoro, per il suo ruolo. Per aver “sostenuto con convinzione l’indipendenza della Banca centrale europea anche quando venivamo attaccati per le politiche espansive necessarie per difendere l’integrità della moneta unica”.

E’ stato un ballo, di ringraziamenti, a tratti di ricordi, ma non è stato un passaggio di consegne. Perché Merkel è sì una grande leader dell’Europa, ma lo è soprattutto della Germania e per quanto Mario Draghi sia un peso massimo tra gli alleati Ue, lei lo ha chiarito a tutti (anche a Macron): “L’Italia non sostituirà la Germania”, lo dice sorridendo, sorride anche Draghi al suo fianco:  la Germania manterrà la sua importanza “anche senza di me”. Merkel, ha detto Draghi, “è stata una campionessa del multilateralismo quando gli altri paesi si schieravano per il protezionismo e l’isolazionismo”. Per il presidente del Consiglio il multilateralismo è una battaglia fondamentale, lo sta rispolverando e rimettendo in sesto, perderà una valida alleata, ascoltata e capace di mediare. La politica estera europea è stata al centro del loro dialogo, e si sa che non vanno del tutto d’accordo. Che Merkel ha un altro ritmo, è più cauta, che lui invece, Draghi, è in sintonia con il presidente francese Emmanuel Macron  e le ha ricordato che è stata lei la prima a dire “prendiamo nelle nostre mani il nostro destino” europeo quando c’era Donald Trump e l’Europa aveva perso il senso dell’orientamento colpita dalle bordate del presidente americano. Una lezione che non deve dimenticare neppure ora che c’è Joe Biden, che non picchia quanto Trump, ma che ha dimostrato di essere in grado di dimenticarsi degli alleati. 

Per questo la politica estera, il nuovo rapporto con l’America sono stati al centro del colloquio tra i due leader, assieme alla Libia. “Dobbiamo lavorare insieme, anche sulla Libia dove l’Italia è molto coinvolta”, ha detto la cancelliera. E’ il tempo della collaborazione, anche adesso che ci si saluta, che ci si lasciano alle spalle tanti dossier avviati, i resoconti di una vita politica condotta con accortezza e dedizione. Qualche ripensamento? “Ho sempre agito secondo coscienza”, ha detto la cancelliera, allergica alle decisioni prese d’istinto. Anche la scelta di appoggiare il Next Generation Eu, anzi, di farsi promotrice della grande rivoluzione necessaria a ricostruire l’Europa dopo la pandemia è stata ragionata, presa un passo alla volta. E forse sarebbe stata diversa se non avesse deciso di non ricandidarsi. Forse sarebbe stata un po’ più frugale, ma anche ieri ha ribadito che il Recovery deve essere una misura una tantum, “ci vuole razionalità”. Pazienza se il suo ministro delle Finanze Olaf Scholz, socialdemocratico che lavora a una coalizione per diventare il suo successore, la pensa diversamente: avrà modo di spiegarsi. Quell’espressione inedita e intellegibile, quell’alchimia di nostalgia e serenità, le è tornata sul volto quando ha accennato ai negoziati per formare un nuovo governo in Germania: saranno più brevi del previsto, ha detto la cancelliera. Quasi a dire: sbrighiamoci con i saluti. 

Matt Karnitschnig, giornalista di Politico e uno degli osservatori  più sensibili a quello che accade in Germania, ieri ha commentato la visita della Merkel pubblicando le foto della cancelliera sorridente per le strade romane, con il Papa e con Draghi: “Strano come in Germania non sembri mai sorridere. Deve esserci qualcosa con Roma…”. La visita della cancelliera è stata un tuffo, ha promesso che tornerà spesso in Italia, perché “ci vogliono tre vite per conoscerla tutta”. La stessa quantità di tempo che probabilmente sarebbe necessaria per capire lei, la cancelliera. Che alza al cielo gli occhi imbarazzati quando le viene porto un libro su di lei, sulla sua carriera, sulla sua eredità. Che accenna un sorriso quando Draghi dice “ci mancherà”. Che ha provato a mettere in ordine tutto prima di andare via, per poi scoprire che forse, l’unica cosa che stranamente è in ordine è la disordinatissima Italia, che la saluta con il presidente del Consiglio con il quale  avrebbe preferito avere più tempo per collaborare. “C’è ancora molto da fare”, ha detto la cancelliera in piedi vicino a Draghi. Molto, sì. Ma soli. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.