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il paradosso del mediterraneo

Il trucco di Irini: agire su mandato dell’Onu, violandone le leggi

Luca Gambardella

"Sostenere la Guardia costiera libica è l'unico modo per risolvere il problema dei migranti", dice il comandante della missione Ue. Ma Oim e Unhcr lo smentiscono e ripetono ancora una volta che la Libia non è un luogo sicuro

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Mercoledì il comandante della missione militare europea Irini, quella che su mandato dell’Onu deve assicurare il rispetto dell’embargo delle armi in Libia, ha detto in un’intervista a Euronews che a suo avviso “addestrare la Guardia costiera libica è il modo migliore per bloccare l’immigrazione illegale” nel Mediterraneo. Le parole dell’ammiraglio Fabio Agostini, che guida la missione aeronavale da marzo dello scorso anno, sono in linea con la strategia che da anni adotta l’Ue per arginare gli arrivi sulle coste europee – delegare tutto ai guardiacoste libici, che prima salvano e poi rinchiudono nei centri di detenzione i naufraghi, in violazione del diritto internazionale – ma sono in contrasto con quanto chiedono da anni le Nazioni Unite. Per l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e per l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) la Libia non è un porto sicuro.  “Il problema non è tanto la Guardia costiera libica che, nel caso, è un bene che salvi vite – dice al Foglio Federico Soda, capo missione dell’Oim a Tripoli – Il problema è invece quello che succede dopo, sulla terra ferma”. E’ questo il trucco dell’Europa, che non osa guardare dall’altra parte del mare.  

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Mercoledì il comandante della missione militare europea Irini, quella che su mandato dell’Onu deve assicurare il rispetto dell’embargo delle armi in Libia, ha detto in un’intervista a Euronews che a suo avviso “addestrare la Guardia costiera libica è il modo migliore per bloccare l’immigrazione illegale” nel Mediterraneo. Le parole dell’ammiraglio Fabio Agostini, che guida la missione aeronavale da marzo dello scorso anno, sono in linea con la strategia che da anni adotta l’Ue per arginare gli arrivi sulle coste europee – delegare tutto ai guardiacoste libici, che prima salvano e poi rinchiudono nei centri di detenzione i naufraghi, in violazione del diritto internazionale – ma sono in contrasto con quanto chiedono da anni le Nazioni Unite. Per l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e per l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) la Libia non è un porto sicuro.  “Il problema non è tanto la Guardia costiera libica che, nel caso, è un bene che salvi vite – dice al Foglio Federico Soda, capo missione dell’Oim a Tripoli – Il problema è invece quello che succede dopo, sulla terra ferma”. E’ questo il trucco dell’Europa, che non osa guardare dall’altra parte del mare.  

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Al 18 febbraio di quest’anno, i migranti intercettati e riportati indietro dalla Guardia costiera libica, finanziata e addestrata dall’Ue e in particolare dall’Italia, erano già 2.232. “E’ dal 2018 che denunciamo questi respingimenti, sia a opera delle autorità libiche sia delle navi mercantili – spiega Soda – Queste violazioni del diritto internazionale devono finire, sono inaccettabili”. Irini ha fra i suoi compiti anche quello di contribuire a prevenire il traffico di esseri umani. Per questo, le parole del suo comandante la espongono a un paradosso, quello di una missione che agisce sotto il mandato dell’Onu ma in violazione delle sue leggi, peraltro con il denaro e il placet politico dell’Ue. 

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Proprio quest’ultimo aspetto è fra i più delicati. Il mandato di Irini scade il 31 marzo, fra poco più di un mese, e in questi giorni l’ammiraglio Agostini è a Bruxelles per discutere con le istituzioni europee il rinnovo di altri due anni. A differenza della sua missione sorella Sophia, di cui ha preso il posto, il mandato di Irini è sempre stato “appeso” e condizionato al voto unanime espresso ogni quattro mesi dalla Commissione politica e di sicurezza (Cps), un organo che dipende dal Consiglio dell’Ue, cioè direttamente dai governi. In questo modo, i vari paesi che aderiscono alla missione hanno voluto riservarsi la libertà di revocare il loro sostegno in qualsiasi momento. 

  

Una delle paure principali era che i mezzi di Irini schierati al largo della Libia potessero rappresentare un “pull factor”, cioè un incentivo alle partenze dei migranti. Nei fatti però le navi della missione europea non hanno mai reso noto il loro coinvolgimento attivo a  manovre di soccorso dei naufraghi. Un dettaglio che, paradossalmente, potrebbe valere come una nota di merito inducendo gli stati europei a essere ben disposti verso un rinnovo della missione. Ma è questa anche un’anomalia, visto che tra i compiti di Irini ci sarebbe anche lo smantellamento delle reti del traffico di esseri umani. “Nel Mediterraneo davanti alla Libia passano navi militari di ogni nazionalità. E’ impossibile pensare che nessuna di queste abbia mai intercettato uno dei tanti naufragi di migranti”, dicono al Foglio fonti basate a Tripoli che preferiscono restare anonime. A ogni modo, la ricerca di un consenso politico fra gli stati membri per rinnovare la missione ha indotto nell’ultimo anno il comando di Irini a un certo iperattivismo per propagandare i risultati raggiunti: dalle svariate foto opportunity dei militari a bordo delle navi che hanno dato il loro permesso a essere perquisite (già, perché il protocollo vuole che si chieda l’autorizzazione allo stato di bandiera prima di effettuare l’ispezione a bordo), alle innumerevoli interviste rilasciate dal comandante della missione. Ma nel frattempo, mentre le navi europee si ritiravano dalle operazioni di soccorso per paura di dovere poi accogliere i migranti, si è lasciato spazio ad altri. Nell’ultimo anno, come ha ammesso lo stesso ammiraglio Agostini lo scorso 28 gennaio in un’audizione alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato, i turchi hanno cominciato a subentrare agli italiani nell’addestramento della Guardia costiera libica: “Rischiamo di perdere un’occasione nei confronti della Libia e che si crei un vuoto che poi altri paesi non europei possono colmare al posto nostro – ha detto l’ammiraglio – Cosa che già in parte stanno facendo”. 

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