C'è un guaio con Sputnik V in Germania

Che gli ha preso ai leader tedeschi? Sembrano quasi Orbán tanto sono ostili

Micol Flammini

Söder e Spahn sventolano sempre più il vaccino russo come alternativa all’Ue. Ed è un rischio

Roma. Il ministro presidente della Baviera, Markus Söder, ha detto mercoledì che firmerà un accordo provvisorio per l’acquisto del vaccino russo Sputnik V. L’acquisto effettivo sarà subordinato all’approvazione dell’Ema, ma così, ha detto il leader della Csu, appena sarà possibile, circa 2,5 milioni di dosi saranno subito disponibili nel Land, forse a luglio, e dovrebbero essere prodotte  da uno stabilimento nella città bavarese di Illertissen. Poche ore dopo, durante una riunione informale tra i ministri della Salute europei, il tedesco Jens Spahn ha detto ai suoi colleghi che i negoziati tra Berlino e Mosca sono in corso, che la Germania aspetterà il responso dell’Ema, ma che vuole sapere già quante dosi i russi sarebbero in grado di inviare. Durante la riunione non era l’unico a invocare lo Sputnik, ma era l’unico a farlo con tanta assertività, quasi volesse dire che la Germania non è interessata a un approccio coordinato, che farà da sola. Il commissario per la Salute, Stella Kyriakides, era presente alla riunione.


A  chi le chiedeva perché la Commissione non intavolasse dei negoziati con la Russia, ha risposto che in questo momento a Bruxelles non conviene.  Sulla stessa linea si è dimostrato ieri Mario Draghi quando ha detto che il numero di dosi che verrebbe da Mosca sarebbe limitato e quindi “non interessante”.
I due leader tedeschi, Söder e Spahn, nello stesso giorno hanno voluto dimostrare che sono in grado di seguire la loro strada, Söder senza il via libera di Berlino e Spahn senza quello di Bruxelles. Dietro a questi annunci c’è molta politica, soprattutto interna. Söder vorrebbe essere il candidato cancelliere dell’Unione al posto di Armin Laschet, il debole leader della Cdu, e vuole dare prova di saper gestire il suo Land meglio degli altri, soprattutto meglio di Laschet, che governa il Nordreno-Vestfalia. Spahn invece, che fino a pochi mesi fa era la stella del modello tedesco contro la pandemia, sta cercando di uscire dalle critiche per una campagna di vaccinazione lacunosa. E’ anche uno dei responsabili dei tanti dubbi nei confronti di AstraZeneca, ha guidato la comunicazione del governo e  ha cercato goffamente di fare marcia indietro per incoraggiare i tedeschi a farsi vaccinare con il farmaco anglo-svedese: ma ormai era  tardi per recuperare la fiducia. Ora la  tattica di Spahn è quella di accusare  l’Ue  di una strategia sui vaccini inefficace e di costringere gli stati ad andare in ordine sparso. Dopo la riunione di ieri, alcuni diplomatici hanno detto a Politico che i commenti di Spahn  erano “una mozione di sfiducia” contro la Commissione. 

 

Söder e Spahn, per le loro ambizioni personali e per rimediare ai danni, stanno scegliendo la via russa, percorsa già da altri leader prima di loro. Come l’Ungheria, che mesi fa ha approvato prima il farmaco russo e poi quello cinese lamentandosi della penuria di dosi europee. La penuria non c’era, era un gesto dimostrativo, che da un premier come Viktor Orbán, che non manca mai di far pesare il suo euroscetticismo, ci si aspettava. I leader tedeschi stanno seguendo un copione orbaniano, accusano gli altri per un ritorno o per colpe personali, ma Berlino non è Budapest, ha responsabilità diverse nei confronti dell’Unione: gli annunci di due leader in campagna elettorale rischiano di fare danni a tutta la strategia europea.
Micol Flammini

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  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.