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in francia

A chi fa male la variabile Zemmour

Jean-Pierre Darnis

Piace a Le Pen padre e anche a qualche gollista. Per Macron, che era tarato su altri parametri, il suo arrivo non è detto che sia un male

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Francia, a chi tra Le Pen e Macron fa male la variabile Éric Zemmour

 

L’impennata di Eric Zemmour nei sondaggi per le presidenziali francesi rappresenta un notevole fattore di novità nel panorama francese. Come dimostrato da Emmanuel Macron nelle precedenti presidenziali, i partiti classici non hanno più il monopolio dell’azione politica. Un candidato con grande impatto sullo scenario mediatico e delle reti sociali può creare una dinamica elettorale se riesce a strutturare velocemente un miniapparato e sostegni finanziari nel contesto del sistema politico francese in cui l’elezione del presidente a suffragio universale deve sancire l’incontro fra una persona e il popolo. Gli ultimi sondaggi  danno Zemmour al 15 per cento, un punto sotto Marine Le Pen (16) e sopra il candidato dei Repubblicains (14). Zemmour sta potenzialmente risucchiando gli elettori del Rassemblement national e dei Repubblicains, con addirittura il vecchio Jean-Marie Le Pen che dichiara il suo sostegno al polemista di destra contro la figlia. Nel suo ultimo libro “La Francia non ha detto l’ultima parola” Zemmour esprime la sua volontà di unificare le destre. Sviluppa una prosa nazional-conservatrice che idealizza il passato, flirtando anche con temi revisionisti o razzisti che gli hanno valso alcune condanne. Zemmour spinge sull’acceleratore identitario delle destre francesi, rimestando un passato oscuro che incontra sia i favori dell’elettorato conservatore ancora segnato da complessi legati alla perdita dell’Algeria sia un inconscio razzista antiarabo. Zemmour è anche uomo dei media, e riesce a saturare il flusso di notizie con le sue dichiarazioni che vanno poi ad incrociare la sfera complottista post gilet-gialli, il ché  potrebbe anche creare una convergenza populista sul suo nome. Ma Zemmour rappresenta anche una rimarchevole trasgressione per la destra: è un francese di origine ebrea e berbera algerina che prende posizione contro l’antirazzismo, criticando lo sforzo importante di memoria post coloniale intrapreso dalla presidenza Chirac in poi. La critica della politica di consapevolezza storica dei propri errori e crimini offre un terreno comodo per esprimere una serie di concetti neorazzisti, e quindi confortare la parte importante della destra francese arroccata all’idea di un’ineccepibile coerenza storica nazionale, confortandosi nel sogno della rappresentazione di una “Francia eterna” che andrebbe amata e basta. Così facendo Zemmour esprime una tendenza neo nazionale che poggia spesso sulla riaffermazione di una “storia nazionale” datata perché acritica. Con il paradosso assoluto di essere percepito come ebreo, e quindi potenziale rappresentante di una categoria discriminata, la cui visione rigetta però i corpi ritenuti come estranei all’apostasia nazionalista. Jean-Marie Le Pen ha recentemente dichiarato che “l’unica differenza fra me è Eric e che è ebreo” il che la dice lunga sullo sguardo favorevole da parte di esponenti che non hanno mai nascosto un certo antisemitismo.

Zemmour picchia duro sulle scelte dei suoi compatrioti nel dare nomi stranieri o esotici ai figli chiedendo di vietare nomi ritenuti “non francesi”. Tutto questo spiega perché sia nel Rassemblement national sia nei Repubblicains stanno saltando le dighe permettendo un potenziale flusso convergente su di lui. Marine Le Pen non si è mai ripresa della disfatta alle ultime elezioni e il suo elettorato è pronto a cambiare cavallo mentre parti della destra gollista o identitaria, da Eric Ciotti a François Xavier Bellamy, già esprimono delle forme di apertura. Esiste quindi un rischio di scissione del partito e dell’elettorato dei Repubblicains.

Se poi scende in campo ufficialmente, si predispone già come un candidato fortissimo nel contesto delle primarie. Mentre la sinistra rimane sostanzialmente debole e divisa e Macron presidia saldamente il centro, Zemmour potrebbe fare il colpo a destra. Ci sono però una serie di incognite sulla capacità di strutturare l’offerta politica, ma anche di creare alleanze per un’eventuale strategia di vittoria al secondo turno. Zemmour si compiace nella critica dei leader della destra, ritenuti incapaci, ma poi potrebbe aver bisogno di allargare il consenso. Inoltre, non bisogna dimenticarsi di François Fillon e della possibilità che tutto finisca male inciampando su qualche scandalo. Per Macron si tratta di un parametro nuovo. Era programmato per un’altra battaglia con la Le Pen, adesso deve ragionare sulla novità Zemmour, un oppositore che potrebbe comunque portare a un’alleanza valoriale larga intorno all’attuale presidente della repubblica.
 

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