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I media polacchi non sono costretti a fare la fine di quelli ungheresi

Ci sono degli insegnamenti nella storia di Budapest che servono come spunto per i populisti di Varsavia, ma anche come difesa per l'opposizione. Il suono della solidarietà

Micol Flammini

Il caso della radio Klubrádió insegna che l'attacco di Orbán alla stampa segue un copione preciso che la Polonia può studiare bene se vuole salvare il pluralismo

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Roma. La storia di Klubrádió, l’emittente radiofonica ungherese che ha per simbolo una zebra e che da sabato non trasmetterà più, va ripercorsa lentamente. Andando indietro nel tempo, basta fermarsi al 2012, si scopre che  il governo nazionalista di Viktor Orbán  aveva tolto alla radio la licenza per trasmettere in tutta la nazione e Klubrádió trasmetteva ormai soltanto nella capitale Budapest. Adesso il governo ha deciso di non rinnovare più nessun tipo di  licenza perché Klubrádió avrebbe violato “ripetutamente” la legge sulla registrazione e per due volte ha portato i documenti in ritardo. Questa è la ragione ufficiale, ma Klubrádió è anche un’emittente che da Budapest, giovane roccaforte dell’opposizione, ospita spesso voci critiche nei confronti del primo ministro Orbán. La battaglia contro il pluralismo di Fidesz, il partito che governa l’Ungheria dal 2010, è iniziata da anni, ma soltanto nell’ultimo periodo ha destato attenzione. L’opposizione, fino a poco tempo fa sparpagliata e di poco peso, ha reagito in ritardo, così come l’Unione europea, e un pezzettino alla volta, Orbán è riuscito a rendere difficilissima la vita dei media che non la pensavano come lui. 

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Roma. La storia di Klubrádió, l’emittente radiofonica ungherese che ha per simbolo una zebra e che da sabato non trasmetterà più, va ripercorsa lentamente. Andando indietro nel tempo, basta fermarsi al 2012, si scopre che  il governo nazionalista di Viktor Orbán  aveva tolto alla radio la licenza per trasmettere in tutta la nazione e Klubrádió trasmetteva ormai soltanto nella capitale Budapest. Adesso il governo ha deciso di non rinnovare più nessun tipo di  licenza perché Klubrádió avrebbe violato “ripetutamente” la legge sulla registrazione e per due volte ha portato i documenti in ritardo. Questa è la ragione ufficiale, ma Klubrádió è anche un’emittente che da Budapest, giovane roccaforte dell’opposizione, ospita spesso voci critiche nei confronti del primo ministro Orbán. La battaglia contro il pluralismo di Fidesz, il partito che governa l’Ungheria dal 2010, è iniziata da anni, ma soltanto nell’ultimo periodo ha destato attenzione. L’opposizione, fino a poco tempo fa sparpagliata e di poco peso, ha reagito in ritardo, così come l’Unione europea, e un pezzettino alla volta, Orbán è riuscito a rendere difficilissima la vita dei media che non la pensavano come lui. 

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Mercoledì in Polonia i siti e i giornali indipendenti, spesso critici nei confronti del governo del PiS, sono usciti con una pagina nera. Il nero è rimasto tutto il giorno, sopra si leggeva solo la scritta “Media senza scelta” e quel nero, come ha detto la vicepresidente della Commissione, Vera Jourová, è suonato come un grido. La decisione di scioperare è arrivata dopo che è stato presentato un progetto di legge che propone di imporre una tassa sulla vendita delle pubblicità e il denaro verrebbe usato per motivi sanitari. Non a tutte le testate, quelle statali come l’emittente TvP (ribattezzata TvPiS) sarebbero escluse, e  nascondere la tassa dietro alla necessità di aumentare il budget per la lotta alla pandemia è sembrato ancora più vigliacco. Ma visto che le cose non accadono dall’oggi al domani, in Polonia come in Ungheria, gli attacchi del governo ai media sono iniziati da un po’ e il PiS aveva già manifestato la volontà di attuare un progetto simile a quello di Orbán. Il pluralismo viene rosicchiato un po’ alla volta e finora a Varsavia l’opposizione è stata molto più forte di quella ungherese. Ha una base solida, è molto attiva, e lo scorso anno alle presidenziali il candidato del maggior partito di opposizione, il Po, è riuscito a trascinare fino a un ballottaggio non scontato il candidato del PiS. Se per il leader del partito di governo polacco, Jaroslaw Kaczynski, gli attacchi di Orbán alla stampa servono da esempio – sono una mappa con tanto di tappe che porta fino al compimento del progetto illiberale – per l’opposizione, i giornali, e anche per l’Ue lo sono altrettanto. La mappa di Orbán che Kaczynski sta seguendo può servire anche a prevenire gli errori, a non sottostimare i rischi, a preservare lo stato di diritto e la democrazia in Polonia. 

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Il copione è sempre lo stesso, come ha spiegato il giornalista ungherese Szabolcs Panyj in un’intervista al settimanale polacco Wprost. L’importante, dice il giornalista, è non distrarsi, parlarne, strepitare contro le decisioni del governo e soprattutto rimanere solidali. Tra giornalisti e tra i vari partiti di opposizione. “La solidarietà è la cosa più importante”, dice Panyj. E solidarietà in Polonia è il nome di una battaglia: Solidarnosc.

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