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11 settembre, vent'anni dopo

“L’11 settembre è l’inizio del XXI secolo e di una lunga guerra”

Giulio Meotti

Intervista a Pascal Bruckner. “Non dobbiamo fare concessioni e dobbiamo smettere di pensare che sia colpa nostra”

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Roma. “L’11 settembre è l’ingresso in una nuova era, abbiamo un nemico nuovo che ha molti volti, ma non vogliamo riconoscerlo”. Parla così al Foglio Pascal Bruckner, saggista, letterato e intellettuale francese che, assieme al suo amico, il compianto André Glucksmann, è stato fra i primi nella Torre d’avorio della cultura parigina a suonare la sveglia. “La sera dell’11 settembre 2001, molti europei, nonostante la loro evidente simpatia per le vittime, dicevano a se stessi che gli americani meritavano quello che avevano avuto”, ha scritto Bruckner nella “Tirannia della penitenza”. “La crema dell’intellighenzia europea immediatamente ha adottato quella linea con un’abbondanza di sottigliezze retoriche: i dirottatori che avevano distrutto le due torri del commercio mondiale erano solo gli agenti di una punizione spietata. Abbiamo visto Neroni da quattro soldi applaudire questo doppio attacco e trovandovi l’esecuzione di una giustizia immanente”. 

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Roma. “L’11 settembre è l’ingresso in una nuova era, abbiamo un nemico nuovo che ha molti volti, ma non vogliamo riconoscerlo”. Parla così al Foglio Pascal Bruckner, saggista, letterato e intellettuale francese che, assieme al suo amico, il compianto André Glucksmann, è stato fra i primi nella Torre d’avorio della cultura parigina a suonare la sveglia. “La sera dell’11 settembre 2001, molti europei, nonostante la loro evidente simpatia per le vittime, dicevano a se stessi che gli americani meritavano quello che avevano avuto”, ha scritto Bruckner nella “Tirannia della penitenza”. “La crema dell’intellighenzia europea immediatamente ha adottato quella linea con un’abbondanza di sottigliezze retoriche: i dirottatori che avevano distrutto le due torri del commercio mondiale erano solo gli agenti di una punizione spietata. Abbiamo visto Neroni da quattro soldi applaudire questo doppio attacco e trovandovi l’esecuzione di una giustizia immanente”. 

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“Il problema è che per vincere questa guerra dobbiamo smettere di attribuirci i crimini commessi contro di noi” ci spiega Bruckner. “Ogni volta diciamo che siamo colpevoli, che è colpa nostra, che ci uccidono perché abbiamo sbagliato. Per questo è così difficile comprendere questo fenomeno. E che l’11 settembre è il vero inizio del XXI secolo”. In questi giorni di anniversario delle Torri Gemelle si apre un processo a Parigi, quello per i 130 morti per mano dell’Isis. “Gli attacchi del 13 novembre sono stati commessi dall’Isis, mentre l’11 settembre da Al Qaida” ci spiega Bruckner, il cui ultimo libro tradotto in italiano per Guanda è “Un colpevole quasi perfetto”. “Sono due famiglie terroristiche che si odiano. Ma sono anche connesse dalla stessa radice: il Corano e le sue interpretazioni letteraliste. La guerra al terrorismo non è finita, è appena iniziata. Durerà forse per cento anni. Dobbiamo essere determinati, furbi e non cercare di biasimare noi per quello che sta succedendo”.

Un anniversario in ombra per Kabul. “Gli americani non hanno neanche combattuto in Afghanistan, se ne sono andati come conigli. Bastava un piccolo contingente di truppe di quattromila uomini per tenere la situazione. Ma ce ne siamo andati in modo vergognoso. Noi europei dovremmo creare la nostra difesa senza contare troppo sugli americani. Il ritorno dei Talebani incoraggerà il terrorismo islamico nel mondo e Kabul diventerà il quartier generale del terrorismo. Abbiamo perso la battaglia”. Perché la Francia così tanto nel mirino? “La Francia è l’epicentro di questa guerra in Europa per la laicité, abbiamo la più grande comunità islamica (da 5 a 7 milioni) e abbiamo il secolarismo. L’Islam cerca di approfittarne e i musulmani radicali ci odiano per questo”. Bruckner, oltre alla minaccia di attentati, invita a tenere alta la guardia su un altro fronte. “Il soft power islamista è anche più pericoloso del terrorismo, perché quest’ultimo è l’avanguardia del soft power. Cercano di piegarci alle loro richieste per avere una ‘vita pacifica’. Iran, Turchia, Pakistan, e i turchi sono molto pericolosi perché hanno un grande stato, sono molto intelligenti, potenti, fanno parte dei Fratelli Musulmani e hanno in mano la carota”. Ma c’è qualcosa che ci rende permeabili alla minaccia. “Non siamo pronti, siamo sempre impazienti e pensiamo che tutto debba risolversi in pochi mesi o settimane, ma questa guerra durerà fino a che l’islam non sarà capace di riformare se stesso. Siamo dei narcisti egocentrici postmoderni contro una ideologia barbarica e collettivistica. Non sono sicuro che vinceremo. La buona notizia è che l’islam è diviso e molti musulmani scelgono l’ateismo e la laicità, anche in Arabia Saudita, in Maghreb e in medio oriente. Il messaggio dell’illuminismo è arrivato anche a Kabul. E’ in corso una mutazione islamica che sta cercando di resistere alla propria secolarizzazione. Noi siamo deboli, ma loro forse sono più deboli di noi”.

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Dunque, che situazione per il futuro? “Sono risoluto, non sono pessimista o ottimista, mi batterò, non farò concessioni a un islamismo ‘light’. L’Europa forse è più preparata degli Stati Uniti, per la nostra storia. Ma sicuramente è una guerra nuova, per anni e anni abbiamo vissuto immaginando un mondo in pace e riconciliato dopo il crollo del muro di Berlino nel 1989, ma ora dobbiamo guardare in faccia la realtà. Abbiamo nemici molto intelligenti e dobbiamo rispondere, anche dividendo l’islam in più pezzi, per renderlo più debole”.

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