Foto LaPresse

Europa Ore 7

Il problema Orbán, il circo e i vostri soldi

David Carretta

Le autorità ungheresi hanno multato il distributore di un libro per bambini sulle famiglie dello stesso sesso. E ciò smentisce l'argomento del governo secondo cui la legge anti-Lgbt serve a proteggere i bambini e non discrimina nessuno.

Il portavoce di Viktor Orbán, Zoltan Kovacs, ieri ha definito come “un circo” il dibattito al Parlamento europeo sulla legge ungherese anti-Lgbt che equipara l'omosessualità alla pedofilia. Lungi dall'essere un circo, la legge (e la deriva illiberale di Orbán) sono reali e costituiscono un problema sempre più grave per l'Unione europea. La legge ha iniziato a produrre i suoi effetti prima ancora della sua entrata in vigore oggi. Le autorità ungheresi hanno multato il distributore di un libro per bambini sulle famiglie dello stesso sesso. La ragione: il libro, che racconta la storia di un bambino con due mamme, è stato inserito tra i libri per bambini senza che fosse stato segnalato il suo contenuto "diverso" rispetto alla “normalità”. "Questo libro è stato messo tra i libri di favole", ha spiegato il commissario del governo di Pest, Richard Tarnai alla televisioni HirTV: "La pratica scorretta è quando non si può vedere che una famiglia diversa da una famiglia normale appare in questo libro". La multa è di 250 mila fiorini, circa 700 euro. L'autore, l'americano Lawrence Schimel, ha detto a Reuters che la multa è "un attacco coordinato. Stanno cercando metodi diversi per creare paura quando si parla di famiglie arcobaleno e altre questioni che esistono nel mondo".

La multa al libro arcobaleno smentisce l'argomento del governo Orbán secondo cui la legge anti-Lgbt serve a proteggere i bambini e non discrimina nessuno, lasciando libertà di scelta ai genitori. Con strumenti legali e campagne politiche, l'obiettivo è stigmatizzare ciò che si considera diverso e imporre una cultura uniforme alla società ungherese. “La protezione dei bambini viene usata come pretesto per discriminare le persone”, ha detto ieri la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, davanti al Parlamento europeo: “Questa legge è vergognosa e contraddice profondamente i valori fondamentali dell'Ue”. Von der Leyen ha ribadito che “se l'Ungheria non correggerà il tiro, la Commissione farà uso di tutti i suoi poteri”. Tradotto: ci sarà l'ennesima procedura di infrazione contro Orbán. Ma ci vorranno mesi, se non anni, prima che il dossier finisca davanti alla Corte di giustizia dell'Ue. Come in passato su altri temi - dai migranti alla cacciata della Central European University di George Soros da Budapest - la politica del fatto compiuto di Orbán avrà vinto.

L'azione dell'Ue contro le derive dell'Ungheria e della Polonia finora ha prodotto pochi risultati. Von der Leyen ieri ha spiegato che dall'inizio del suo mandato sono state “lanciati circa 40 casi di infrazione legati alla protezione dello stato di diritto e di altri valori dell'Ue fissati nell'articolo 2 del trattato”. Inoltre, contro Ungheria e Polonia era già già stata aperta nella scorsa legislatura la procedura dell'articolo 7 del trattato per violazioni sistematiche dello stato di diritto. Ma per passare alla fase delle sanzioni serve un voto all'unanimità del Consiglio, dove i due governi di Budapest e Varsavia si proteggono a vicenda. “La situazione non sta migliorando in Polonia e in Ungheria e le nuove evoluzioni hanno causato ulteriori preoccupazioni”, ha riconosciuto ieri la vicepresidente della Commissione, Vera Jourova.

Von der Leyen ha promesso di usare il nuovo meccanismo di condizionalità che permette di bloccare i fondi dell'Ue a chi non rispetta lo stato di diritto. Doppio problema: non solo non sarà operativo prima della sentenza della Corte di giustizia dell'Ue su un ricorso presentato da Polonia e Ungheria, ma il meccanismo si applica solo per proteggere il bilancio europeo. Von der Leyen ha spiegato che i suoi funzionari “stanno esaminando tutti i fatti” e che “i primi dossier saranno avviati in autunno”. Ma il meccanismo non potrà essere utilizzato per questioni come la legge anti-Lgbt. In altre parole, rischia di avere una portata molto limitata.

La Commissione ha un altro strumento molto più rapido e potenzialmente efficace a disposizione: il via libera al piano nazionale di ripresa e resilienza dell'Ungheria. La valutazione è in corso. Ma l'approvazione non è scontata entro il 12 luglio, perché ci sono problemi sui meccanismi di controllo sull'uso dei fondi e le raccomandazioni inviate a Budapest su questioni come corruzione, appalti pubblici e indipendenza della giustizia. Qui spieghiamo che i rilievi sollevati dalla Commissione vanno al cuore del regime Orbán: l'uso dei fondi dell'Ue per consolidare il suo potere al di fuori degli standard dello stato di diritto di una democrazia liberale. Che poi sono i soldi di tutti noi.

Di più su questi argomenti: