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Startup diplomacy

L'Italia apre il suo "centro" nella Silicon Valley

Michele Masneri

Milleduecento metri quadri nel quartiere italiano di North Beach. L'esempio dello Swissnex svizzero

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Mentre la Silicon Valley riapre, anche l’Italia ha una novità.

 

Proprio il primo giorno in cui San Francisco è diventata zona bianca e ha ufficialmente riaperto tutto, eliminando l’obbligo di mascherine, ha esordito anche l’Italian Innovation and Culture Hub (IICH). Un centro per l’innovazione che riunisce insieme l’Istituto di cultura e il desk Ice ma che dovrebbe diventare  un vero polo di attrazione e contaminazione per investitori e startupper italiani che si avventurano in Silicon Valley.

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Il luogo è anche fisico, un building di mattoni (raro, nella città tutta di legno) nel quartiere italiano di North Beach. Lì martedì pomeriggio un centinaio di imprenditori e personaggioni della comunità non solo italiana hanno festeggiato il nuovo ufficio. Tra loro Luca Maestri, Cfo di Apple, e il leggendario billionaire italoamericano Doug Leone, fondatore di Sequoia, il più araldico dei venture capitalist della Valle. Tutti senza mascherina per la prima volta in molti mesi.


Il Centro, milleduecento metri quadri di spazi, è stato fortemente voluto e realizzato dal console uscente Lorenzo Ortona, per realizzare una struttura ibrida che sia insieme coworking, acceleratore di imprese, vetrina commerciale e luogo di ibridazione sull’esempio degli Swissnex, la rete di centri polifunzionali aperti dal governo svizzero dalla fine degli anni Novanta in collaborazione con imprese private e università. “Antenne” per le grandi imprese svizzere che vogliono rilevare piccole startup americane, e viceversa per le startup svizzere che cercano un mercato più ampio e partner con cui crescere.

 

I centri svizzeri, che incorporano anche le strutture consolari, sono posti in luoghi strategici (per esempio a Boston, sulla costa Est, importante soprattutto per il settore farmaceutico e medico, ma anche a Shanghai e Rio De Janeiro), e costituiscono una specie di rete di “coworking diplomatici”, punti di incontro e vetrine in cui “vendere” anche il paese all’estero e mescolarsi con la realtà locale. Per dire, nel centro svizzero di San Francisco sono presenti sia la leggendaria scuola alberghiera di Losanna che la Nestlé. Adesso chissà quali imprese italiane vorranno avere una presenza nella nuova vetrina.

 

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A differenza degli Swissnex, il centro italiano per ora è un unicum e non comprende il consolato, che rimarrà indipendente, e per ora non ha un marchio a sé (però sarebbe interessante che magari qualche giovane designer si candidasse a inventarlo). Il centro raggrupperà la sede Ice (guidata dal manager Alberto Acito, ex Blackberry) e l’Istituto diretto da Annamaria Di Giorgio, non lontano dalla libreria del fu Lawrence Ferlinghetti, in un luogo altamente simbolico:  vicino alla prima agenzia di quella Bank of America che un tempo si chiamava Bank of Italy, fondata dal leggendario Amedeo Peter Giannini che fece l’impresa di salvare la città dal devastante terremoto del 1906, prestando ai poveri rimasti senza casa il denaro per la ricostruzione, senza garanzie.

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Il Centro apre in un momento di enorme cambiamento per la Silicon Valley e per la città, provata e svuotata dal Covid, e in cui anche le grandi aziende stanno provando a sperimentare nuovi format lavorativi. Apple per esempio nelle ultime settimane ha annunciato che comincerà a chiedere ai suoi dipendenti di tornare a lavorare in presenza da settembre, almeno tre giorni a settimana. La città intanto è molto cambiata, con molte imprese che nel frattempo si sono trasferite in altri Stati fiscalmente e climaticamente più miti (Elon Musk, che ha spostato in Texas parte dei suoi affari, due giorni fa ha annunciato di aver messo in vendita la sua casa di San Francisco). Ma anche molti imprenditori meno liquidi se ne sono andati. Per chi rimane, o arriva, si prevedono però più spazio e più opportunità, in un ecosistema meno saturo che comunque dovrà reinventare sé stesso, col mistone (università, ricerca, grande capitale e “mindset” dei locali) che comunque pare poco replicabile altrove. 

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Intanto, a San Francisco ha aperto un altro pezzo di Italia, quello non meno strategico del cibo: è stato inaugurato infatti il “Refettorio” di Massimo Bottura  e della moglie Lara Gilmore, in grado di servire 1.500 pasti gratuiti alla settimana, in una città famosa per il problema (crescente) degli homeless. Il progetto di diplomazia culinaria rappresenta un altro lascito del console uscente. Presente naturalmente Alice Waters, chef icona del cibo sano già premiata con massime onorificenze da Obama, che convinse a dotare la Casa Bianca di orto biologico.
    

 

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