Tutto fa eccezione nella Svezia di Löfven, anche la sfiducia

Micol Flammini

E' caduto il governo a Stoccolma e il premier ha due opzioni: dimissioni o elezioni anticipate. Lo scenario capovolto della politica svedese dove, dopo la pandemia, si creano nuovi equilibri e i nazionalisti provano a cambiare forma

Non era mai accaduto prima nella storia svedese che un primo ministro venisse sfiduciato e che si trovasse davanti alla decisione inedita se dimettersi o annunciare elezioni anticipate. Il primo ministro è Stefan Löfven, il leader dei socialdemocratici, ex sindacalista. Un negoziatore bravissimo, al suo secondo mandato, che dopo le ultime elezioni del 2018 era riuscito a mettere su una coalizione inaspettata – governava con i Verdi e con l’appoggio esterno del Partito di centro, dei Liberali e del Partito della sinistra – per creare un cordone sanitario ed evitare accordi con i Democratici svedesi, il partito nazionalista oggi guidato da Jimmie Åkesson, che dopo il voto sembrava dovesse essere l’ago della bilancia. A provocare la caduta del primo ministro è stato il Partito della sinistra, che appoggiava esternamente il governo, ma sono stati i Democratici svedesi a chiedere la mozione non appena il Partito della sinistra aveva annunciato che era pronto a togliere la fiducia. Il movente è la riforma degli affitti regolamentati, e alcuni commentatori hanno fatto notare come fosse stramba la decisione di far cadere il governo su un argomento così poco centrale, quando le critiche per la gestione della pandemia continuano a tormentare il governo Löfven. La Svezia ha deciso di tenere un approccio tutto suo nei confronti del coronavirus. Ha chiuso il meno possibile, l’ha pensata in modo diverso rispetto al resto d’Europa e del mondo su molte questioni e restrizioni, incluso l’uso della mascherina. Löfven si è affidato al medico star Anders Tegnell, non lo ha mai contraddetto, anche quando riceveva delle critiche forti, lo ha difeso. Così se il governo con un premier socialdemocratico teneva la linea aperturista, nel mondo alla rovescia della pandemia, è stata l’opposizione a cavalcare la linea delle chiusure e delle restrizioni. E di questo universo capovolto, Jimmie Åkesson è diventato il maggior rappresentante. Il leader del partito di estrema destra è un grande sostenitore dell’uso della mascherina e dei lockdown e ne ha approfittato per ricostruire la sua immagine e quella del suo partito.

 

La reputazione dei Democratici svedesi è ancora macchiata dalle origini neo-naziste, Åkesson ha fatto di tutto per allontanare il partito da questo passato, ma gli è rimasto addosso. Con la pandemia però Åkesson è stato bravo a intercettare le paure degli svedesi, non tutti fieri di avere un governo che non seguiva durante la pandemia la stessa linea degli altri paesi europei. Il suo linguaggio, distante dai leader precedenti del partito, fatto di toni rassicuranti ha trovato durante la pandemia il suo teatro ideale. Più le idee del governo si scontravano con la realtà, più Åkesson interveniva per spiegare, in modo pacato, perché sarebbe stato necessario fare il contrario.  E’ riuscito a tessere una serie di rapporti importanti con altri partiti di centrodestra, che pure nel 2018 erano stati tentati da un’alleanza con i Democratici svedesi ma si erano tirati indietro. Il Partito della sinistra ha detto che non vede come potrebbe allearsi con Åkesson, che il suo voto di sfiducia non era legato al fatto che la mozione fosse stata presentata dall’estrema destra, che un governo insieme e anche delle trattative sono fuori discussione. Ma intanto i Democratici svedesi si stanno muovendo bene e hanno creato una situazione politica senza precedenti. Tanto più che oltre alla pandemia, l’altro tema politico centrale in Svezia non sono certo gli affitti, ma i migranti, un argomento che di solito tende ad aumentare il consenso di partiti nazionalisti. 

 

 

La Svezia, lo ha detto lo stesso Löfven, si trova in una situazione politica molto complicata, dai sondaggi non emerge una maggioranza netta e la possibilità che delle elezioni creerebbero un nuovo scenario instabile è alta. Il premier ha una settimana di tempo. Potrà decidere se dimettersi e lasciare che sia il presidente del Parlamento a formare un nuova maggioranza, che potrebbe essere guidata sempre da Löfven. Oppure se organizzare elezioni anticipate, che però avrebbero il compito di eleggere un’Assemblea temporanea che traghetti la Svezia fino al prossimo voto, che si terrà l’11 settembre del 2022. E la data, per Costituzione, non può essere cambiata. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.