A volere il ripristino del patto sul nucleare del 2015 sono sia gli americani sia gli iraniani. Lo vogliono molto anche gli europei che ieri, facendo avanti e indietro, hanno cercato di far comunicare le due parti, che erano in stanze diverse e anche in alberghi diversi. L’incontro di ieri a Vienna, annunciato venerdì scorso dall’Unione europea, serviva a mettere giù un piano per studiare le tappe da seguire e i compromessi da fare per iniziare un processo, che sarà lungo e complicato, che preveda il ritorno degli Stati Uniti nel trattato sul nucleare, abbandonato da Donald Trump nel 2018. Ieri sono stati creati due gruppi di esperti che avranno il compito di risolvere le due condizioni attorno a cui ruota tutto, anche la partenza di futuri negoziati. Un gruppo si occuperà di studiare l’allentamento delle sanzioni da parte degli Stati Uniti e l’altro si occuperà di questioni legate al nucleare iraniano. I lavori sono iniziati subito, ma quanto ci vorrà per un ritorno al patto non si sa, anche perché l’Iran ha subito detto che l’unico patto che Teheran è pronta ad accettare è quello del 2015, il Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), non un altro. Nessun cambiamento, nessuna clausola in più, proprio quello che gli americani vogliono correggere perché sarà pur stato Trump ad abbandonare l’accordo, ma anche l’Amministrazione Biden crede che ci siano elementi da correggere e altri dossier su cui lavorare: la ricerca di Teheran sui missili balistici, le milizie irregolari create dall’Iran fuori dai suoi confini, le politiche aggressive in Siria, Libano, Iraq, Yemen.
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