PUBBLICITÁ

In America

I cercatori degli studenti scomparsi

Molti ragazzi sono usciti dal "sistema scuola" e non si trovano più. Il "fiasco" nazionale, le regole per il rientro e le palle lasciate in cortile

Paola Peduzzi

Il recovery plan americano, ancora in discussione al Congresso, prevede 130 miliardi di dollari per mettere in sicurezza (dal punto di vista sanitario) le strutture scolastiche: aerazione, addetti alla pulizia, classi che prevedono il distanziamento sociale. Gli insegnanti vogliono che  arrivino i fondi e poi si organizzerà il ritorno in classe

PUBBLICITÁ

I furgoncini del Family and Community Engagement Office si aggirano ovunque, soprattutto nelle città periferiche dell’America: cercano i ragazzini che le scuole non trovano più, quelli che da mesi non rispondono agli appelli online, alle email, alle sollecitazioni. Una giornalista del Washington Post ha seguito uno di questi cercatori, funzionari pubblici che lavorano per un’agenzia che si è sempre occupata di organizzare incontri tra famiglie e scuole, qualche grigliata, qualche lezione per dare consigli sulla dieta sana o l’adolescenza ingestibile: ora entrano nei giardini speranzosi, se vedono una palla in giro vuol dire che qualcuno è in casa. Spesso non è così. Kenneth Chapman cerca gli studenti “mancanti” a Detroit e dintorni, nel suo distretto ne mancano tremila. A volte le famiglie si sono trasferite e il sistema non ha registrato il trasloco (la digitalizzazione della pubblica amministrazione è un obiettivo di tutti), quindi i ragazzi non sono perduti, altre volte invece gli studenti sono scomparsi, non sono più da nessuna parte, né collegati con la scuola né collegati con la loro comunità. E così questi cercatori hanno liste lunghe in cui spesso non riescono a spuntare tutti i nomi, raccontano che la scuola non è soltanto l’occasione senza cui il sogno americano non esisterebbe nemmeno, ma è anche un centro di aggregazione, un punto di riferimento, una quotidianità inossidabile. C’è ben poca retorica nelle loro parole, e non c’è lamentela: vogliono riportare i ragazzi a scuola.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


I furgoncini del Family and Community Engagement Office si aggirano ovunque, soprattutto nelle città periferiche dell’America: cercano i ragazzini che le scuole non trovano più, quelli che da mesi non rispondono agli appelli online, alle email, alle sollecitazioni. Una giornalista del Washington Post ha seguito uno di questi cercatori, funzionari pubblici che lavorano per un’agenzia che si è sempre occupata di organizzare incontri tra famiglie e scuole, qualche grigliata, qualche lezione per dare consigli sulla dieta sana o l’adolescenza ingestibile: ora entrano nei giardini speranzosi, se vedono una palla in giro vuol dire che qualcuno è in casa. Spesso non è così. Kenneth Chapman cerca gli studenti “mancanti” a Detroit e dintorni, nel suo distretto ne mancano tremila. A volte le famiglie si sono trasferite e il sistema non ha registrato il trasloco (la digitalizzazione della pubblica amministrazione è un obiettivo di tutti), quindi i ragazzi non sono perduti, altre volte invece gli studenti sono scomparsi, non sono più da nessuna parte, né collegati con la scuola né collegati con la loro comunità. E così questi cercatori hanno liste lunghe in cui spesso non riescono a spuntare tutti i nomi, raccontano che la scuola non è soltanto l’occasione senza cui il sogno americano non esisterebbe nemmeno, ma è anche un centro di aggregazione, un punto di riferimento, una quotidianità inossidabile. C’è ben poca retorica nelle loro parole, e non c’è lamentela: vogliono riportare i ragazzi a scuola.

PUBBLICITÁ

 

L’autore della rubrica dell’Economist dedicata all’America, Lexington, scrive sull’ultimo numero che la gestione delle scuole americane, che hanno riaperto parzialmente, è “un fiasco nazionale”, in cui 25 milioni di studenti, cioè la metà a livello nazionale, o vanno a scuola part time o sono completamente online. O sono perduti. Molti studi recenti in America sostengono che le scuole sono i luoghi meno pericolosi dal punto di vista del contagio e sono state pubblicate le linee guida nazionali per la riapertura: l’Amministrazione Biden ambisce a un nuovo blocco di riaperture per la fine  di aprile (nei suoi primi cento giorni). Il recovery plan americano, ancora in discussione al Congresso, prevede 130 miliardi di dollari per mettere in sicurezza (dal punto di vista sanitario) le strutture scolastiche: aerazione, addetti alla pulizia, classi che prevedono il distanziamento sociale. Gli insegnanti vogliono che  arrivino i fondi e poi si organizzerà il ritorno in classe: ci sono stati scioperi a Philadelphia e a Chicago perché le aule non avevano un impianto di areazione adeguato. Si è venuta a creare quella che Lexington definisce “una falsa dicotomia”: la salute dei docenti e il benessere degli studenti non sono conciliabili. E’ così che le comunità si spezzano.

 

PUBBLICITÁ

Poi ci sono le ripercussioni del dibattito nazionale, degli schieramenti politici e anche degli equilibri sfasciati dal fatto che ognuno, insegnante, genitore, cugino primo, si sente in dovere di insistere con la propria teoria. Così l’avversione al rischio aumenta in modo del tutto scollegato dalle condizioni sanitarie effettive. E poiché in America ogni stato ha applicato le proprie regole, ancora ci sono luoghi pubblici, comprese le scuole, in cui la mascherina non è obbligatori: un altro motivo di liti.

 

Chapman, il cercatore di studenti, dice che spesso gli capita di vedere dei cavi che collegano le auto alle case: la corrente è stata tagliata e si usa l’auto come generatore. Ma nulla è più deprimente di quando alla porta non risponde nessuno.
 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ